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A quando la rivoluzione morale del femminile?

A quando la rivoluzione morale del femminile?

Simone de Beauvoir - Era il 1949 quando uscì ‘Il secondo sesso’. “Ragazze, non è mica finita!”

Giancarla Codrignani Lunedi, 12/03/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2012

Sto ripensando non più alle madri, ma alle nonne. Simone de Beauvoir è ormai proprio una nonna. Forse non l'ho mai letta per davvero; e suppongo di non essere la sola. Infatti l'immagine che ne conserviamo appare lontana, datata. Addirittura vengono in mente, prima di lei e del femminismo di quegli anni, l'esistenzialismo e l'immagine di Sartre, l'uomo che lei dice di avere "scelto" e, anche, "seguito", con tutto il corollario di non paritaria condivisione del lavoro ("filosoficamente e politicamente le iniziative sono sempre partite da lui"). Oggi appaiono superati entrambi. Eppure fecero scandalo. Così è la storia.

Tuttavia.

Tuttavia, Simone - che ha pubblicato Il secondo sesso nel 1949 (facciamo i conti con la data) e ha continuato a scrivere e a battersi per le donne (si autodenunciò nel 1971 con le 343 intellettuali francesi del manifesto per la legalizzazione dell'aborto) - proprio perché stiamo riscivolando indietro, non dovremmo trascurarla. I miti e i ruoli che la costruzione sociale ha assegnato al femminile sono stereotipi che hanno bisogno di una profonda rivoluzione morale: lei lo diceva alle nostre nonne. Ragazze, non è mica finita.

Per l'8 marzo di due anni fa le librerie Coop hanno distribuito un antico libretto antologico intitolato ‘Quando tutte le donne del mondo’ che l'editore pensava appetibile per donne giovani e moderne. L'avevo un po' snobbato: "figurarsi che scoperta....". Poi mi sono resa conto che, proprio per questa fase, dobbiamo fare i conti sospesi con Simone, come con tutte le madri e le nonne che hanno contribuito a superare l'emancipazionismo, anche se molte ci sono rimaste intrappolate dentro. Simone dice di non aver mai nutrito "l'illusione di trasformare la condizione femminile: essa dipende dall'avvenire del lavoro nel mondo e non cambierà seriamente che a prezzo di uno sconvolgimento della produzione". E aggiunge "per questo ho evitato di chiudermi nel cosiddetto femminismo" (cfr. La forza delle cose, Einaudi, Torino 1966). Il contesto spesso ci è sfuggito e anche noi ci stiamo intrappolando. Ma forse dovremmo approfittare meglio e "pensare con coraggio" dall'interno dello sconvolgimento che la crisi attua in tutti i rapporti strutturali.

Certamente di Simone sono inaccettabili sia la subalternità alla politica del partito, sia il limite emancipazionista. Ma anche questa è storia che, anche se non vogliamo, almeno le madri hanno ereditato: troppe di noi hanno sottovalutato la capacità di durata di miti, ruoli, normative, tradizioni. Laica e atea e certamente impegnata per le donne, Simone rimase subalterna alla sacralità dell'ideologia, riti e profeti compresi. Anche da noi le abbiamo conosciute le "compagne" come Simone; ma non furono diverse da lei le ancelle di Lotta Continua, Potere Operaio, Servire il popolo che sacrificavano sull'altare (maschile) di un ideale comune (e comunista) i loro diritti. Un'ombra di quei fantasmi impedisce ancora alla terza generazione di ottenere parità e posti in partiti, movimenti, associazioni: pur essendo loro a tenere in piedi tutte le baracche e tutti i burattini, di fatto le donne "non esistono", neppure se elette sindache o membri delle segreterie in sindacati e partiti. Se le cose stanno così - e stanno così -, le figlie, grazie alla crisi, alle banche, ai governi, ormai disoccupate e casalinghe di ritorno, stanno reinventando un altro emancipazionismo.

In un'intervista Simone venne richiesta di chiarire di che cosa la donna si colpevolizza: "Di tutto. Di lavorare. Di non lavorare... Pensano continuamente: 'dovrei occuparmi di più della casa'. Oppure:’dovrei sposarmi e avere dei bambini'. Ma né quelle che stanno a casa, né quelle che lavorano trovano oggi nella propria condizione la piena realizzazione di sé". Conosco ragazze che non ne possono più del loro precariato a cui non possono rinunciare, ma anche ragazze a cui l'idea di qualcuno che le mantenga non dispiace. Sono ragazze che Simone non potrebbe più sgridare come faceva cinquant'anni fa ("una donna libera è il contrario di una donna leggera", "per diventare una Marie Curie, bisogna pensare ad altro che a se stesse"). Queste hanno studiato e perdono terreno perché si laureano in archeologia sperando di fare scavi e lavorare per i beni culturali e finiscono commesse a vendere borsette di lusso.









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