Ogni anno sono tra le 100mila e 200mila le donne costrette ad andare ad abortire all'estero a causa dell'obiezione di coscienza e delle procedure arbitrarie degli ospedali
Lunedi, 12/03/2018 - Dopo la schiacciante vittoria del partito “Diritto e Giustizia” (PiS) del 2015, la destra nazional-populista aveva subito messo in campo con un disegno di legge la revisione della legge 1993 sull’interruzione di gravidanza, che è tra le più restrittive tra quelle vigenti in Europa. Questa legge, considerata un compromesso al ribasso dalla gerarchia ecclesiastica polacca, riconosce il diritto d’abortire (sino alla 24ma settimana di gravidanza) alle donne che lo chiedono, ma solo in casi estremi: se la gravidanza è frutto di uno stupro o incesto, se il feto ha gravi malformazioni o se gravidanza e parto possono mettere in pericolo la vita e la salute della madre. In ogni caso, la donna ha bisogno di un certificato rilasciato da un pubblico ministero (caso 1) o dal medico (nei casi 2 e 3), che confermi il diritto all’aborto legale.
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