Martedi, 12/03/2019 - Se giusti risarcimenti economici fossero stabiliti per gli insulti e le offese gratuite o quanto meno discutibili, la nostra Nina (nome di fantasia) rischierebbe di divenire ricca.
Sintetizzo per precisione e correttezza i fatti di cui si è parlato nella cronaca della scorsa settimana e poi aggiungo alcune mie riflessioni e sottolineature a proposito di una sentenza che si racconta da sola, se è vero che la Cassazione ha deciso di celebrare nuovamente il processo d’appello.
Nel 2015 una ragazza d’origine peruviana di 22 anni si presenta in ospedale ad Ancona con la madre, denunciando di avere subito violenza da un suo coetaneo mentre un suo amico faceva da palo. I medici riscontrano lesioni compatibili con la violenza ed anche nel sangue presenze di “farmaci o droghe“ che la donna dice di non ricordare di avere assunto. Il processo in primo grado nel 2016 condanna lo stupratore a cinque anni e il complice a tre. Gli imputati nel 2017 ricorrono e vengono assolti sulla base della non credibilità della ricostruzione della parte lesa. Fin qui non c’è nulla che abbiamo noi ragioni per “giudicare”. Il bello viene dopo, lascia allibiti a induce a domandarci come sia possibile.
La Corte d’Appello, composta ben da tre donne che sinceramente mi interesserebbe conoscere al di fuori delle loro funzioni di giudici, definiscono Nina “la scaltra peruviana” e si soffermano su valutazioni che non solo non spettano a loro - che come ha scritto un giornalista non dovevano interpretare la giuria di un concorso di bellezza - ma sono impensabili da una donna e discutibili per come va il mondo. Nina è definita "bruttina e maschile" tanto che, a testimonianza dell’Idea, viene citato il modo come è segnata nella rubrica dell’assolto violentatore: ”La vikingo“. Questo, però, non testimonia in alcun modo che le violenze siano riservate solo alle belle e amabili super sexy e in questo la storia è piena di controprove.
E comunque si osserva che, oltre ogni giudizio, come è mai possibile che donne di legge si lascino andare a un tale livello? Non solo accanendosi contro una donna giovane e che dal quadro generale non sembra particolarmente fortunata, ma sentendosi evidentemente libere di intendere la giustizia materia sorella della psicologia, della sociologia e perfino del gossip...
Non conosco ovviamente le tre giudici e in questi giorni - almeno per quello che io ho potuto vedere - non sono state pubblicate le loro fotografie, ma si sa che non di “bufala” si tratta (per dirla con un termine che non amo ma che rende chiaro il concetto).
Ci troviamo di fronte a una triste verità, che ci racconta di come talvolta delle donne usano il loro potere - in forza di un ruolo - per offendere altre donne. Non sappiamo se è fatto con leggerezza e/o senza sentirsi a disagio. Disagio che - forse - sarà stato dimostrato con la decisione di annullamento del verdetto richiesto dal procuratore generale e con il conseguente rinvio alla Cassazione.
Nina non la conosco, ovviamente, ma vorrei con questa nota non dimenticare le sue offese e mandarle un pensiero solidale perché, comunque siano andate le cose, non era giusto ed è deleterio in senso più ampio che la giustizia si sia rivolta nei suoi confronti in quel modo.
Paola Ortensi, 12 marzo 2019
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