PAOLA, PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ/ Sana: una vita e una morte che ci chiamano a riflettere
Il dramma di SANA la giovane italiana di origini pakistane, uccisa dal padre e dal fratello perché non ha accettato di sposare l'uomo che avevano scelto per lei
Martedi, 15/05/2018 - PAOLA, PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ/ Sana: una vita e una morte che ci chiamano a riflettere
La velocità delle notizie, l’incrocio tra avvenimenti nazionali e internazionali, fatti di cronaca e vicende istituzionali strutturali dominate dalla politica, progetti, cultura, sport bruciano velocemente accadimenti definiti di cronaca, appunto, su cui vale la pena di soffermarsi non solo per la curiosità di scoprire come finiscano ma per misurarne la simbologia che rappresentano e le innumerevoli letture e indicazioni che offrono su problematiche di prima fila.
Ed in questa logica, affiancata al dolore e alla rabbia di una giovane vita eliminata violentemente e ingiustamente dal padre, vale la pena di ripercorre il dramma di Sana, la 25enne pakistana uccisa dagli uomini della sua famiglia, perché non solo non voleva sposare l’uomo scelto per lei dal padre, ma voleva vivere la storia con un giovane che lei aveva conosciuto in Italia. Italia di cui lei non era solo cittadina per il passaporto ma per la cultura, le consuetudini, i diritti che riteneva le spettassero.
Suo padre l’aveva portata a Brescia dal Pakistan a soli dieci anni e lui non si era posto proprio il problema che, come molti dei suoi coetanei arrivati in giovanissima età e che qui hanno studiato, del nostro paese sono divenuti cittadine e cittadini integrati con soddisfazione; una generazione che vive l’Italia come il proprio paese da tutti i punti di vista: lingua, cultura, abitudini progetti di vita. Il che non significa che non abbiano nel cuore la terra di provenienza. E proprio per questo anche nel suo ultimo viaggio Sana era andata, come già in precedenza, nel suo paese natale, il Pakistan, felicemente. Ma proprio lì aveva portato la sua determinazione di giovane emancipata da una cultura della sua terra, che vede le donne ancora proprietà prima dei maschi della ascendente come padre e fratelli e poi di quella discendente, ovvero il marito.
Lei che lavorava in una scuola guida, che aveva un ragazzo, che aveva tanti amici - gli stessi che non hanno creduto che potesse essere morta d’infarto e che hanno insistito perché si scoprisse la verità che sospettavano: una morte violenta.
Sana è stata uccisa perché non voleva obbedire, perché rifiutava di essere un oggetto. Pretendeva al contrario di essere una persona, non una donna di proprietà di qualcuno fosse pure suo padre.
Dietro di lei, nascosto nei particolari dal suo obbligato silenzio, il dramma della madre di cui è trapelata la non condivisione della decisione di insistere per un matrimonio non voluto dalla figlia divenuta poi sentenza di morte decisa e compiuta da suo marito e da suo figlio, che lei, ancora una volta in quanto donna, non è riuscita a condizionare nella loro arrogante e proterva decisione di piegare Sana.
Un omicidio che il padre ha negato per giorni, ammettendo poi dopo la conferma, in seguito all’autopsia, che la giovane fosse stata strangolata. Un nome, il suo, che letto in italiano ci racconta di una giovane donna forte e sana nel corpo e nella mente che avrei voluto conoscere e che immaginano, per quanto si è letto di lei, piena di vita e convinta di essere un po’ cittadina del mondo pur ricca di due culture e di una cittadinanza - quella italiana - che le dava un'identità che le piaceva.
Le autorità italiane, dietro le insistenze dei suoi amici, si sono impegnate per avere la verità su quanto accaduto. Questo è importante perché parla di quella parte del nostro paese, in cui mi riconosco insieme per fortuna a tante e tanti altri cittadini, che ritenevano Sana una giovane italiana, la cui vita era preziosa, da seguire e proteggere almeno, nello specifico, nella ricerca della verità.
Naturalmente più voci e forze politiche, in prima fila la Lega - le cui impostazioni politiche sono oggi idee di Governo - hanno strumentalizzato la tragedia dichiarando e ri-dichiarando l’incompatibilità dei principi dell’islamismo con la nostra cultura.
Riaffermato, allora, che Sana rappresentava un'idea di integrazione positiva e la realtà di una donna che aveva fatto la sua scelta dando un'indicazione e un riconoscimento di accoglienza e convivenza possibile della sua originaria cultura con quella del suo nuovo paese, il tema rimane argomento di riflessione utile. Dopo presumibili discussioni e controversie, e persino paure di chi ha difeso la ricerca della verità su Sana, temendo delle ritorsioni, la comunità pakistana di Brescia ha deciso di uscire pubblicamente per condannare il terribile delitto commesso da padre e fratello a firma della disobbedienza della figlia al loro - ritenuto - diritto di proprietari di esseri umani di sesso femminile.
Quello che da molti può essere ritenuto ovvio, il riferimento è alla protesta della comunità in memoria di Sana, rischia di essere una superficialità dannosa.
I processi di cambiamento sono sempre lunghi e pieni di contraddizioni e lo stesso nostro paese ne è la testimonianza . Non a caso il delitto d’onore fu abolito il 5 settembre del 1981, quando un nuovo Diritto di famiglia che di fatto lo “contraddiceva ” dopo anni di discussione era stato approvato nel 1975.
Delitto d’onore su cui - per proporre di pensare prima di parlare e giudicare gli altri popoli e culture - non mi sembra sbagliato ricordare qualcosa in più. Nel nostro paese quando si pensa al delitto d’onore, anche senza riflettere al famoso e premiato film di Germi e con Mastroianni “Divorzio all’Italiana“; immediatamente si pensa che si tratti di una faccenda del passato legata ai costumi di un’Italia premoderna dalla quale ci siamo mondati grazie alla civilizzazione industriale.
La verità è un’altra. L’articolo 587 del Codice penale fascista (approvato nell’ottobre 1930 su proposta del ministro della Giustizia, Alfredo Rocco) è stato abrogato appena 37 anni fa (5 settembre 1981).
Il testo recitava: «Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella». Si accedeva alla riduzione della pena se l’omicidio della moglie (o del marito, nel caso ad esser tradita fosse stata la donna), della figlia o della sorella era diretto a difendere «l'onor suo o della famiglia»
Ricordato questo, non posso che terminare, innanzitutto condannando quanto ha spezzata la vita di Sana i suoi sogni, le sue speranze la sua felicità, aggiungendo - come purtroppo fatto in altre occasioni - che la sua vita non sia sprecata ma serva a cambiare .. verso un mondo più giusto e a misura di DONNE.
Sempre per fare esercitazione di memorie utili, a metà degli anni '60 in Italia rappresentò uno spartiacque la vicenda di Franca Viola (su cui consigliamo di informarsi alle giovani che non la conoscessero) che si oppose proprio alle consuetudini culturali sul “dovere femminile “ di accettare il volere maschile di possesso. Fortunatamente Franca Viola sostenne un processo e ne usci viva, e alla fine sposò chi lei aveva scelto. Ma, elemento decisivo, riuscì ad affrontare i fatti terribili che la coinvolsero grazie alla solidarietà, e coraggiosa vicinanza attiva del padre, che con lei si opponeva ad una cultura ingiusta e da cambiare rischiando insieme a sua figlia la violenza di chi nella conservazione nutre il proprio potere.
Paola Ortensi
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