Martedi, 04/02/2020 - Il destino del nostro Paese è legato anche alla Rai alla quale è affidato il servizio pubblico radio televisivo e digitale, perché, come precisò la Corte Costituzionale nel 1993, i principi fondanti dello Stato "esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale" (sentenza n. 112 del 1993).
Le dichiarazioni sessiste e le scelte preannunciate nella conferenza stampa tenuta dal direttore artistico e conduttore del Festival di Sanremo 2020 risultano in contrasto con il Contratto di Servizio Pubblico tra Rai e Ministero dello Sviluppo Economico e hanno provocato migliaia di reazioni da parte di singole persone, associazioni, in particolare provenienti dal mondo femminile, nonché da istituzioni e loro rappresentanti.
E’ mancata una risposta adeguata e non risultano modifiche al programma né è stato escluso dalla gara l’autore di canzoni violente; hanno aggiunto sconcerto i tentativi mal riusciti di scuse del direttore artistico e conduttore né quelle del trapper ed non c’è stata una presa di posizione precisa da parte dei dirigenti interpellati.
Anche questa volta non ha funzionato il complesso sistema di vigilanza e controllo del servizio pubblico, a partire dal ruolo della stessa RAI (in particolare della Direzione di RAIUNO) e tantomeno sono scattati i meccanismi che fanno capo innanzitutto al Governo (in particolare il MISE), al Parlamento (Commissione di vigilanza), all’apposita Autorità (AGCOM), e altri, per un totale addirittura di sedici organismi.
Se ne ricava l’assoluta necessità di modifica delle norme che regolano il servizio pubblico radiotelevisivo e digitale, per affrontare alla radice il rapporto patologico tra questo e la politica e arrivare a “una riforma improntata all’idea dell’indipendenza e del pluralismo”, come recita il programma dell’attuale Governo. Le idee ci sono: esistono vaste convergenze sulle proposte di Paolo Gentiloni, di Roberto Fico e su quella d’iniziativa popolare di Tana De Zulueta, avanzata da anni.
Se ci fosse la volontà politica, la riforma si potrebbe approvare in tempi rapidi e ci auguriamo che l’occasione per iniziare l’iter necessario sia offerta proprio dalle polemiche di questi giorni relative al Festival di Sanremo 2020 e la spinta possa arrivare dall’interno dell’Azienda, nel suo stesso interesse.
Con la presente petizione si chiede:
- che la riforma della RAI sia inserita nelle priorità che stanno per essere individuate nel cronoprogramma della maggioranza;
- che le proposte di riforma d’iniziativa parlamentare siano inserite tra quelle da esaminare nelle competenti Commissioni di Camera e Senato e si avviino le opportune audizioni;
- che la RAI partecipi al complesso iter della riforma con spirito collaborativo.
Donatella Martini DonneinQuota
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Rosanna Oliva de Concilis – Rete per la Parità
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