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13 febbraio - La nostra libertà non ha prezzo

13 febbraio - La nostra libertà non ha prezzo

Il contributo dell'Associazione Nondasola

Mercoledi, 09/02/2011 - Mai come in questo periodo sentiamo la forza della proposta semplice quanto rivoluzionaria di Hannah Arendt: tornare a “pensare a ciò che facciamo”. L’azione ha bisogno di discorso, la nostra indignazione ha così preso a poco a poco forma. Da un po’ di anni c’è un filo rosso che lega i crimini di guerra e i crimini di pace che ogni giorno si ripropongono, spesso immersi in quell’ottusa sordità, che è la miscela letale dell’ indifferenza e della rassegnazione: una stessa logica di violenza che riduce l’altra/o allo stato di non-persona. Crediamo che oggi in Italia sia in atto una piccola guerra, un ‘femminicidio’ silenzioso di cui è vittima il corpo delle donne, non solo il corpo stuprato o vittima di maltrattamento, ma il corpo ossessivamente proposto come modello di genere che rinchiude le identità femminili in gabbie sempre più strette. Occorre smascherare i meccanismi di questa violenza che molti e molte di noi hanno talmente assimilato da naturalizzarla, da non riuscire più a vederla perché è altro dalle botte, è altro dallo stalking, è una sottile e pervasiva violazione della soggettività femminile.

Ora lo scenario offerto dai comportamenti di Berlusconi e di molti uomini, anche di uomini che da posizioni socialmente rilevanti barattono sesso e potere rendono ancor più palese, per chi vuole vedere, il nesso tra la violenza alle donne che si vuole indebitamente rinchiudere dentro lo spazio di certe relazioni di maltrattamento per non guardarla come un ‘continuum’ che innerva tutto il tessuto sociale e la cultura di svalorizzazione e di non riconoscimento delle donne che le confina entro profili identitari minoritari.

La impunità che protegge questi uomini di fatto avvalla atteggiamenti e comportamenti offensivi e lesivi della dignità delle donne e costituisce un modello di relazione facilmente riproducibile. Chi come noi affida alla prevenzione nelle scuole e alla sensibilizzazione nel contesto più ampio del sociale la costruzione di un argine al dilagare di una cultura misogina si trova ancora più esposta all’influenza di norme non scritte, difficilmente controllabili e vissute come naturali che confermano agli uomini il potere e il controllo sulla vita delle donne. Assistiamo alla esasperazione di una cultura che brutalizza l’avvenenza femminile e la monetizza, che separa testa e corpo delle donne, che invita i maschi alla deresponsabilizzazione nella relazione col femminile.

La presa di parola delle donne è allora una chiave che può svelare tanti misteri: usarla per cercare le nostre voci autentiche è un’avventura unica e potente, che induce relazioni e genera pratiche politiche.

Mostrare le proprie o le altrui vite significa trasformare esistenze irrelate e nebulose in luoghi di scambio di parole. Evocare le pratiche quotidiane di resistenza, di autonomia e di libertà messe in atto da tante donne a partire da quelle che incontriamo nel nostro Centro Antiviolenza per noi significa dare all'indignazione un connotato di forza, di sostanza, di controinformazione su una realtà delle donne che viene ricordata solo quando ci sono da fare titoli sui giornali e da chiamare le donne’ vittime’.

La rappresentazione del genere femminile nell'era berlusconiana coincide davvero con la realtà delle donne? Dove sono le donne che non si lasciano colonizzare dai diktat della bellezza e della perfezione dei corpi? Dove sono quelle che nella fedeltà a sé e nel rispetto del proprio corpo non si assoggettano a scambi e a mercificazioni? Ci camminano a fianco ogni giorno con i loro vissuti e le loro conquiste, a dispetto di una cultura maschilista che assegna loro una posizione solo se sono ‘veline’ o ‘vittime’, e di una società che impone la subalternità, la fissità dei ruoli, il non riconoscimento.

Ciò che ferisce e può annientare, e ancor più le giovani donne, è l’isolamento in cui spesso ci pare di dover tutte sopravvivere nel portare avanti ognuna la propria battaglia, insieme alla fatica di costruire la propria identità sessuata e di valorizzarla in questa società che ancora disconosce la soggettività femminile e che per bocca del presidente del consiglio oltraggia le “cosidette” donne. La pluralità di voci femminili, decise ad autodeterminarsi al di fuori dei modelli del ‘reality’, smentisce decisamente una rappresentazione univoca delle donne quale quella trasmessa dal rutilante circo mediatico ma viene opportunisticamente ignorata e altrettanto opportunisticamente accusata di silenzio e di inazione secondo un meccanismo che vuole togliere potere e delegittimare la politica delle donne.

La presa di posizione di tante donne che da quattordici anni ogni giorno aprono la porta di un centroantiviolenza e praticano e vivono altri modelli vuole essere un ulteriore momento di attivazione delle coscienze; e il fatto che questo gesto di indignazione sia reso pubblico, fa sì che questa attivazione assuma una dimensione, se non collettiva, per lo meno potenzialmente aggregante, fa sì che la consapevolezza non sia sentita come gesto snobistico ma comunicabile e contagioso.

È con queste parole che ci uniamo alla giornata di mobilitazione nazionale del 13 febbraio di uomini e donne.



4 febbraio 2011



centro antiviolenza “Associazione Nondasola” Reggio Emilia

e-mail: info@nondasola.it

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