Martedi, 12/02/2019 - In Uganda il Ministro del Turismo, Godfrey Kiwanda, invitato a proporre una campagna promozionale rivolta ad incentivare il turismo del paese, ritenendo di aver messo a fuoco un'idea geniale e brillante, ha proposto un concorso di bellezza per Miss curvy Uganda.
La sigla del concorso sarebbe stata Miss Pulpeuse (polposa) e la vincitrice, con la sua immagine, avrebbe potuto partecipare alla rinnovata importante campagna per incrementare il turismo verso il paese. Il ministro, senza vergogna, ha difeso la sua idea balzana sostenendo che la bellezza delle donne Ugandesi, - con le loro splendide gambe e braccia, morbide curve sinuose, formose e... “polpose” - insieme alle attrazioni della natura - gli animali, i safari sulla via dei gorilla - e al cibo caratteristico poteva divenire attrazione interessante per aumentare il turismo ( sessuale ?) verso l’Uganda.
L’ipotesi di marketing - che se non fosse scellerata rimanderebbe persino a una proposta umoristica stravagante da cabaret seppur di pessimo gusto - ha provocato un'alzata di scudi che ha messo insieme l’indignazione del Ministro dell’Etica (figura insolita per la nostra esperienza ma che per l’occasione si è dimostrata importante perché voce rappresentanza governativa) e della Chiesa e, cosa più importante e rassicurante, una valanga di indignate voci femminili e (fortunatamente) non solo sui social.
Donne che si sono sentite affiancare alla via dei Gorilla o alle Cascate dove nasce il Nilo bianco, hanno ritenenuto questa un'offesa insopportabile e inaccettabile, umiliante, denigrante e mortificante per tutto il genere femminile.
Seppur in uno spazio informativo scarso e stringato fornito dalla nostra stampa, si apprende che - pare - il concorso sia stato annullato anche se, come letto in qualche notizia, il sito che lo promuoveva invitando a candidarsi, sembra non sia stato cancellato; il che prevede di non abbassare la guardia - cosa che sembra certa - vista la pronta reazione di massa che le donne ugandesi, in una alleanza ampia della società che non le lascia sole in questa battaglia di civiltà, non faranno.
La notizia, ricercata su internet per avere informazioni più articolate, ha permesso di sapere che sono state richieste, fortunatamente, le dimissioni del Ministro e che le donne ugandesi possono vantare una serie di autorevoli voci che si sono spese per l’occasione in difesa della loro dignità, voci come quella di Rita Aciro dell’Uganda Women’s Network spalleggiata da altre voci femminili rappresentative del mondo dell’impresa e della società in generale.
La parola globalizzazione oramai spesso usata senza profondità, ma quasi come uno slogan, richiederebbe invece di essere fatta pulsare da tante e tanti di noi, sentendo ciò che accade nel mondo in molte situazioni, come qualcosa che ci riguarda da vicino.
La vicenda ugandese che, sfruttando la ricchezza d’informazioni rintracciabili sui social vale la pena di seguire nel suo finale, come donne e non solo, credo ci coinvolga culturalmente.
Abituate oramai, spesso apaticamente, a veder usare in tutta la pubblicità il corpo femminile per marketing di ogni genere insinuando per via subliminale che una cioccolata, o un profumo o un sugo o un gioiello, rimanda o sollecita la sessualità femminile. A fronte del concorso Miss curvy o pulpeuse proviamo un'indignazione bruciante rispetto alla sintesi estrema di tale comportamento che esplode annullando ogni “mediazione” e andando all’essenza dell'idea nel proporre il corpo come attrazione del turismo di un paese bellissimo che ha ben altro da proporre civilmente.
L’Uganda è l’unico paese dell’Africa subsahariana che io abbia visitato e proprio per un'iniziativa con le imprenditrici agricole del paese, donne formidabili, vitali e vigili rispetto alla vita, e alla società di cui sono parte organizzarono. E’ un paese dalla natura affascinante e coinvolgente che ha molto da offrire, compresa l’attività femminile in agricoltura, nell’artigianato e nella vita sociale, civile, economica.
Rinuncio a ulteriori considerazioni intriganti su una vicenda che - mi ripeto - mostra caratteristiche eclatanti nella sua “dissestante semplicità” di un pensiero a cui ci siamo di fatto assuefatte in una civiltà che spesso in modo subdolo e raffinato ci pone un orizzonte culturale tale e quale. Sarebbe utile che, toccate dall'avvenimento, iniziassimo di nuovo a riflettere sul tema perché, come sempre accade, è “dal particolare “ che si comprende il generale e sono le singole note che fanno la musica.
Come dire - e mi ripeto volutamente - che guardare all’Uganda vuol dire pensare a noi in primis nell’accezione più corretta dell’idea di globalizzazione ..
Paola Ortensi ,12 febbraio 2019
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