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8 marzo, il giorno dopo

8 marzo, il giorno dopo

Più donne al Governo probabilmente capirebbero che se l’ Iva su un rasoio è al 4% e l’iva su un passeggino o su un pannolino è al 22% qualche distorsione potrebbe facilmente essere risolta semplicemente con una variazione delle al

Venerdi, 10/03/2017 - Anche quest’anno, dopo la giornata internazionale della donna, abbiamo letto e sentito una serie di dichiarazioni di buone intenzioni. Quello che dovrebbe contare, però, non è il numero di impegni che le istituzioni si sono assunti, il vero progresso e il vero cambiamento lo otteniamo sul terreno della concretezza.



Le ragazze e le donne in più di 50 Paesi hanno manifestato ieri lo stato di sofferenza e di disagio attraverso il racconto delle loro storie di violenza, combattendo per i propri diritti e lavorando per raggiungere la pari rappresentanza e un lavoro di dignità, con parità di retribuzione.



Per garantire pari opportunità per donne e uomini, ragazze e ragazzi ci vorrà del tempo, enormi sforzi educativi e profondi cambiamenti nelle modalità esistenti di pensare mail cambiamento è in atto.



Occorre che le donne non si dividano più nelle loro azioni e nelle iniziative, pensando che tutte stiamo lavorando nella stessa direzione e avendo ben in mente quelli che sono gli obiettivi da raggiungere.



Innanzitutto il lavoro. Ridare il lavoro alle donne è ridare dignità.



Ed è anche un modo per ridare equilibrio al sistema economico.



Questi cambiamenti potrebbero essere accelerati e supportati da una maggiore auto coinvolgimento dei media. Ma non c’è ancora interesse da parte dei media perché le donne non sono cronaca, a meno di qualche orribile atto di violenza da raccontare.



Per molta politica “ il genere” è ancora considerato per lo più come una storia di donne e le politiche di genere non sono attuate in modo efficace.



I bilanci stanziati per “ le questioni di genere” nelle politiche settoriali sono cifre a volte inesistenti.



Per compiere progressi decisivi, una forte volontà politica deve venire dal livello molto alto, anche da ministeri chiave come lo Sviluppo economico, il Tesoro e la pianificazione strategica a capo della Presidenza del Consiglio.



Ma la debole implementazione delle politiche di genere non è solo un problema di finanziamento. Ci sono in realtà molti altri ostacoli e fattori di rischio: una forte e radicata resistenza istituzionale alle iniziative di genere, una generale sotto-rappresentanza delle donne nella sfera pubblica, la profonda diversificazione territoriale. Parlare e risolvere il problema della disoccupazione femminile in Lombardia è diverso che in Sicilia, a fronte di differenze culturali, geografiche, antropologiche, economiche.



Gran parte del dibattito sul “genere” sembra avvenire in una bolla, con esperti/e di genere che non hanno vissuto o sentito il racconto che proviene dalle donne del quotidiano.



Molto spesso gli “affari delle donne” sono spesso associati e relegati a politiche di inclusione e del terzo settore, del no profit, e purtroppo un gran numero di iniziative sono anche strumentalizzate per fini politici.



Quanti politici sono veramente attivi nella promozione della parità di genere?



Finché il dibattito di genere rimane solo un problema delle donne, non andrà lontano.



Non bisogna dimenticare che il genere non è solo questione di raggiungere le pari opportunità per le donne e gli uomini.



La parità di genere è una questione di sviluppo economico. Anche in questo caso, il messaggio non è nuovo, ma ancora non è stato sufficientemente portato all’attenzione di tutti i responsabili politici. Come può un paese privarsi volontariamente del potenziale umano di metà della sua popolazione? Il costo economico è enorme.



Ma per ridurre la disuguaglianza di genere e garantire uno sviluppo sostenibile abbiamo bisogno di allearci con qualcuno degli “uomini illuminati” che abbiamo trovato al Governo e abbiamo bisogno di sollecitare le donne che al Governo ci sono già.



Abbiamo anche bisogno di investire di più nella formazione delle ragazze e dei ragazzi. Una ragazza istruita è meglio “equipaggiata” per difendere i suoi interessi e scegliere la vita che vuole. L’istruzione può anche aumentare la consapevolezza delle questioni di genere per i ragazzi e renderli meno inclini a vedere l’equità di genere come una perdita di privilegi per se stessi.



Gli “uomini illuminati”potrebbero diventare veri alleati nella costruzione di una società basata sulla parità di diritti e opportunità.



Ma l’istruzione da sola non basta. Per cambiare i pregiudizi occorre mettere in campo più sforzi per meglio sensibilizzare gli opinion leader e cambiare la governance delle pari opportunità.



Occorre in pratica attivare un processo di pianificazione strategica attraverso la stipula di un Patto per le Donne, al fine di dare un rapido avvio e garantire l’attuazione degli interventi urgenti, nonché di facilitare la nuova programmazione nazionale e comunitaria in vista del raggiungimento degli obiettivi dell’Europa per il 2020 e del Millennio per il 2030.



Un Patto per le Donne fornisce una risposta flessibile ed integrata alle diverse esigenze territoriali, promuovendo a tal fine un più efficace coordinamento tra i diversi strumenti di programmazione e di pianificazione e tra le diverse fonti finanziarie disponibili, nonché tra i diversi soggetti istituzionali interessati.



Un Patto per le Donne è un percorso unitario di intervento sui territori finalizzato a creare nuova occupazione femminile nell’ambito dello sviluppo economico, produttivo ed occupazionale dell’Italia, per la cui attuazione è ritenuta necessaria un’azione coordinata, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in considerazione della strategicità e complessità degli interventi, nonché per accelerarne la realizzazione, nel rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali.



Una Agenzia Nazionale per le Donne creata ad hoc dovrebbe poi rendersi responsabile del coordinamento e della vigilanza sull’attuazione del Patto e svolgere l’azione di monitoraggio e valutazione degli obiettivi da condividere e da raggiungere.



Più donne al Governo probabilmente capirebbero che se l’ Iva su un rasoio è al 4% e l’iva su un passeggino o su un pannolino è al 22% qualche distorsione potrebbe facilmente essere risolta semplicemente con una variazione delle aliquote Iva.



Isa Maggi



StatI Generali delle Donne

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