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20 Novembre: La Convezione sui diritti del bambino e dell’adolescente Parole da ricordare o azioni d

20 Novembre: La Convezione sui diritti del bambino e dell’adolescente Parole da ricordare o azioni d

Festeggiare la Convezione sui Diritti del Bambino oppure assumersi la responsabilità di praticarla?

Lunedi, 25/11/2019 - Il 20 Novembre è per tutti la Giornata dei Diritti dei Bambino, a rammentare la Convezione approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989 e ratificata dall’Italia il 27 Maggio del 1991. Il 20 Novembre è anche un evento mediatico: Comuni e Regioni d’Italia dedicano spazi televisivi e incontri per diffondere un messaggio, sempre fondamentale, come il rispetto dell’infanzia e dell’adolescenza, senza tuttavia considerare l’incoerenza con cui viene spesso presentato. Perché dal 1989 al 2019 sono trascorsi molti anni e non possiamo sostenere che, in questo lungo arco di tempo, i giovani abbiano raggiunto la libertà a cui aspirava la Convenzione.
Il mio mestiere, progettare laboratori per la competenza personale e civica nelle scuole, mi porta ogni anno ad aumentare la quantità di incontri, a ridosso del 20 Novembre, sulla Convenzione. Questo è sempre positivo; non posso rinnegare tale fatto. Quello che provo, invece, come cittadina, è la sensazione di raccontare ai bambini una fiaba dal finale molto incerto. Inizio con alcune semplici considerazioni: leggendo i media poco prima del 20 Novembre e poco dopo, non troveremo ampi spazi dedicati alla felicità dei bambini, saremo sopraffatti, al contrario, da immagini di violenza, soprusi e povertà. Tuttavia, le parole che definiscono il senso profondo della Convezione, soprattutto nel suo Preambolo, sono molto chiare: diritto ad aiuto ed assistenza particolari; “educare nello spirito della Carta delle nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza di libertà, di uguaglianza e di solidarietà”; valore della persona umana. Nel momento in cui rileggo i vari diritti esposti nella Convenzione e così evidenti a spiegarsi - come non lo sarebbero la solidarietà, la parità, la libertà di espressione e di gioco?! - mi accorgo di quanto non vengano rispettati, anche nel nostro paese. I bambini possono dire No ai media che li gestiscono come piccoli e preziosi cittadini consumatori? I bambini possono dire NO alle illusioni dei social dove gli adulti si scontrano con evidente violenza verbale? La nostra Comunità davvero si interessa al loro bene oppure stiamo soffrendo di un egoismo generazionale sempre più accentuato? Queste e molte altre domande mi assalgono mentre preparo gli incontri. Sono consapevole che i bambini delle Primarie mi riserveranno speranza, mentre gli studenti delle Secondarie di I Grado manifesteranno i loro giusti dubbi e, per quanto concerne gli adolescenti, discuteremo insieme sull’incoerenza dei comportamenti negli adulti. Una parola, dunque, mi suscita attenzione: coerenza. Perché, se è l’esempio quello che definisce il miglior luogo di apprendimento per un minore, allora noi adulti dovremmo cercare di pensare a lungo termine e non, come ad oggi avviene quotidianamente, a breve termine. La differenza è strategica: comprendere la complessità della salvaguardia della crescita dei giovani in un mondo tecnicamente accelerato, ma talvolta privo di sapere profondo, quello che si genera nel dibattito aperto e leale, oppure esimerci da tale sforzo e restare nel limbo dei dialoghi tramite “tag” e condivisioni virtuali. Non voglio sembrare troppo pessimista e non scriverei queste brevi righe se non avessi l’interesse dei bambini come motivazione primaria. Voglio, però, essere onesta anche con me stessa, che sono parte di questa cittadinanza a cui le parole interessano solo quando vengono “postate”, “visualizzate”, “linkizzate”, “twitterate” e quant'altro scorra veloce nella rete. Io vorrei la lentezza del pensiero critico, quello che sbaglia e lo ammette, quello che agisce per ipotesi e per ricerche nel bene della collettività. La tecnologia ci permette di osservare il mondo in ogni momento (non di spiarlo!); abbiamo Big Data da cui attingere, come mai prima di oggi, conoscenza. Eppure sembriamo perdere la memoria a lungo termine; tante possibilità di connetterci alle altre culture e pochissimo desiderio di soffermarsi a pensarle e percepirle. Così, il 20 Novembre sembra una festa. Cuori, emoticon, sorrisi di adulti e volti di bambini, come se tutto fosse lì, in quel preciso istante, pronto all’uso e al consumo. La Convenzione, invece, è storia; il succedersi di due guerre mondiali e la necessità di salvaguardare il diritto dell’essere umano alla vita e alla dignità nel viverla. L’autodeterminazione di un popolo sappiamo ancora cosa significhi? Tutto questo e molto altro va raccontato ai giovani proprio in occasione del 20 Novembre. Non possiamo negare quello che già vedono. Altrimenti, forse come ogni altra Giornata dedicata a qualcosa, diventerà una data fra tante e non un evento nella storia. La Convenzione non è la pubblicità di un viaggio meraviglioso, è l’evidenza di quanto siano fragili le libertà acquisite nel tempo dagli uomini e che, ogni giorno, andrebbero rispettate, anche con piccole azioni quotidiane. " Mi scusi, posso passare?” evitando, mentre guardiamo lo smartphone, di travolgere chiunque sia sulla nostra strada, perfino i bambini! Forse anche questo diritto andrebbe aggiunto nella Convenzione…

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