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A guardia dei checkpoint

A guardia dei checkpoint

Intervista a Shoshana Halper - Ai palestinesi è negata la libertà di movimento: per andare a scuola, all’ospedale, al lavoro

Pisani Giuliana Giovedi, 05/11/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2009

Abbiamo incontrato a Roma Shoshana Halper, attivista di Donne in Nero Israele (Dni) e di Machsom Watch (Mw), in occasione della Conferenza stampa dello scorso 21 settembre organizzata presso la Fondazione Basso.



Da Dni a Mw, ci racconti la sua esperienza di attivista dei diritti umani in Terra Santa.

Il mio impegno con Dni mi ha accompagnata alla scelta di aderire alla causa di Mw, osservatorio sui checkpoint israeliani nei territori palestinesi. Entrambe le organizzazioni sono composte da donne, che manifestano la propria resistenza contro le pratiche di repressione sistematica da parte dello Stato di Israele su quello palestinese. Mw è stato costituito nel 2001 da cinque donne pacifiste israeliane, ed oggi si compone di centinaia di donne israeliane ebree e palestinesi, per la maggioranza in pensione, attiviste delle libertà del popolo palestinese, e della fine delle ostilità determinate dalla politica di occupazione israeliana. La rete di checkpoint -machsom in arabo - si articola in posti di blocco, 53 sono quelli che monitoriamo quotidianamente nei territori palestinesi. Gruppi di due o tre donne turnano i picchettaggi affinché i civili palestinesi siano sempre assistiti quando tentano di spostarsi da una parte all’altra della città per andare a scuola, all’ospedale, al lavoro o a trovare famigliari. La libertà di movimento viene continuamente negata ai palestinesi, per mezzo degli uffici israeliani di controllo sulla sicurezza pubblica. In principio, questi checkpoint avevano la struttura di semplici rifugi per l’approvvigionamento dei militari israeliani, poi sono stati ingranditi e attrezzati, a tal punto da assumere le fattezze di veri e propri terminal aeroportuali dotati di metaldetector e sensori di vario genere. Il nostro compito è di esercitare pressioni sui militari in turno, anche contattando telefonicamente i loro superiori, e monitorando i tempi e le pratiche di gestione dei posti di blocco stessi. Le testimonianze visive e audio raccolte sono riportate nei daily reports e periodic summaries, pubblicati sul sito www.machsomwatch.org.



Quale è la posizione di Mw e di Dni rispetto alla soluzione “due Nazioni due Stati” dopo l’occupazione israeliana con il muro delle colonie e della gran parte delle strade della West Bank? E’ ipotizzabile, al contempo, l’altra soluzione di uno “Stato binazionale” alla luce delle tragiche conseguenze dei bombardamenti nel dicembre 2008 sulla striscia di Gaza, e della vittoria della destra alle elezioni di febbraio 2009?

Questa è una domanda complessa e non so se risponderò a pieno. I membri di Mw e Dni hanno diversi metodi di approccio alla questione medio orientale e alla sua soluzione. Ecco perché risponderò a titolo personale, quale donna israeliana ebrea che ha maturato l’idea che ormai sia andata persa l’occasione di accogliere la soluzione dei due Stati. La costruzione del muro, seguita dall’invasione dei territori palestinesi e dalla guerra di Gaza hanno segnato, per me, la fine dell’epoca dei due Stati dando inizio a quella di uno Stato unico. Noi donne attiviste in medio oriente, anche se di visioni politiche diseguali, rimaniamo compatte nel compimento della nostra azione.



Il 5 gennaio 2007 la testata The Guardian ha pubblicato le dichiarazioni di Tali Fahima, attivista araba arrestata dalla polizia israeliana: “il mio crimine è stato quello di protestare contro i crimini compiuti da Israele in Palestina”. Per il suo impegno civile e politico ha mai subito pressioni, intimidazioni o ancor peggio minacce alla sua vita? E’ a conoscenza di casi del genere nei confronti di altre componenti di Mw o di Dni?

Non conosco nello specifico il caso di Tali Fahima, ma fortunatamente non ci sono mai stati episodi preoccupanti in questo senso per Mw e Dni. Israele è pur sempre una democrazia, tutela i diritti dei cittadini ebrei e ne riconosce la libertà di opinione e di associazione. Ovviamente, la difesa dei diritti non è parimenti garantita ai cittadini palestinesi, come ne abbiamo avuto prova fino ai tragici eventi recenti.



Quale è il suo messaggio alle donne impegnate nella difesa dei diritti dei popoli, e ai militari operativi in Israele, e negli altri scenari di guerra?

Credo che le donne debbano prendere consapevolezza di possedere un grande potere! Le donne devono impegnarsi a mobilizzare, con volontà e determinazione, le società civili verso la lotta: alle discriminazioni di genere e culturali; alle violazioni di tutti i diritti umani; al traffico di armi, di droga e di esseri umani. Al contempo, richiamo i militari ad aprire gli occhi! Rifiutatevi di eseguire gli ordini! Svegliatevi e smettete di operare perché siete gli ingranaggi di una macchina immorale da guerra! Non c’è etica o morale nel fare la guerra!





(5 novembre 2009)



Fotografie di Tiziana Bartolini

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