Nulla da festeggiare. L'abbiamo già scritto sul numero cartaceo di marzo di Noidonne che per noi l'8 Marzo non è una festa ma un giorno di riflessione e di azione. È così che lo stanno vivendo le tante ragazze, donne, lesbiche, omosessuali, transgender che parteciperanno al corteo #iodecido, che parte da Piazza dei Condottieri a Roma alle 15.00.
Un hashtag speculare al grido delle compagne spagnole "yo decido!", che, come è ormai arcinoto, sono in fermento da quel 21 dicembre 2013, data in cui l’attuale Ministro della Giustizia Gallardòn ha depositato un progetto di legge che limita la possibilità di abortire a due casi: lo stupro o il grave pericolo di vita per la madre o il feto. La libertà delle donne, rispetto alla legge attualmente in vigore frutto del lavoro del governo Zapatero, viene totalmente fatta a pezzi e questo progetto fa tornare le donne spagnole indietro di trent’anni. Angeles Alvarez, deputata del Partito Socialista Spagnolo, prima parlamentare nel suo paese a dichiararsi lesbica pubblicamente, ai microfoni di Noidonne lo scorso sabato ha parlato chiaramente del perché in Spagna si sta provando a limitare in maniera così barbara la libertà riproduttiva delle donne.
“Abbiamo un governo conservatore, con una maggioranza assoluta in Parlamento, che ha deciso di regalare la libertà delle donne ai settori più radicali e integralisti della Chiesa cattolica che ha chiesto al partito di governo di pronunciarsi in materia di diritto all’aborto. Questo è avvenuto perché c’è stata una grande complicità politica tra la conferenza episcopale e il partito popolare. Questo è il risultato, il conto da pagare per i voti che il partito popolare ha preso da quei settori negli ultimi anni.”
Dichiarazioni nette che denunciano senza giri di parole l’ingerenza insopportabile del clero spagnolo sulle decisioni prese da questo governo guidato da Mariano Rajoy leader del Partido Popular. Riascoltando o rileggendo quelle parole, è difficile ricordare un caso in cui qui in Italia un rappresentante politico di sinistra abbia preso in maniera così netta le parti delle donne rispetto ad una legge, la 194 del 1978, di fatto svuotata con un forte aumento negli anni dell’obiezione di coscienza.
La politica ha mai denunciato le ragioni di questo aumento e la conseguente mancata applicazione della legge? Eppure deve esserci un modo per riuscire a garantire che le donne possano abortire negli ospedali e la politica è il soggetto chiamato a tutelare i diritti. È per questo che il gruppo#maipiùclandestineha lanciato un appello al Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, con la richiesta che tutti i presidi ospedalieri pubblici e convenzionati garantiscano l’accesso all’Interruzione volontaria di gravidanza e dispongano di un numero adeguato di ginecologi, anestesisti e personale non medico non obiettori. Al momento in Italia sette medici su dieci sono obiettori. E in alcune regioni i dati sono ancora peggiori, ad esempio nel Lazio dove secondo il Ministero della Salute nel Lazio obietta l’80% dei medici.
Inoltre, rimanendo in tema, è lecito chiedersi dunque se quegli ospedali che lo scorso 3 dicembre ricevevano il “bollino rosa” che li etichettava come ospedali amici delle donne, siano stati giudicati anche sul numero di obiettori presenti in grado di garantire le interruzioni di gravidanza per le donne che lo richiedano. In realtà questo criterio non appare nel rapporto. E qualcuno se n’è anche accorto, se aprendo il link dell’articolo, si leggono i commenti. Forse si dovrebbe iniziare a ri-pensare i meccanismi di attribuzione di questo bollino e, nello specifico, ad avere cura di inserire tra i parametri con cui viene giudicato un buon reparto di ginecologia e ostetricia il rispetto della legge 194.
I medici spagnoli sono scesi lo scorso 1 febbraio in piazza insieme alle donne. E qui in Italia? Pochi giorni fa a Roma presso la sede dell'Ordine il collettivo femminista delle Cagne Sciolte hanno chiesto esplicitamente ai medici dell’ordine “Da che parte state?”. Per tutta risposta, le ragazze sono state allontanate e insultate dalla polizia chiamata dai medici.
Sappiamo però che ci sono anche tanti medici dalla parte delle donne. A Roma alcuni nomi molto noti come Giovanna Scassellati del San Camillo, Silvana Agatone dell’Ospedale Pertini, Mirella Parachini del San Filippo Neri. E tanti altri nelle altre regioni italiane, riuniti nellaLaiga, che oggi festeggia una vittoria importante. È di queste ore la notizia che a seguito di un reclamo collettivo dell’associazione non governativa International Planned Parenthood Federation European Network, il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d'Europa ha ufficialmente riconosciuto che l'Italia viola i diritti delle donne che - alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 - intendono interrompere la gravidanza, a causa dell'elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza. Il ricorso è stato presentato contro l’Italia al fine di accertare lo stato di disapplicazione della legge 194/1978 e il Comitato Europeo ha accolto tutti i profili di violazione prospettati.
Il corteo di oggi, al quale parteciperanno tanti collettivi e associazioni, e che si replicherà in tante piazze di altrettante città italiane, mentre in Parlamento si discute di quote rosa da inserire o meno nella prossima legge elettorale, appare veramente come il modo migliore per vivere questa giornata, che per tante donne, in realtà, è solo l’ennesimo giorno di una battaglia in corso da moltissimo tempo. Una lotta il cui unico fine non può che essere la nostra piena autoderminazione.
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