Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2007
La mimosa non c’è più. L’ 8 marzo è appena passato, ma di festa e di visibilità se ne è vista poca. “Questa festa è una cosa ormai superata” è stata la giustificazione che ho ricevuto mentre contattavo dirigenti donna e responsabili politiche donna per proporre che, insieme alla mimosa, venisse fatto conoscere il giornale 'noidonne'. Sono sessanta anni che la festa della donna, attraverso il suo simbolo giallo, si è lentamente diffusa. E’ passata da donna a donna fino a raggiungere i posti di lavoro ed i supermercati, che sono frequentati quasi solo da donne. Il suo giallo pieno di allegria era un riconoscimento collettivo alle nostre difficoltà, alle nostre lotte e alle nostre conquiste.
Da quest'anno le dirigenti e le responsabili politiche dei supermercati e di altri luoghi di lavoro cooperativo si sono sentite “superiori a certe cose”; “la mimosa non si usa più”; questa è stata la frase giustificativa della sua eliminazione. Adesso “si usa fare un'offerta”, per le donne del terzo mondo. Su questa base di apprezzabile e lodevole solidarietà viene modificata la nostra festa ed il nostro compleanno collettivo con uno slittamento di visibilità . Non si pensa che l’aiuto economico alle donne del terzo mondo debba affiancarsi a noi, donne con più agio, ma si ritiene lo debba sostituire in nome di un facile trasferimento economico: la mimosa da simbolo politico è diventata una spesa, che diventa assai facile convertire in una “generosa donazione”.
Si cede al convincimento che ormai questo appuntamento politico non serve più, perché tutti i diritti come donne li abbiamo acquisiti. Ci hanno convinto, e ci siamo lasciate convincere, che le donne in Italia hanno solo agio e benessere.
Le donne italiane hanno tutti i diritti e tutte le comodità politiche: il lavoro (?), la parità di salario (?), il divorzio (?), l’aborto (???) la maternità (???). Ora hanno anche come comodità politica, in rapporto al loro non riuscire ad essere madri, la ruota. Perché la ruota è la risposta politica al cassonetto. Lo fece anche Papa Innocenzo III stanco delle lamentele dei pescatori che trovavano i neonati nel Tevere. Inventò la ruota presso i conventi.
Il problema politico del diventare e del potere essere madre (lavoro, salario, casa, orari umani del lavoro e della città) è stato insonorizzato, non fa più rumore.
Adesso ci fanno sentire buone e generose verso le donne del terzo mondo a cui esportiamo questa politica incartata nel denaro che si sprecherebbe nel comperare la mimosa che è il simbolo della nostra festa, che da cento anni è piena di solidarietà e di politica di genere.
Rinunciare alla nostra festa sarebbe come dire che se invece di spendere i soldi per la torta e la festa del mio compleanno versassi quel denaro per una donazione. E poi …? Poi invito gli amici a casa e consegno loro la fotocopia del versamento e stiamo insieme una serata a farci vento con la fotocopia della ricevuta. E’ da sempre che le donne sanno che tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere.
Una terza via va rapidamente trovata per salvare l’unica gioiosa festa di genere, che è come un compleanno collettivo per ricordarci che siamo nate ed abbiamo dei diritti. I doveri ci vengono sempre ricordati .
E’ però indispensabile cominciare con molto anticipo rispetto all’8 marzo del 2008 per risollecitare questa visibilità. A partire dalle dirigenti donna, perché la festa ed il nostro simbolo ci sia anche nei posti di lavoro e nei supermercati. Sarà anche un modo per sensibilizzare le donne sotto i quarant’anni. Le donne giovani bisogna re-istruirle, così mi ha detto una signora di ottanta anni, che con caparbietà riesce ancora a fare festeggiare l’otto marzo nel suo quartiere. Il come, il dove ed il quando re-istruirle è un lavoro che è tutto a nostro carico; dobbiamo solo cominciare a farlo.
Rossella Ciani
Quest'anno, per dispetto, a marzo le mimose erano anche sfiorite e quella poca che abbiamo visto in giro era di una spenta tonalità ocra. Gli unici mazzetti di un bel giallo acceso – chissà dove l'hanno trovata - erano proposti con un sorriso da ambulanti occasionali senegalesi a guidatori assorti nei loro pensieri ai semafori, che hanno avuto così l'opportunità di fare una gentilezza alle loro compagne. Della festa simbolica, delle lotte da ricordare e soprattutto da riproporre non si è visto molto. L'8 marzo una telecamera in giro per Roma a cercare immagini per il servizio di rito da mandare in qualche notiziario mi ha ripreso mentre parlavo con un uomo. Avevo un fare assertivo, hanno detto, che rendeva quell'immagine utile a non so quale tesi del giornalista. Ecco, in mancanza di appuntamenti pubblici e politici convocati dalle donne l'8 marzo di cui la mimosa era simbolo e protagonista, rimane da andare a scovare le donne in strada, nel privato. Stiamo sbagliando qualcosa. Non sembra tanto difficile capire cosa.
(11 aprile 2007)
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