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9 novembre: muri che crollano, comunismi di

9 novembre: muri che crollano, comunismi di "individui" che sgretolano

Il Berliner Mauer era una cortina di fortificazioni innalzata per antifascismo dalla Germania dell'Est, divenuta poi, storicamente, simbolo e cicatrice della guerra fredda.

Domenica, 09/11/2014 - La ricorrenza della caduta del muro di Berlino, fatto crollare il 9 novembre del 1989, è un'occasione perfetta per dare spazio ad alcune considerazioni sull'opportunità di abbattere vecchie frontiere per andare incontro al nuovo.



Il Berliner Mauer era una cortina di fortificazioni innalzata per antifascismo dalla Germania dell'Est, divenuta poi, storicamente, simbolo e cicatrice della guerra fredda.



Berlino fu spaccata in due per quasi trent'anni, decenni in cui erano inconciliabili le ideologie e le politiche delle Repubbliche tedesche: Democratica e Federale. Le due monumentali pareti di cemento armato della linea fortificata ingabbiarono a morte centinaia di fuggiaschi trucidati dalla DDR.



La caduta del muro di Berlino fa parte di quegli eventi rivoluzionari che hanno profondamente trasformato il profilo dell'Europa Orientale tra il 1989 e il 1992.



Così si interrogava, durante il 1992, S. N. Eisenstadt - sociologo, storico e accademico israeliano di fama mondiale - nel suo saggio su La caduta dei regimi comunisti: «Il crollo dei regimi comunisti nell'Europa orientale è stato uno degli eventi più drammatici della storia dell'umanità, certamente uno dei più drammatici dalla fine della seconda guerra mondiale. Quale il suo significato? Sono simili, queste rivoluzioni, alle "grandi rivoluzioni" - inglese, americana, francese, russa, cinese - che per molti versi hanno aperto la via alla modernità, creando l'ordine politico moderno? Porteranno - dopo un periodo di transizione probabilmente turbolento - a un mondo relativamente stabile di modernità, con un costituzionalismo liberale foriero di una sorta di "fine della storia"? O esse ci dicono qualcosa delle vicissitudini e delle fragilità dei moderni regimi democratico-costituzionali?».



Si tratta di quesiti difficili, che però ammettono ad oggi una qualche risposta.



Senz'altro, il periodo del 1989-1992 è stato un momento di transizioni epocali per molti paesi, come: Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Germania, Ungheria, Polonia, Romania, Unione Sovietica e Jugoslavia.



Decisamente rivoluzionario fu proprio «il trasferimento del potere statale a coalizioni dirigenziali sostanzialmente nuove» - come scrisse lo storico di Chicago, Tilly, nel 1999.



Questi grandiosi rivolgimenti furono, in definitiva, ribellioni contro certi tipi di modernità che, in pratica, finivano per negare se stessa.



Ad esempio, «ai cittadini dell'Europa orientale piaceva l'idea dell'industrializzazione, ma non il modo comunista di realizzarla, e in particolare le restrizioni politiche che esso comportava».



Una grande lezione che apprendiamo da questi capovolgimenti storici sta appunto nella consapevolezza che i nuovi Stati, di oggi e domani, dovranno acquisire, se vorranno, capacità militare non senza quella di gestire, con soluzioni efficaci, i disagi economici-finanziari delle collettività; dando così valore non solo numerico ma personale agli individui.



D'altra parte, il crollo dei regimi comunisti può essere, oggi, un momento di riflessione su un più consono bilanciamento fra dignità individuale e dignità civile.



Marta Mariani

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