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A proposito di Immagini Amiche

A proposito di Immagini Amiche

UDI - Intervista a Daniela Brancati, Presidente del Premio ‘Foglia Amica’

Colanicchia Ingrid Lunedi, 25/10/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2010

La Campagna ‘Immagini Amiche’ volge al termine: abbiamo tentato un primo bilancio con Daniela Brancati, giornalista, imprenditrice e dirigente d’azienda nel settore della comunicazione, saggista e scrittrice, nonché prima donna direttrice di un telegiornale nazionale in Italia; attualmente, tra le altre cose, coordinatrice dell’Osservatorio sull’Immagine dei Bambini in Televisione e Pubblicità - promosso da I Pincopallino in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano e Sapienza di Roma - e Presidente del Premio ‘Foglia Amica’ istituito dall’Udi.



“Se non si vede un’idea che almeno si veda una coscia!” scriveva, stigmatizzando gli spot pubblicitari italiani, nella prefazione al suo “La pubblicità è femmina ma il pubblicitario è maschio” pubblicato nel 2002. Cosa è cambiato in questi anni?

Che l’attenzione è passata dalla coscia al seno. Seriamente: alcuni settori sono cambiati in meglio: la pubblicità tv delle automobili è diventata creativa, spesso divertente, a volte tecnologica. Insomma, niente a che vedere con quella di una volta che identificava l’oggetto-auto con il corpo femminile. È migliorata anche la pubblicità dei gestori di comunicazione e telefonia, ma ahimè, a volte questi prendono degli scivoloni pazzeschi. Penso alla Tim che alterna spot divertenti con altri adatti a guardoni ossessionati dal sesso. Ma il peggio purtroppo è nelle pubblicità locali. Al punto che spesso donne sindaco o assessore o consigliere si sono messe alla testa di vere e proprie proteste popolari e hanno strappato i manifesti. Spesso travalicando anche i limiti di ciò che la legge consente a un amministratore. D’altronde se da una parte si esagera, l’altra che dovrebbe fare: assistere inerme?



Quale aspetto della campagna dell’Udi l’ha convinta ad aderire e ad accettare la nomina a Presidente del premio ‘Foglia Amica’?

Ho apprezzato subito la campagna dell’Udi, perché è propositiva. Da anni penso che le nostre tante denunce non hanno portato a nulla perché bisogna cambiare la cultura dominante, cioè maschile. Lamentarsi o protestare è come se portasse gli uomini a chiudere l’audio: non ci sentono nemmeno. Così è nata l’idea - quasi contemporaneamente a Pina Nuzzo e me - di tentare la strada opposta: poiché non possiamo abolire le pubblicità nemiche delle donne, proviamo a premiare quelle amiche, creative ed efficaci. E a far diventare questo premio talmente ambìto che pubblicitari e registi si spremeranno le meningi per concorrere. È una sfida anche per noi, riuscire a sfruttare la naturale competitività maschile (perché maschi ancora e sempre sono i decisori) volgendola al bene. Pina mi ha proposto la presidenza in considerazione della mia esperienza nel settore della comunicazione e all’attenzione che ho dedicato a ‘donne e media’ negli ultimi trent’anni. Per me è un onore collaborare con un’associazione storica come l’Udi che ha saputo rinnovarsi nel temi e nelle modalità d’azione.



Nel suo saggio “Oltre il tetto di cristallo – Donne e carriera: una scalata difficile” (scritto a quattro mani con Elio Bergantino) ha messo in luce le difficoltà che incontrano le donne nel mondo del lavoro. Nell’ambito giornalistico qual è la situazione? Che futuro vede per le giovani giornaliste?

Vorrei poter dire che il futuro è nelle loro mani, e in parte sicuramente lo è. Caratteristica di un buon giornalista è saper dire dei no, ed essere molto autorevole. Per le donne questo è doppiamente necessario. Ma, non basta. Rispetto ai miei esordi, il giornalismo è profondamente cambiato. E ancor più è destinato a cambiare. La rivoluzione digitale è sicuramente ancora agli inizi e non ha portato tutte le sue conseguenze sul mercato, che tuttavia ne è già uscito sconvolto: giornali che perdono lettori e televisioni generaliste che perdono spettatori. Nonostante ciò oggi già si parla di web 3.0, cioè di un ulteriore evoluzione del web. È chiaro che in queste condizioni pensare al giornalismo come era, cioè un fenomeno legato alla carta stampata, alle sue leggi e alle sue rigidità, non serve e non aiuta a prevedere il futuro. Infatti, accanto a una fascia di garantiti, gli ‘in’, vediamo un’enorme massa di out. Sono persone che si agitano intorno al sistema per riuscire a entrare, con due incognite: non sanno se ci riusciranno; né sanno se, una volta entrati, il sistema reggerà ancora.



(25 ottobre 2010)

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