Sabato, 09/02/2013 - La figura delle portatrici è stata particolarmente importante per le terre friulane e non solo. E' da far notare che tuttavia, si parla quasi esclusivamente di portatrici Carniche: questo non è esatto; non solo la terra di Carnia ha avuto la presenza di queste donne che hanno contribuito a dare un grande supporto durante la Grande Guerra, ma anche altre zone montane alpine del Friuli e del Veneto hanno avuto le loro portatrici. Ricordiamo che gli abitanti di queste impervie zone, non sono mai stati particolarmente nazionalisti né profondamente patriottici, hanno dovuto o sono stati costretti dover fronteggiare le vicissitudini belliche e quindi andare al fronte, pena la morte per evasione.Ancor oggi, il fatto di partecipare alle adunate degli alpini ed alle manifestazioni evocative, sono quasi esclusivamente momento di incontro con altri conoscenti che non si vedono da tempo; anche lo sfilare con i cappelli alpini è simbolo non di voler farsi notare, ma di voler dire," siamo qui, esistiamo anche noi". Questo discorso vale anche per le portatrici:il loro intento non aveva fini nazionalistici, vi era invece lo scopo di aiutare i propri paesani, fratelli e mariti, i loro cari. Cariche di gerle contenenti cibo e vettovaglie, equivaleva a poter contribuire per le loro genti e dassicurare questi ultimi che le donne c'erano. Erano coloro che portavano avanti la famiglia, i miseri campi, in assenza degli uomini.
Ritornando alla Carnia, si noti la cartina geografica: si parla dell'Isonzo, fiume che nasce nelle Alpi Giulie per arrivare a Gorizia, non di Alpi carniche quindi ma di Alpi Giulie.
Le donne non sempre riuscivano a raggiungere le mete previste, nevicate, gelo, tratturi interrotti, erano all'ordine del giorno; sentieri impervi il cui unico aiuto era dato dal mulo e non sempre.Le portatrici non fuggirono mai: cessarono la loro attività nel 1917, ancora un anno alla fine della Grande Guerra. Erano ricompensate, poco molto poco, ma significava poter aquistare qualche cosa per i loro cari. Non sante, non eroine, donne, donne coraggiose che vollero contribuire non alla guerra ma aiutare i loro cari costretti alle trincee.
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