Venerdi, 15/02/2013 - A proposito del Giorno del Ricordo
Il giorno 10 febbraio a Trieste, si celebra il Giorno del Ricordo. Potrei aggiungere, il giorno delle foibe. Mi spiego: questa giornata è un mix di valori neorisorgimentali - destroidi, evocativi della grande Italia fascista che dovette cedere per forza parte dei territori alla Yugoslavia, (qui ancora non ci siamo messi d’accordo su chi vinse o perse la II Guerra Mondiale: l’Italia ha vinto o perso? Dunque se asserisci che l’Italia ha perso, sei catalogato come comunista, sei invece affermi che l’Italia ha vinto allora sei di destra e possibilmente fascista).
Un ampio gruppo di istriani fanno sventolare il tricolore dinnanzi ad una delle centinaia di foibe – fenomeno peraltro naturale - disseminate per il Carso triestino, a coronare l’avvenimento c’è pure una messa in cui si ricorda “tutti coloro che hanno perduto la vita per il solo fatto di essere italiani”.
Ora spieghiamo un po’ la situazione:
durante la II Guerra, lo Stato della Yugoslavia fu devastato e bruciato quasi totalmente dalle truppe naziste e dagli Ustascia (croati al servizio dei nazisti); i paesi istriani e quelli a ridosso della costa adriatica furono incendiati, le popolazioni furono massacrate, dei paesi non rimase che cenere. Le popolazioni istriane già erano dal conto loro in condizioni precarie: una terra avida di pietra che non regala molta agricoltura, e quella poca dev’essere suddivisa tra le persone e gli animali, in gran parte capre e qualche mucca; i pescatori poi sono legati al mare e si sa che la costa Adriatica soprattutto tra Albona e Cherso fa spesso mareggiate e bora forte, perciò niente pesca, che significa niente cibo, niente merce, niente di niente. Anche il canale del Velebit ospita molto spesso, forse troppo, bora a 40-50-60 nodi, il che indica che le barche devono rimanere ancorate in porto per parecchi giorni. Così l’Istria è un insieme di pietre e bora, bellissima ma sempre con tante pietre e tanta bora. Molta popolazione è di origine italiana ma molte genti hanno cercato di invadere il territorio e di conquistarlo: l’approdo sull’Adriatico è allettante, una penisola di 3600 chilometri quadrati che fà gola a molti, dai romani ai liburni, e poi, visigoti, unni, ostrogoti, bizantini,longobardi, ducati di Baviera e di Carinzia, friulani, genovesi, austriaci, veneziani, uscocchi, francesi, italiani.
Alla fine della I Guerra Mondiale, l’Istria appartenne al territorio italiano come facente parte della Regione della Venezia Giulia, Trieste diventò capoluogo delle province di Gorizia, Fiume e Pola. Nel 1947 la popolazione italiana conta quasi il 25%.
Nel 1945, le truppe partigiane yugoslave entrano in territorio istriano contribuendo alla vittoria sul nazismo, trovando praticamente cumuli di cenere, in quanto il nazismo distrusse completamente sia l’Istria che la Yugoslavia. In località slovene come Begunje, non lontano dalla capitale slovena Lubiana- Ljubljana, durante l’occupazione nazista, il castello di Katzenstein fu tristemente utilizzato dalla Getapo come prigione. Oggi, le celle che stanno nell’edificio del castello, sono diventate museo commemorativo, e nel parco ci sono i cimiteri degli ostaggi. Ma questo è solo uno dei tanti esempi.
Dopo la sconfitta dei mastini di Hitler, nel 1947 si giunge al Trattato di pace di Parigi, in cui l’Istria viene suddivisa tra Yugoslavia e Trieste, si badi bene, non Italia ma Territorio Libero di Trieste diviso in Zona A e Zona B,giungendo fino alla foce del fiume Quieto o Mirna: mentre la Zona A veniva amministrata dagli alleati americani, la Zona B era amministrata dagli yugoslavi: l’effettivo passaggio dell’ex Zona B alla Yugoslavia avvenne nell’ottobre del 1954 con il Memorandum di Londra.
A tal punto si ebbe un’altra triste pagina di storia istriana, l’esodo che iniziò già nel 1947. Per giochi prettamente partitici - politici, si fomentò un odio acceso nei confronti delle popolazioni yugoslave, invitando e promettendo alle genti italiane lavoro e casa in caso di abbandono dell’Istria, già perché nel frattempo l’armata rossa si insediò a pieno titolo al governo.
Non c’era molto da perdere, una terra aspra, avara, dove la pioggia è pressoché sporadica. Ma col passare del tempo,la terra istriana diventa terra di scoperta, di turismo, piace alle persone che si avventurano lungo la litoranea adriatica. Forse c’è qualche rimpianto nell’ aver lasciato anche solo poche cose in quella terra che ora appare completamente diversa, anche più fertile. I nuovi arrivati hanno iniziato a piantare ulivi, vigneti, si costruiscono case, si restaurano quelle abbandonate, già quelle abbandonate…
Si iniziò a parlare di massacri compiuti per mano di partigiani yugoslavi comunisti che andavano per le case di pacifici abitanti nell’ esortarli ad abbandonare quanto prima le case, certuni sparivano in foibe carsiche, si parlava e si continua a parlare ancora oggi, di soldati croati che arrivavano nelle case di italiani che colpivano le persone e le ammassavano nelle profonde doline; ma io mi chiedo, come può un soldato estraneo della zona, entrare proprio in quella determinata casa per massacrare quella determinata persona? Non si giustifica nulla, ma è necessario e doveroso capire! Forse coloro che furono gettati nelle centinaia di foibe presenti nelle nostre zone carsiche, collaborarono in tempo di guerra con i fascisti e con i nazisti? Si sa che ad ogni azione violenta, corrisponde una reazione doppiamente contraria. Perciò se coloro che avessero contribuito a massacrare e mandare nell’unico campo di sterminio presente in Italia, a Trieste, la Risiera di San Sabba, forse dovevano aspettarsi una qualche reazione quale risposta? Oggi si continua a parlare ancora di beni abbandonati, di diritto alla terra lasciata per costrizioni – si, ma quali? Da chi? – di sottrazioni dei beni per mano di regime comunista, ma che oggi non c’è più! Insomma chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere inutili.
Scontri, ancora amarezze, sofferenze, ci sono ancora ferite aperte: con l’esodo istriano, coloro che per propria volontà lasciarono le loro tristi abitazioni , sono ancor oggi pieni di rancore per uno Stato che non c’è più, la Yugoslavia, che tanto fece e contribuì a vincere la II Guerra Mondiale in modo encomiabile, sconfiggendo il dominio nazista e le sue atroci nefandezze.
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