“La democrazia ha sempre a che fare con il populismo. Ma siamo sicuri che le trasformazioni sociologiche influiscano sulla deculturalizzazione della politica? O questa è forse legata, invece, a un deficit della politica stessa?”
A fare questa domanda è Giacomo Marramao, che ha introdotto insieme a Gianni Borgna il seminario promosso dall’Università Roma Tre e dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso.
“Il momento della catastrofe si colloca nella parte finale degli anni Settanta – sostiene Bianca Pomeranzi – e non nel 1989. Cioè negli anni in cui dopo la presa di parola delle donne, a livello italiano e internazionale, è corrisposta una ‘reincarnazione’ del potere patriarcale a opera di Khomeini, Reagan e Giovanni Paolo II, ciascuno a proprio modo, come frattura rispetto a quanto in tutte le società era accaduto. Non riesco a vedere la caduta del muro di Berlino come un punto di inizio di qualcosa, ma piuttosto come una delle fasi della globalizzazione che in Italia non abbiamo saputo capire e decodificare come processo, che non era solo il dibattito tra ‘Stato’ e ‘Mercato’, ma esattamente la creazione di nuove soggettività politiche che hanno fatto saltare la distinzione pubblico-privato”.
Fa un “elogio dei muri” Mario Tronti, perché le separazioni “costringono a una scelta che porta a dare il meglio di sé. Altrimenti l’esito è quello di una decadenza antropologica, di una deriva di massa che influisce sulla coscienza intellettuale e collettiva. Bisogna inoltre ‘normalizzare’ il ‘nemico’ per civilizzare il confronto. La cancellazione delle differenze è stata una sorta di suicidio di ciò che la rivoluzione operaia aveva messo in atto”.
“La globalizzazione, – ha detto ancora Marramao – che può anche essere interpretata come una chance, non è però in grado di risolvere problemi spontaneamente, ma necessita di una risposta politica. Il caso italiano, dal punto di vista storico e politico, è pressoché unico ed è caratterizzato da una ‘catastrofe’ (come radicale mutamento, in senso tecnico) simile alla ‘tracimazione’ delle nomenklature dell’Est. È una catastrofe diversa da altre crisi democratiche avvenute in altri paesi, dove le soggettività politiche (i partiti) sono rimaste più o meno le stesse. E questa ‘catastrofe’ ha aperto un vuoto, all’interno del quale si è inserita l’operazione del berlusconismo”.
Ideato come laboratorio per confrontarsi su posizioni anche diverse e opposte tra di loro, il seminario è una delle occasioni (tra gli incontri e i convegni che cercano di radunare intellettuali, studenti, studentesse e quanti abbiano a cuore la comprensione dei fenomeni politici e sociali odierni) per “capire come mai la caduta del muro di Berlino, che fu un evento liberatorio che poteva costituire la premessa di un nuovo slancio in avanti dell’umanità, è stato invece per molti versi il prodromo di una crisi e di una involuzione della politica in Europa, ma soprattutto e paradossalmente in Italia, dove dal Dopoguerra alla fine degli anni Settanta la politica aveva goduto di forza e prestigio”.
Partecipanti: Alberto Asor Rosa, Carla Benedetti, Francesca Brezzi, Franco Cardini, Biagio De Giovanni, Ida Dominijanni, Paolo Franchi, Ernesto Galli Della Loggia, Miriam Mafai, Bianca Pomeranzi, Marco Revelli, Andrea Riccardi, Stefano Rodotà, Eugenio Scalfari, Aldo Schiavone, Raffaele Simone, Mario Tronti.
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