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8 marzo 2001

8 marzo 2001

perchè consideriamo ancora l'8 marzo una giornata importante per le donne di tutto il mondo

Lunedi, 07/03/2011 - Non abbiamo mai smesso di considerare l’8 marzo una giornata di lotta per la nostra autodeterminazione.

Quintali di mimosa e cioccolatini non sono riusciti a soffocare il nostro grido di libertà né a narcotizzare i

nostri desideri.

Decenni di “pensiero unico” , insieme materiale e simbolico, non sono riusciti ad uccidere il nostro spirito

critico né ci siamo mai rassegnate al silenzio o alla “sola” resistenza perché vogliamo, caparbiamente,

continuare a seminare futuro.

Continuiamo a dirci “femministe”, anzi, rivendichiamo questa parola per inserire il nostro impegno di oggi

in una lunga storia che racconta di lotte per il riconoscimento dei nostri diritti e per la liberazione di tutte

e tutti dalle ingiustizie e dagli stereotipi imposti dai sistemi di potere che ancora governano il mondo.

Un femminismo, che non vuole assecondare i processi in atto ma ha desiderio di “conflitto” perché come

si diceva negli anni “70”… non rivendichiamo solo “eguaglianza” ma vogliamo mettere in discussione il

mondo intero, vogliamo continuare a lottare per altri rapporti fra donne e uomini, per un’altra idea di

maternità, per un’altra organizzazione del lavoro, per un altro modo di intendere e vivere la sessualità,

per un altro modo di scrivere, cantare, far politica, vivere ….”

Di conflitto c’è un gran bisogno se consideriamo il fatto che la precarizzazione del lavoro ha riguardato

soprattutto le donne, che permangono le storiche diseguaglianze di salario e di riconoscimento

professionale fra donne e uomini, che l’80% dei poveri del mondo sono donne, che il restringimento dei

sistemi pubblici di welfare ha determinato, per le donne, un aumento del lavoro gratuito di riproduzione

sociale e la nascita della figura di “badante”, lavoratrice “straniera” senza voce né diritti riconosciuti, che

continuano le violenze maschili contro le donne, che non si ferma il misconoscimento del nostro diritto

all’autodeterminazione e alla libertà di scelta sul nostro corpo.

Così come c’è bisogno di conflitto per non rassegnarsi al ritorno in campo, prepotente, di fondamentalismi

di varia natura e di stereotipi che credevamo ormai superati e che invece, nonostante le apparenze,

riaffollano le pubblicità, i libri di scuola, le riviste per adolescenti, i programmi televisivi e tentano di

condizionare i sogni e l’immaginario delle nuove generazioni di donne (uno stuolo di piccole cuoche,

bambolone sexy, mogli di maschi ricchi, …)

Sappiamo, dunque, da dove veniamo e teniamo i piedi per terra ma proprio per questo rivolgiamo gli

occhi all’orizzonte perché vogliamo credere che in tempi di grandi trasformazioni come quelli che stiamo

vivendo ci possa essere lo spazio per un movimento di donne che in ogni parte del mondo possa

immaginare e costruire un altro mondo possibile. Non c’è nulla di scontato né di facile, evidentemente,

ma nemmeno d’impossibile.

In Europa, per esempio, ci son state importanti mobilitazioni di donne in Portogallo (per la cancellazione

del reato di aborto), in Polonia (per far riconoscere i diritti delle donne all’autodeterminazione), in Francia

(sull’età pensionabile). Le relazioni politiche che abbiamo costruito con molte donne nei paesi balcanici e

nel mondo arabo ci dicono del grande fermento che abita le donne “mediterranee”. C’è ancora vitalità

anche in Italia, le recenti manifestazioni del 13 febbraio scorso ne sono un esempio.

L’8 marzo per noi sarà tutto questo: continuità, consapevolezza, conflitto e speranza.

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