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A proposito di libertà di stampa

A proposito di libertà di stampa

Tabù - “C’è tanto da fare, tanto da studiare”. Rosa Luxemburg

Emanuela Irace Martedi, 10/11/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2009

Mi domando se dietro il concetto “Libertà di stampa” sia compresa anche l’assenza di proposte concrete da parte dell’opposizione. Mi chiedo cioè se il pool di analisti, che da sinistra lavora per trovare alternative alla Finanziaria, alla riforma della scuola, ai problemi del lavoro e della politica estera, siano stati ridotti al silenzio o peggio censurati. Il concetto di “libertà di stampa”, di per sé ideologico quanto ambiguo, stipa sotto l’ombrello del condizionamento degli organi di informazione, anche disinformazione, superficialità e autocensura. Denunciare l’anomalia di stampa e tv in Italia e la continua violazione delle regole del gioco democratico da parte del Presidente del Consiglio, è dovere della cronaca quanto sottoporre ai lettori-elettori le manovre che si intendono realizzare per iniziare il processo riformista. Informare significa raccontare cosa succede in casa propria. Quali obiettivi si perseguono, quali contromosse si preparano, in concreto e a favore della collettività. Vorrei leggere oltre agli strappi della politica “gossippara”, cinque punti sull’economia, sulla sanità, sulla scuola, su Europa-Usa e Medio Oriente. Mi domando se dietro questa “libertà di stampa”, tanto gridata e manifestata, non si nascondano gli opportunismi di una lobby liberal e di sinistra, attenta a non pestare i piedi ai veri potenti. Quelli che decidono chi può avere il nucleare e chi no. Chi può violare impunemente il diritto internazionale e le risoluzioni dell’Onu senza incorrere in sanzioni. Chi può pubblicare le foto dei cappi di Theran e non quelle dei bambini di Gaza uccisi dalla sete e dall’embargo. Chi può non raccontare di un’Europa annacquata e senza autonomia. Anche questa è “Libertà di stampa”. Volare in superficie è facile, manifestare e prendere posizione pure, più difficile è lavorare e ancora di più, è difficile studiare.



(10 novembre 2009)

 

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