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A Roma in scena il buon governo con 'Il re Pastore' di Mozart

A Roma in scena il buon governo con 'Il re Pastore' di Mozart

Regia al femminile per un’opera che celebra la vittoria del coraggio e dell’amore sulla ragion di Stato e auspica il rispetto della felicità del popolo da parte dei governanti. In cartellone fino al 23 maggio

Martedi, 20/05/2025 -

Il Re Pastore è un’opera giovanile di Mozart. Composta all’età di diciannove anni per celebrare l’arrivo a Salisburgo dell’Arciduca Massimiliano, andò in scena nel 1775. Oggi viene riproposta dal cartellone dell’Opera di Roma in un allestimento al Teatro Nazionale, non distante dal Costanzi. É un’opera che è stata raramente apprezzata sui palcoscenici d’Italia: a Roma, l’allestimento precedente a questo risale al 1988.

L’opera, descritta come Serenata in due atti, su libretto di Pietro Metastasio, celebra il buon governo e il sovrano illuminato e benevolo, che opera per la felicità dei suoi sudditi, mettendo in secondo piano l’algida ragion di Stato. Riconosciuto nel pastore Aminta il figlio del defunto re di Sidone, Alessandro il Macedone ritiene sia suo compito dargli in sposa la principessa Tamiri e restituirgli la corona che gli spetta. Ma Aminta è innamorato dell’umile Elisa ed è pronto a rifiutare il trono pur di poterla sposare, mentre Tamiri vuole unirsi in matrimonio al consigliere di Alessandro, Agenore. Tra sospiri e malintesi, tutti i nodi si sciolgono e la trama giunge ad una conclusione che celebra la ragionevolezza, la pacatezza ed il rispetto dei sentimenti dei propri sudditi. Alessandro asseconda le passioni delle due coppie di giovani innamorati: Aminta diventerà re, ma resterà pastore e non sarà quindi separato dalla sua adorata Elisa, così come Tamiri e Agenore non dovranno lasciarsi e potranno convolare a nozze. L’amore vince, e con lui la naturalezza e l’istintività, che prevalgono sul matrimonio imposto, simbolo delle rigide regole della politica e della razionalità. Così, nelle scene di Gregorio Zurla, l’albero che invade la scena nel primo atto, diventa un minuscolo bonsai intrappolato in una teca negli ambienti della reggia, luogo dell’ordine e dell’ufficialità, ma si riappropria prepotentemente dello spazio scenico nella parte conclusiva.

Sono i personaggi femminili a farla da padroni, confermando quello che sarà un tratto distintivo delle opere mozartiane più celebri: caratteri forti, consapevoli, coraggiosi, che si battono per l’affermazione delle proprie aspirazioni, a dispetto delle imposizioni. Qui Elisa e Tamiri (le bravissime Francesca Pia Vitale e Benedetta Torre) lottano per conquistare il loro diritto di affermare le proprie aspirazioni, pronte a sfidare i potenti a testa alta per coronare i propri sogni. Il ruolo di Aminta, originariamente pensato per un controtenore, è oggi affidato ad un terzo soprano, l’impeccabile e stupefacente Miriam Albano.

La regia di questo piccolo capolavoro è affidata ad una donna, una delle ancora troppo poche ad affrontare il repertorio operistico. Cecilia Ligorio, veronese, classe 1981, con solidi studi musicali e musicologici, ha alle spalle molta esperienza di palcoscenico, acquisita sia come attrice che come assistente alla regia, nella prosa e nella lirica. Ci offre una lettura molto attenta a sottolineare la passionalità dei personaggi, seppur nel quadro armonioso e composto dell’Arcadia. Mentre la reggia di Alessandro è contraddistinta dai movimenti scenici frenetici e precisi dei suoi servitori, quasi burattini di un compassato meccanismo, le scene bucoliche sono più soffusamente placide, incantate, immerse in un clima fiabesco di armonia con la natura e nelle luci opalescenti di Fabio Barettin.

Sul podio, Manlio Benzi dirige magistralmente un’Orchestra dell’Opera di Roma in gran spolvero che fa risplendere la luminosa bellezza della partitura. I costumi, ispirati al periodo in cui è stata pensata e allestita la Serenata in due atti, sono di Vera Pierantoni Giuia, le due splendide voci tenorili sono di Juan Francisco Gatell (Alessandro di Macedonia) e Krystian Adam (Agenore). Si replica fino al 23 maggio, i biglietti del Teatro Nazionale hanno prezzi accessibili al grande pubblico: un motivo in più per non farsi sfuggire questo prezioso fuoripista rispetto alle consolidate proposte dei cartelloni operistici tradizionali, con un messaggio che, in tempi di “sovrani” sempre distanti dalle istanze dei cittadini, alquanto poco pacati e spesso per nulla illuminati, sconcerta per la sua attualità.


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