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Violenza come denominatore comune

Violenza come denominatore comune

Dalla Siria alla Germania le donne uccise e aggredite da uomini che amano la morte.

Martedi, 12/01/2016 - La frequenza e l’intensità del Male che colpisce in tutto il mondo sotto il nome di una presunta “fedeltà” religiosa non finirà mai di stupirci. I fatti delittuosi si susseguono con una rapidità che non consente nemmeno più un’adeguata elaborazione dei traumi. Dal pubblico omicidio per mano di un jihadista ventenne della propria madre accusata di apostasia in Siria –purtroppo crimine non isolato -, ai fatti di Colonia, Bielefeld e altre città, s’intuisce soltanto che il divario culturale tra mondo femminile e mondo maschile è ancora abissale. La donna considerata oggetto di proprietà non potrà mai essere riconosciuta e rispettata come persona. La lotta verso la vita, verso il rispetto della donna anche come portatrice di vita è ancora in corso. C’è un filo sottile che unisce la nostra cultura ad altre culture di morte nel rifiuto della donna. Sfogliando con attenzione un comune testo di Storia dell’Arte questo è evidente: dalla dea della fertilità con forme possenti al modello anoressico dei giorni nostri; la trasformazione dell’immagine femminile avvenuta attraverso i secoli ci suggerisce la scelta dal senso della vita a quello della morte. Esistono infatti rappresentazioni scultoree della donna fertile, come dea della vita e del suo contrario, come dea della morte.

In fondo c’è un filo comune tra la donna intesa come “passaggio di vita”, cioè momentanea portatrice di vita, e la donna modello “anoressico” della nostra cultura. In entrambi i casi, anche se per ragioni differenti, la vita è malvista. Kamel Daoud, scrittore algerino, afferma che “la donna essendo donatrice di vita – la vita per loro è una perdita di tempo- la donna finisce per essere assimilata a una perdita dell’anima”. Questo spiega perché proprio la donna sia velata, rinchiusa, posseduta, negata, uccisa. “Il corpo della donna è il luogo pubblico della cultura: appartiene a tutti, ma non a lei”. Un passaggio alla vita, che la escluderebbe da qualsiasi forma vitale propria, impedendole qualsiasi identità in grado di sentire, volere, pensare e agire. Per questo il suo corpo è il luogo in cui tutti s’incontrano escludendola. Daoud afferma che l’Occidente è così visto come il corpo della donna. Ciò che da noi è un valore fondamentale per la loro cultura diventa luogo di degrado. “Nel mondo di Allah il sesso rappresenta la miseria più grande, al punto di dare vita a un porno-islamismo a cui i predicatori ricorrono per reclutare i propri “fedeli”, evocando un paradiso che più che a una ricompensa per credenti somiglia a un bordello….”

Nonostante tutto si dovrebbero aprire gli occhi insieme alle porte tentando di modificare le categorie culturali con una responsabilità molto più attenta al senso profondo dell’integrazione, altrimenti l’unica alternativa resterà la guerra.

Nel nostro Paese il rispetto della donna è segnato da un lungo percorso di conquiste anche non troppo lontane nel tempo. Il delitto d’onore, per esempio, residuo del Codice Rocco, venne abrogato soltanto nel 1981!

Nonostante tutto, nel profondo dell’animo maschile il delitto d’onore non è stato ancora del tutto cancellato, perché il senso di proprietà rispetto alla figura femminile è ancora fonte di efferata violenza.

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