Martedi, 16/10/2018 - Finalmente grazie alla testimonianza del carabiniere Francesco Tedesco e della sua coscienza che non può più tacere, in questo ottobre 2018 , dopo nove anni dai fatti, il muro di bugie e omertà sulle violenze e le cause della morte di Stefano Cucchi si frantuma restituendo spazio alla giustizia e alla verità.
I fatti, per quanto noti, rimangono soggetto delle nostre considerazioni ed è utile riassumerli seppur al massimo della sintesi.
Il 15 ottobre del 2009 il giovane Stefano Cucchi viene fermato dai Carabinieri per droga. La famiglia lo cerca disperatamente per sei giorni, perdendone le tracce. Venuta a sapere che è nelle mani di forze dello Stato in qualche modo si rassicura, pur non riuscendo ad incontrarlo. Dopo pochi giorni Stefano muore all’Ospedale Pertini e la famiglia viene chiamata, finalmente, ma scopre che il corpo di Stefano è massacrato; il volto di Stefano racconta di botte, tante, al punto, come dirà la madre, da farle dubitare per qualche attimo di riconoscerlo. Pur distrutta dal dolore Ilaria, la sorella di Stefano a lui legatissima, ha la lucidità di accettare il consiglio di un avvocato, a cui si rivolge, che la convince a fotografare col cellulare Stefano e il suo corpo martoriato per non perdere “un documento“ fondamentale e che una volta svolta la cerimonia funebre non sarà mai più ottenibile.
Sarà quella foto la prova 'regina' a permettere di non mollare la battaglia giudiziaria durata, fino ad ora, 9 anni e ancora non giunta al suo termine, ma arrivata ad una svolta decisiva per raggiungere la verità.
Continuando però nel comunicare i miei pensieri, non sono i fatti succedutisi, notissimi, su cui voglio tornare, ma piuttosto riflettere e onorare l’amore di Ilaria, la sorella di Stefano, che in prima persona in questi anni terribili ha seguito tra vicende, le più contraddittorie e senza mai mollare Stefano, prendendolo concretamente per mano, come ha fatto decine di volte mostrando la foto di quel volto tumefatto e di quel corpo torturato che nessuna caduta poteva spiegare.
Nove anni di fatiche, di incomprensioni e umiliazioni, offese a cui non sarebbero bastate le testimonianze di solidarietà militante né la convinzione di essere colei che rappresentava tutta la famiglia a resistere. Nove anni durissimi da vivere se Ilaria non avesse avuto un amore cosi grande e senza riserve per suo fratello, col quale aveva vissuto sin dall’infanzia una complicità positiva e di vita anche negli anni difficili di Stefano, un giovane che in questi anni è stato definito spesso come quello che si era messo nei guai perché aveva fatto uso di droga, quello che se la era cercata.
Ilaria non ha mai prestato orecchio alle offese e non ha smesso di combattere senza accettare provocazioni, perché voleva che la verità potesse un giorno venire fuori. E pur senza negare le difficoltà, le debolezze e gli errori di Stefano ne ha raccontato, convincendo chiunque l’abbia ascoltata, la bontà, la vitalità, la gioia di vivere ed anche la sua fragilità. Un fratello amato che non avrebbe mai potuto tradire . Come lei stessa ha raccontato in questi anni e in tante interviste in questi giorni, non riesce a darsi pace a pensare quale dolore, quali pensieri e forse solitudine e paura d’essere abbandonato Stefano possa aver sofferto da quel 16 ottobre in cui è finito in Ospedale per le violenze subite dal suo corpo. Per chi ha seguito la vicenda aggiornandosi di anno in anno sui giornali, attraverso i processi e i tanti avvenimenti giudiziari, è cosa nota che Ilaria in questo percorso d’amore e di dolore ha trovato in Fabio Anselmo, l’avvocato che le suggerì di fotografare il corpo di Stefano e divenuto poi l’avvocato della famiglia, anche l’attuale compagno di vita.
Mi viene da dire che talvolta, per fortuna, l’amore genera amore e che in questa vicenda l’affetto e la solidarietà hanno un peso decisivo. Dietro Ilaria ci sono i suoi genitori, i genitori una famiglia che, unita, ha affrontato senza paura e per amore di Stefano un percorso lungo 9 anni pieno di ostacoli scegliendo ogni volta di non evitarli per amore di Stefano e della giustizia
Come, oggi in maniera analoga, mi sembra quasi doveroso ricordare stia affrontando la famiglia di Giulio Regeni. Una vicenda in cui tante sono le analogie che si possono riscontrare iniziando da un corpo muto che urla il suo disperato bisogno di giustizia.
Tornando a Ilaria oggi che, come riportavo all’inizio, si è aperta una breccia nel muro dell’omertà, che mostra la terribile conferma di quanto è accaduto, lei e la sua famiglia fra sono invitati dal Ministro dell’Interno Salvini a un incontro. Faccio fatica a trovare le parole per definirlo, passatemi il termine, lo definirò riparatore e forse obbligato e anche da aggiungersi alla lunga lista di atti d’immagine e caccia al consenso che Salvini agisce. Ma una volta ancora torno a Ilaria che nel corso degli anni da Salvini ricevette la considerazione di qualità che le faceva “schifo” per come sfruttava la morte del fratello (un drogato)…. Ilaria che mostra una lucidità, una dignità e un senso di cittadinanza formidabili, nella capacità sofferta di scegliere cosa fare di volta in volta.
Come prima reazione ha sottolineato che, per andare, chiede le scuse di Salvini per l’offesa mai cancellata e sottolinea che lei e la sua famiglia prenderanno, comunque, in considerazione l’invito. Ilaria, quasi a rappresentare ancor prima del suo modo di pensare quello di Stefano, a fronte dell’orrore che ha sempre pensato e che ora trova conferma circa il pestaggio che Stefano ha subito da dei carabinieri, insiste a precisare che accusa i singoli individui, carnefici di Stefano, ma che continua ad onorare l’ARMA per l’importanza e il valore e il rispetto che le si deve pensando al suo servizio al Paese Italia.
La sua capacità di distinguere di non fare di tutta un'erba un fascio, di mettere in cima alle sue azioni, comportamenti, parole l’amore per Stefano. Quella forza motrice che le ha dato l’energia di non fermarsi, di mostrare senza infingimenti le debolezze umane di suo fratello, ma senza dare, mai, l’impressione di arrendersi, sono insegnamenti a cui non possiamo sottrarci ma che anzi, se ci soffermiamo a riflettere e comprendere, ci rendono tutti più umani.
Come tante e tanti di noi in questi giorni in cui dopo 9 lunghissimi anni la verità prende, finalmente, forma e conferma, la simbologia obbligata direi della data -16 ottobre - in cui è avvenuto il pestaggio mortale di Stefano mi colpisce come messaggio inesorabile di lotta alla violenza. Il 16 ottobre è l’eterno anniversario della razzia nazista al Ghetto di Roma.
Ma torno, e termino, solo per sperare come è stato per me di contribuire fra le lettrici di Noidonne di approfondire una volta in più il nesso profondo tra amore e giustizia in questo caso specifico.
Amore, una parola e un sentimento dalle infinite sfaccettature e che si presta ad affiancarsi forse ad infiniti aggettivi e precisazioni ma che quando è ”sano“ porta e comporta giustizia, energia e direi democrazia. E chi non vorrebbe un “amore“ di sorella come Ilaria?
Ps: Un impegno da onorare, un nostro piccolo gesto d’amore è, penso, anche vedere il film sui sei giorni di Stefano “Sulla mia pelle “ di Stefano Cremonini.
Paola Ortensi 16 -10 2018
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