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A Murano il vetro si chiama 'Unbreakable: Women in glass'

A Murano il vetro si chiama 'Unbreakable: Women in glass'

Le opere di circa 60 artiste esposte fino al 7 gennaio 2021 alla Fondazione Berengo Art Space di Murano

Mercoledi, 30/09/2020 - "Women in glass" è il titolo di una mostra presentata dalla Fondazione Berengo Art Space visitabile a Murano fino al 7 gennaio 2021 e realizzata a cura di Nadja Romain e Koen Vanmechelen. Sono una sessantina le artiste artiste che espongono le loro opere.
Susan Fisher Sterling, direttrice del National Museum of  Women in the Arts di Washington, in un commento afferma l’importanza di questa mostra come valorizzazione di spazi “in cui le artiste riescono ad ottenere un ruolo centrale” e sostiene l’importanza di “creare ambienti tanto simbolici quanto reali per le artiste”.
Tra le opere mi hanno particolarmente interessata quelle di Juana Vasconcelos, Chiara Dynys, Federica Marangoni, Enrica Borghi, Sabine Wiedenhofer, Kiki Van Eijk, Karen Lamonte, Rosemarie Benedikt, Lucy Orta.

L’opera di Juana Vasconcelos
è un enorme lampadario realizzato ricoprendo a uncinetto diverse forme in polistirolo collegate tra loro come un’enorme collana ed inserendo anelli di vetro in alcuni dei punti di congiunzione. Un’affascinante installazione, viva, che restituisce il senso del lavoro femminile in una fantasmagoria di colori.



Al lavoro femminile fa riferimento anche l’opera di Federica Marangoni, la prima tra le artiste a tornare all’opera nella fornace. Work: Monument to a Female job, un monumento al lavoro a maglia che vede interprete non un generale, come spesso accade nelle nostre piazze, ma due enormi gomitoli rossi.



L’installazione di Chiara Dynys
è un inno laico alla cultura; 121 libri realizzati in vetro si susseguono alternandosi per dimensioni, talvolta sfumati di bianco o luminosi ad indicare la preziosità e la fragilità ma anche la solidità della cultura. Come le pagine dei libri che, una volta inviate al macero, possono essere riutilizzate per produrre altra carta anche il vetro, una volta rotto, si può fondere per costruire altre forme. Una solidità che non sta, quindi, nel non essere sottoposta a rottura ma nella possibilità di rinascere a nuova e diversa vita.





Enrica Borghi ha scelto l’elemento acqua per realizzare la sua installazione nella quale figurano ampie bottiglie di plastica, riferimento alle opere caratterizzate dal riciclo, ed elementi marini in vetro; ricci, tentacoli, elementi naturali.



























Kiki Van Eijk
ha presentato un’opera in cui la forza della scrittura e la fragilità del vetro si relazionano rapportandosi con oggetti quotidiani quali un paio di occhiali e una bottiglia ; una sorta di libro d’artista del genere dei libri oggetto.

Ho trovato affascinante la figura sdraiata di Karen Lamonte, un’immagine quasi ancestrale, una figura femminile acefala, splendida nelle forme e nell’utilizzo del materiale, che rimanda a figure femminili greche dal punto di vista della classicità e a donne etrusche nella posa. Una forma femminile che pare invitare ogni donna al riposo, alla cura di sé e della propria bellezza.

Rosemarie Benedikt ha utilizzato la materia vetro per dare forma al virus che, sebbene abbiamo imparato a conoscerlo come pericoloso, spaventoso, sembra essere giocoso, colorato, trasparente, fragile. In effetti quest’opera rimanda alla forma e non al significato e alla pericolosità restituendo una bellezza che, associata a ciò che sappiamo e soffriamo della pandemia, non ci è apparsa nella sua interezza. Le forme naturali sono belle, anche se si tratta di virus.

Sabine Wiedenhofer gioca con forme di rossetti per offrire, attraverso la trasparenza e la colorazione pastello del materiale, un riquadro di differenti tonalità.

Lucy Orta accompagna all’uscita le visitatrici e i visitatori con una quantità di maschere nelle quali gli elementi fisici e fantastici si mescolano dando luogo a forme che, attraverso la preziosità del materiale e l’uso sapiente del colore, producono da una parte sorpresa e dall’altra buonumore. L’accostamento delle maschere e della lavorazione del vetro, caratteristiche conosciute come proprie della città di Venezia, restituisce la sapienza del fare, caratteristica dei maestri vetrai, e la giocosità del femminile in un “unicum” che può costituire un auspicio per oggi e per il futuro. Donne che si misurano con la lavorazione del vetro. Anche questa è una rivoluzione.

Ho apprezzato molto questa mostra. Diverse opere importanti e foriere di pensiero, esposte in un ambiente, oltre alle diverse sale espositive, molto particolare: la fornace in disuso che è sede della Fondazione Berengo. La fragilità del vetro si relaziona con la solidità del mattone, i forni, ora spenti, rimandano al fuoco e all’aria, al soffio, in un’atmosfera che offre mediazione tra contrasti e che appare estremamente equilibrata e serena, al limite della magia.











Fondazione Berengo Art Space. Campiello della Pescheria, Fondamenta dei Vetrai, Murano. Venezia. sino al 7 gennaio 2021



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