Legge Merlin, conversazione con Viola Buzzi - Parla l’ideatrice dell’Evento in tre atti intorno al mestiere più antico del mondo: il cliente
Ribet Elena Lunedi, 04/05/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2009
Viola Buzzi è artista a tutto tondo. Dall’Accademia di belle arti al teatro canzone, agli studi di chitarra, organetto e canto, trova la sintesi espressiva in un “percorso che spazia dalla creazione artistica alla progettazione di eventi culturali di rilievo regionale e nazionale in cui si fondono comunicazione, giornalismo, musica e linguaggio teatrale”. Autrice, interprete, progettista, tra le sue collaborazioni quelle con Ascanio Celestini, Riccardo Tesi e Giorgio Gaber.
Qual è il significato di ‘memoria’ e ‘memoria femminile’?
Mi sembra che la tendenza un po’ rischiosa sia di considerare una memoria di serie A, che bene o male ha messo tutti d’accordo, inconfutabile per mille motivi, passata al candeggio e talmente bianca e ‘santa’ che non dà più fastidio. Poi c’è la memoria di serie B, tutto ciò che ancora è spinoso, urticante, non risolto, magari che serve davvero per il vivere presente, più nascosto, più vicino. Credo molto nella trasmissione della memoria attraverso esperienze ‘orali’, non solo di chi come una volta stava sul campo, ma anche di chi studia, guarda, racconta. Mi piacerebbe confrontarmi con tante ‘memorie’ funzionali alla nostra vita. Un significato concreto, la memoria, potrebbe averlo se messa sotto esercitazione costante, per immagini, come ad esempio associare che la distruzione del terremoto è paragonabile solo alla guerra. O che le prostitute dell’est sono la fotografia delle nostre nonne. Proprio dalla fatica che ho provato e che vivo, la memoria femminile è, per me, ricordarsi che abbiamo saputo fare grandissime battaglie e rivoluzioni, in solitudine, o tutte insieme, e senza organizzazioni, autorizzazioni, consensi, condizioni di nessun tipo, magari dal niente. Bisognerebbe praticare la ‘scomodità’ di certi ricordi del fare, urgentemente, ma trovando parole e forme nuove per arrivare ai più giovani, che sono diffidenti, non vengono abituati al ‘valore di un ricordo’.
Il percorso dei 100 uomini è stato da te definito un percorso fisico e ideale; perché?
In senso fisico, a partire dalla costruzione dell’evento. Quando siam partiti c’eravamo solo noi, io e qualche strettissimo amico-collaboratore, con idee, molta passione e diverse specificità. C’era la fiducia dell’Assessorato alla cultura della Regione Lazio, basata su una volontà condivisa di muoversi su questo argomento della legge Merlin. Ma dovevamo cercare tutto: condizioni, persone disposte a crederci e a metterci la faccia, risorse... Un sacco di strade macinate in tutte le direzioni. È stato il percorso fisico fatto dai 100 uomini nell’happening. Insomma, le cose vanno raggiunte a piedi, e si fatica tantissimo perché ci vuole il tempo necessario. Così il percorso diventa, piano e con pazienza, anche ideale. Di solito si ragiona al contrario, prima l’ideale… Lina Merlin ci ricorda che le idee viaggiano con i piedi di chi le porta.
I 100 uomini si sono messi in viaggio, dal portone in cui aspettavano la prostituta 50 anni fa, verso un'altra destinazione (che si capisce guardando il video). Non si può credere che quel viaggio fisico sia bypassabile, in ogni cosa da fare. E anche ogni pensiero che vuole arrivare all’esterno, deve trovare il modo. Se non avessimo messo in moto una macchina concreta di contatti, non ci sarebbe stato quel risultato, ideale, condiviso.
Come possono i sogni ricondurci a integrità morale e fisica?
Ci sono uomini, donne, artisti, che non si sono mai mossi dalla propria regione, o Paese. Eppure hanno vissuto pienamente e lasciato capolavori di immaginazione e viaggio. Ci sono uomini e donne che si capovolgono in un movimento che non porta a niente. L’arte, la memoria, la storia, i sogni…non dovrebbero essere dei dogmi, che siccome qualcuno ha già garantito per loro tu sei costretto a prenderteli così, formato maxi tutto incluso. Bisogna cercare anche i propri sogni, che possono essere strumenti concreti per attraversare, sopportare, volgere il dolore a nostro vantaggio. Un corpo traviato, umiliato, ferito, picchiato, trascurato, non è un luogo in cui sia facile coltivare un sogno. Un’altra operazione è quella di scoprire quali sogni vanno bene per noi – non quelli di consumo, prefabbricati, più sicuri apparentemente – e l’immaginazione è l’unico modo, alla portata di tutti, per coltivarli. Anche senza grandi mezzi. L’arte può fare molto per nutrire l’immaginazione. Per questo è ‘pericolosa’, può aiutare a rendere autonomi. A fornire strumenti, anche ai poveri o ai disintegrati.
Quali sono state le difficoltà e le soddisfazioni nella ricerca dei 100 “clienti”?
Era il periodo in cui si parlava del ddl Carfagna sulla prostituzione e dei decreti sicurezza. La cosa che più volevo era portare tanti uomini “non clienti” a rappresentare i ‘Clienti’ prima che per qualche strano accadimento i ‘clienti veri’ si facessero vivi magari in qualche comitato organizzato, reclamando diritti assurdi… Tutto è possibile.
Le difficoltà sono state quelle di spiegare cosa andavamo a fare. Malgrado le spiccate sensibilità dei partecipanti, mettersi in gioco, che in questo caso equivaleva a metterci la faccia, non è mai semplice. Alla fine questi 100 uomini, attivati attraverso tante reti, grazie al lavoro interpersonale di amici ed esperti, sono venuti, hanno partecipato con entusiasmo e tutti, credo e spero, si sono sentiti liberati proprio, finalmente, dal “fare”. Io credo che, in generale, bisognerebbe immaginare di poter fare anche cose che stanno fuori di noi.
Quali possono essere secondo te gli argomenti chiave per far sì che ‘clienti’ si mettano in discussione?
I clienti non sono un’entità astratta. Sono gli uomini con cui abbiamo a che fare sempre. Penso che ci sia una responsabilità culturale, intima, dei due generi. Ma penso che gli ‘argomenti’ chiave non possano essere individuali, o di genere. Non si può pretendere che un individuo risolva da solo un problema che viene dalla collettività, dall’educazione familiare e sociale. Allora i temi dell’amore, del sesso, dei sentimenti, devono essere, come quelli della salute e della sicurezza, di serio e profondo interesse collettivo. Sennò è come educare un bambino nella violenza, sperando che da grande venga un brav’uomo e poi chiedersi su cosa puntare per farlo ragionare quando spara e stupra. Un argomento secondo me è che non esistono ‘spazi in cui sentirsi utili’. A me sembra paradossale che uno che vuole esprimere un meglio, di sé, senza fare il volontario di professione o per hobby, può non riuscirci. Ci vuole una catastrofe, come il terremoto, magari diventare ‘cliente’ per farti scattare un po’ di compassione e solidarietà per la tua vittima. Il sentirsi utili è una necessità imprescindibile della vita; se questa possibilità non viene data, esercitata, riconosciuta, il mondo si dividerà in chi naturalmente ce la fa e in chi sublimerà per altre vie. Certo, la ricerca spasmodica della felicità intesa come patina d’oro, agio, denaro, slitta sui mali del mondo, sembra una specie di piaga d’Egitto. Spesso è entrando in contatto col dolore degli altri, con le tragedie, o anche solo con le difficoltà, che si riesce a far leva su se stessi, mettersi in discussione.
Dal punto di vista umano e artistico, quanto è importante la tua “vocazione a combattere il dolore”?
Io credo, soprattutto, nella capacità tutta femminile di attraversare il dolore, fino all’ultima stilla. Questo volerci stare, dentro al dolore, nel senso di non sottrarsi, non sfuggirgli, ci rende straordinariamente forti, senza saperlo. Che sia un valore e che vada raccontato, per contrastare questa immagine di donna che si concia, racconta cose, sentimenti emozioni sempre in modalità maschile. Mi auguro che in situazioni veramente estreme le donne riescano certo a liberarsi di una sofferenza o di una violenza, ma soprattutto a “immaginare” una rottura con ciò che fa male, che non è detto sia qualcuno o qualche situazione, ma qualcosa che hanno dentro. Che trovino il coraggio e l’energia per discuterlo, e se hanno la forza, per modificarlo. E avvicinarsi ad altre donne può essere molto importante per riuscirci. Credo che la facilità con cui oggi si mollano sentimenti, relazioni etc. sia il contraltare dell’eccessivo ‘subire’. Forse bisognerebbe ribellarsi a questi due estremi. Da un punto di vista umano, volendo utilizzare la metafora della ‘vocazione’, la mia è quella di ‘combattere l’ingiustizia’, la prevaricazione. Assolutamente determinante in ogni scelta di progetto artistico e culturale. Sì, credo che l’ingiustizia sia la mia antenna, il mio “oriente”.
Per info e contatti: www.violabuzzi.com email: passaggio19@gmail.com
100 uomini al giorno - a 50 anni dalla legge Merlin
Siamo partiti da Concerto d’amore. Dalla “traviata”, Violetta, e da altre illustri “traviate” accomunate dal nome viola. Poi abbiamo ascoltato altre donne perdute, le italiane che 50 anni fa scrivevano alla senatrice Merlin l’inferno delle case chiuse. Poi mancava qualcuno… chi? mancavano gli uomini coinvolti in tutte ste storie e allora siamo approdati a 100 uomini al giorno - Evento in tre atti intorno al mestiere più antico del mondo: il cliente.
Documenti storici, canzoni, video, testimonianze, uno spettacolo all’Auditorium di Roma, l’happening dei 100 uomini nella capitale con tanto di cartello numerato. Presentato a novembre 2008 per il cinquantenario della legge Merlin, questo evento continua essere proposto, in versione ridotta, in diversi ambiti. I più recenti: una tappa della staffetta UDI contro la violenza e la lectio magistralis di Spirali di violenza presso l’Università Roma Tre. Viola Buzzi sta lavorando per allestirlo nuovamente in autunno.
Associazione iTusci
Fondata nel 1998 da Maria Vittoria Bosco e Viola Buzzi con artisti e artiste di diversa formazione, ha soci in tutta Italia. Lavora sulla riproposta didattica delle tradizioni italiane e locali della Tuscia con la produzione di eventi e spettacoli. In oltre un decennio di attività tra ricerca ed espressione, l’associazione ha a cuore culture e storia “per reinventare una qualità della vita migliore, che poggi sulla memoria del proprio passato e proietti la consapevolezza di sé nel futuro”. www.itusci.it
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