Mercoledi, 10/03/2010 - Sento il bisogno di collettivizzare questa mia riflessione sul senso odierno dell'otto marzo.
Non sapendo bene come, e con chi farlo, mi provo, con poche e brevi parole a farlo con voi. Mi capita spesso, per vari motivi: per lavoro, con la persona che mi aiuta in casa, con le commesse dei negozi quando faccio la spesa, di parlare ed incontrare le "cosiddette donne normali", quelle non legate all'appartenenza politica, quelle che non sanno cosa significhi la parola "differenza di genere", quelle che considerano il giorno 8 marzo il giorno della "festa della donna" scevro da ogni connotato di 'lotta'. Proprio ieri, acquistando dei dolci, augurando ad altre lavoratrici "buon otto marzo" mi sono sentita rispondere "quale otto marzo, noi lavoriamo".
Ecco... proprio qui è il problema... il senso di questa data. Perchè festa della donna? quale festa può nascere da un evento tragico
come quello che caratterizza questa ricorrenza?
Mi chiedo se non sia il caso di ridare a questa data tutto il suo senso importantissimo di giorno dedicato alla riflessione internazionale sulla situazione delle donne, sulla battaglia per l'emancipazione (scusate se uso ancora questa parola oramai ritenuta "vetero": ma veramente pensiamo che la stragrande maggioranza del nostro genere sia già emancipata, o sappia cosa voglia dire veramente la parola emancipazione?), sulla parità nel lavoro e oltre, e non una festa meramente commerciale, o utile agli uomini per regalare un giorno un ramo di mimosa proprio a quelle che fino al giorno prima hanno sfruttato... togliendoci anche il nostro simbolo, sempre più simile ad impresa di 'pulizie' che ad un simbolo preciso. fiore tenero e delicato e al tempo stesso tenace e deciso.
Perchè chiamarla ancora festa e non invece , per esempio, "giornata internazionale delle donne"?
Da una parte mi pongo anche il problema però, di quelle migliaia di donne che in tutto un intero anno, possono (per educazione, società... sottomissione... qualsiasi motivo vogliamo indicare) sentirsi "libere" una sola sera, fosse anche per mangiare una pizza con altre donne.
E' una questione che mi pongo da molto tempo. Vorrei raccontare brevemente un episodio capitato a me, la mia è una storia di lunga militanza ed impegno fatto di "otto marzo" di lotta e iniziativa. Un anno ho voluto cambiare, e sono uscita con le donne del mio
vicinato, abitavo allora in una zona popolare di Roma, case del comune, è stata una serata indimenticabile... ho imparato moltissimo.... su quanto c'è ancora da fare e quanto in realtà siamo distanti dalla "vera" situazione femminile. Eravamo una ventina, tutte tra i trenta e quaranta anni, ridevamo, scherzavamo, io e un'altra amica ne aprofittammo per parlare del senso dell'otto marzo... volevamo dargli
una connotazione diversa, non è stato possibile alle più... quando il clou della serata è stato un uomo che in dialetto romanesco ha recitato una poesia dedicata alla donna dove il senso principale era questo: divertitevi oggi che è il vostro giorno, che da domani tornate a fare il "mazzo". Io ero stravolta, la mia amica anche... molte delle altre erano invece commosse.
Ecco... quando parliamo di realtà femminile, forse dovremmo riuscire a trovare le parole giuste per capire che ancora c'è troppo da fare.
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