Martedi, 05/10/2010 - 9 ottobre 2010- A Novi per Bègm ancora e ancora fiaccole, ancora le nostre parole
Bègm Shnez uccisa a Novi per aver difeso la figlia dal matrimonio coatto.
Colpevoli i soliti noti: i padroni di casa!
Le donne hanno sempre un buon motivo per disobbedire e ribellarsi.
I loro assassini hanno solo un movente: stabilire chi comanda.
L’uccisione di Bègm Shnez, è questo: l’estremo epilogo dei gesti che stabiliscono l’ordine all’interno del patto tra uomini.
Chi vuol vedere nel femminicidio differenze e modulazioni nell’efferatezza non siamo noi.
Tra le tante, sono morte due madri per difendere le proprie figlie: Bègm oggi, Teresa ieri.
C’è una famiglia, un certo tipo di famiglia che uccide, e purtoppo è quella ammessa, perché lo Stato non vuol riconoscere le altre.
Noi abbiamo chiesto e continueremo a chiederlo sempre, finchè non accadrà che le nostre Istituzioni si assumeranno la piena responsabilità di fronte al femminicidio, che lo Stato decida da che parte stare con atti concreti. Bègm era in Italia e noi siamo l’Unione donne in Italia, siamo unite a lei e lo saremo anche nel ricordare per sempre il suo coraggio di dire NO.
Saremo con le donne che accenderanno le loro fiaccole, e vorremmo essere accanto a sua figlia Nosheen mentre lotta per la sua vita, anche lei per aver detto NO.
Vorremmo chiedere a tutti coloro che si assumono il diritto di regolare “il patto sociale”, di non inscenare la solita rappresentazione del dialogo interreligioso: l’Arcivescovo di Canterbury tempo fa dichiarato bene a cosa serve: ognuno governi le sue donne.
Vorremmo chiedere agli stessi e alle donne che siedono in Parlamento di smetterla di parlare di integrazione quando una donna è uccisa, perchè non sarebbe stato meglio se Bègm fosse stata uccisa all’italiana. E le donne sono uccise, cattolicamente, islamicamente, laicamente.
In ultimo chiediamo alle amministrazioni locali, alle assemblee elettive di non darci più lacrime e proclami, ma fatti. E i fatti cominciano adesso e in questo momento, prima di tutto non fermandosi a fingere che il problema sia etnico: a noi suonerebbe come un atto di autodenuncia della nostra etnia, che non è degli uomini, ma anche e soprattutto nostra
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