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13 febbraio - io NON aderisco e NON vado
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13 febbraio - io NON aderisco e NON vado
Il commento di Elisabetta Teghil
di
Redazione
Venerdi, 11/02/2011 - Rispetto alla manifestazione indetta per il 13 febbraio,il movimento
femminista si è diviso in tre filoni:
quelle che aderiscono all'appello e partecipano alla manifestazione;
quelle che non aderiscono all'appello e partecipano alla manifestazione;
quelle che non aderiscono all'appello e non partecipano alla manifestazione.
La strada migliore per cercare di capire perchè queste tre differenti
posizioni è quella di andare a leggere insieme l'appello.
Questo si rivolge indistintamente a tutte le italiane, o,più precisamente, a
quelle che dovrebbero indignarsi, contrapposte a quelle donne che, con i loro
comportamenti, susciterebbero questa indignazione.
La donna a cui si rivolge questo appello, accantonate le reprobe, viene
descritta come casa e cura,madre,moglie e figlia, con la tessera di qualche
partito, non importa quale, sindacalista, imprenditrice, volontaria.
Vengono assolutamente annullate le differenze politiche e i ruoli nella
società.
Le donne sarebbero tutte tese a concorrere a rendere "più civile", "più
ricca", e "accogliente" la società in cui viviamo. Si dà per scontato che la
società in cui siamo abbia queste caratteristiche e si tratta,quindi, soltanto
di migliorarle, con un errore di proiezione: le autrici della chiamata parlano
di quella porzione di società in cui hanno il privilegio di vivere.
Non a caso, parlano di una donna che "lavora fuori o dentro casa", parlando,
evidentemente,sempre, di loro stesse, perchè dimenticano che le donne che
lavorano e che hanno un lavoro degno di questo nome sono una minoranza e che
lavorano ,comunque,fuori E dentro casa.
La donna è vista come negli anni '50, nell'ambito della famiglia e, a seconda
dell'età, con ruoli diversi.
Ed è data per scontata sia la famiglia che l'eterosessualità.
E le donne,sempre secondo l'appello, si comporterebbero in questo modo da 150
anni, da quando è stata costituita l'unità d'italia, la cui nascita viena
esplicitamente ricordata.
Una società basata sullo sfruttamento, sull'ingiustizia sociale, sulla
disperazione della grande maggioranza delle donne a fronte di una minoranza che
viveva e vive nell'agio, nel lusso e nello spreco: 150 anni di lotte,di
repressione ,di privilegi vengono tutti annullati.
Repubblichine e partigiane ,donne borghesi indifferenti a tutto e forti dei
loro privilegi, e donne sfruttate e avvilite ,avrebbero tutte concorso ,secondo
questa lettura, in un ruolo indistintamente femminile, alla costruzione di
questa società.
Ma all'oltraggio, per quelle che hanno lottato e hanno pagato, di vedersi
equiparare a chi le ha perseguitate e oppresse, si aggiunge l'esaltazione di
una presunta e mai vista nazione democratica.
Finora l'appello si fonda su tre concetti guida: la donna vestale della
famiglia, le famiglie centro della vita sociale, la nazione patria, momento
unificante per tutte.
Ne deriva l'esaltazione di una società finora basata sulla "convivenza civile
e sociale" che i comportamenti dell'attuale presidente del consiglio starebbero
minando.
Cito letteralmente ".....questa mentalità ed i comportamenti che ne derivano,
stanno inquinando la convivenza sociale in cui dovrebbe rispecchiarsi la
coscienza civile,etica e religiosa."
Adesso il cerchio è chiuso, a patria e famiglia hanno aggiunto anche dio.
E qual'è l'invito finale, quello che dovrebbe risolvere il tutto? l'invito
agli uomini a cambiare atteggiamento.
Ma che peccato! ci potevamo pensare prima e avremmo già risolto i problemi.
Non ci sarebbe stato bisogno neanche del femminismo.
Tutte sono libere di regolarsi come preferiscono,di aderire e di andarci,di
non aderire e andarci lo stesso,
ma io NON aderisco e NON vado perchè la manifestazione del 13 febbraio è una
manifestazione reazionaria con accenti sanfedisti ed è contro le donne.
E alla parola d'ordine lanciata dalle promotrici della manifestazione "Se non
ora,quando?", noi rispondiamo
365 giorni all'anno, sempre dalla parte delle donne.
Elisabetta Teghil
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