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Sandro Angelucci, completamente immersi nel miracolo

Sandro Angelucci, completamente immersi nel miracolo

L’uomo è nato per volare, per aspirare al cielo, all’azzurro, ha le ali proprio per questo e lo dice chiaramente il poeta nella prima parte che si intitola Icaro.

Domenica, 19/06/2016 - Sandro Angelucci, completamente immersi nel miracolo



Nella raccolta Si aggiungono voci (LietoColle, 2014), la poesia di Sandro Angelucci vive il dissidio dell’uomo dilaniato tra terra e cielo, ma senza drammaticità. L’uomo è nato per volare, per aspirare al cielo, all’azzurro, ha le ali proprio per questo e lo dice chiaramente il poeta nella prima parte che si intitola Icaro. Leggiamo a tal proposito la lirica Saranno i voli: qui l’uomo di oggi abbrutito, schizofrenico, impaziente, distratto, inebedito (Abiezione, p. 15), schiacciato dal ritmo frenetico della vita moderna (Che importanza può avere / il frastuono dell’auto / che mi passa vicino rombando / e si perde oltre la curva, Molestie, p. 21), non può fare a meno di innalzarsi da terra verso i rami, di aspirare al volo, ne sente il richiamo. Pensiamo ai versi di Charles Baudelaire nella poesia intitolata Élévation (Elevazione, pp. 33-34 in Charles Baudelaire, Les fleurs du mal, Mursia, 1980): Sopra gli stagni e i fiumi e sopra le vallate, / I boschi e le montagne e le nuvole e i mari, / Di là dl sole, oltre gli strati rari / Dell’aria, oltre i confini delle sfere stellate, / Spirito mio ti muovi, tu, con agilità (…). Così si muove Angelucci, con agilità nella rarefazione del cielo.

Il tema del volo - legato a quello del cielo - è fondamentale in questa raccolta: nei miti e nei sogni, il volo esprime un desiderio di sublimazione, di ricerca di un’armonia interiore, di un superamento dei conflitti, ma poi nessuna angoscia se non si riesce a realizzare il volo, nessun senso di colpa, nessun incubo di cadere: ecco allora ali a valanga, un’ala accanto all’altra, ecc. Per Angelucci l’immagine del volo non è un sostituto irreale dell’azione che occorrerebbe fare, la volontà di affermare la propria potenza del cielo non compensa un sentimento d’impotenza sulla terra. Il volo non è fuga da se stessi ma diventa la metafora della vita: non un vita rettilinea, comoda e sicura, ma una vita che conosce le cadute, le risalite che conosce picchiare, risalire / e poi planare. / E poi picchiare ancora / ancora risalire, fino a sera… Senza arrendersi…Insomma Sisifo, che è condannato a portare il suo fardello ogni volta fin su, in cima alla montagna (un passo che arranca in salita / da sempre, Il mio passo, p. 81) ben sapendo che quel masso rotolerà giù…e che dovrà ogni volta ricominciare da capo. È la fatica di vivere che mai demorde, ma l’uomo aspira alla felicità e non rinuncia al futuro (Saranno voli, Icaro). Il tema del volo trova il suo culmine nella lirica intitolata Le ragioni del volo (p. 51): Vola / per almeno due motivi. / Ho detto almeno / ma ci sono altre / innumerevoli ragioni. / Farne l’elenco / sarebbe come / togliere tutti i petali / da un fiore, / privare della polverina / quelle ali. / Perciò sarò discreto. / Dirò soltanto / che è perché si ama / e perché vi ama, / lasciandovi la libertà / di credere al suo volo.

Questa eterna aspirazione al cielo e questo contemporaneo richiamo verso il basso, questo dissidio, oltre a non essere vissuto tragicamente, è invece caratterizzato da speranza: l’uccello non finisce di cantare perché la natura sa, conosce il mistero del volo, della vita e della libertà. Nel serrato dialogo con il merlo (Merlo infinito) il poeta si confessa: La vita che tu vivi non inganna / Quella che vivo io m’ insospettisce: bellissimo verso che ci dice che non può esserci verità se l’uomo si allontana dalla natura, anzi il Poeta ha un rapporto strettissimo con la natura, sensuale e carnale, con i suoi abitanti, merli, rondini, insetti, fringuelli, gatti, api, gazze, e anche con montagne, cespugli, foglie, aiuole.

Il Poeta si muove in un continuo andare e tornare da se stesso e alla natura: si legga la bella poesia di pagina 62 intitolata All’albero del mio giardino dove il Poeta è in profonda simbiosi coll’albero oppure quella di pagina 35 dal titolo Ai bordi della strada. Angelucci osserva l’erba che cresce ai bordi della strada e considera che ha le ore contate perché presto sarà calpestata dal suo piede. Poi addirittura parla con l’erba e nello stesso tempo riflette che anche lui ha le ore contate, tutti noi le abbiamo: nasce così la meditazione sul destino umano, nell’eterno alternarsi della nascita e della morte, in fondo c’è sempre la luce. Anzi uno dei temi della raccolta è proprio l’eterno alternarsi di ritorni che sembrano partenze (L’inventario), di tutto che si perde e si ritrova (La spada e la ferita), di ogni cosa che ripete la sua nascita: questo eterno senso ciclico della vita e del tempo fa sì che buio e luce o chiarore si alternino (Per un solo raggio di sole), sole e ombra o tramonto o sera (Adesso non si parla e non si tace). La vita è un ciclo ininterrotto - tutto rinasce - e questa consapevolezza è pacata nel poeta e non genera alcuna forma di pessimismo: Chissà cosa si prova, / senza saperlo / ad essere capaci / di ricreare il mondo (L’inventario). Alla natura il compito di essere eterna, di sopravvivere sempre e comunque, all’uomo quello di vivere la propria morte fino in fondo: La morte non ci salva, ci sfinisce / eppure non c’ è tempo / a noi concesso / che interminabile / con il suo possa misurarsi. (Illusione, p. 66).

; Chi avrà piantato / questo piccolo noceto? / E sopravvivrà / mi chiedo, ad una sola / delle morti / di tutte quelle bocche / che mai si sono chiuse, / mai hanno serrato i denti sulla mollica / di un pane meno duro? (Il noceto, p. 45).

Una metafora importante è quella del sole: Sapevo che sarebbe uscito il Sole, Adesso non si parla e non si tace, p. 26; Soltanto quando il Sole / supererà la cima / della magnolia…saremo in primavera, Un giorno in meno conta la tua vita, p. 29; Non conosco le voci / ma salutano il Sole questi canti / mattutini, Attimi di paura, p. 31); E solo quando lo ignori / davvero ti scalda, davvero è il tuo Sole, p. 4. Angelucci cede alla seduzione del binomio sole-cielo ben sapendo di avere le radici ben radicate nella terra: Senza meta, / un passo dietro l’altro, / un altro ancora, / tra cespi di primule e viole. / Dialogare / ecco che vorrei, / dialogare come fanno i fiori: / un sussurro alla terra / ed uno al Sole, / un bacio alle radici / ed un altro alle radici / e un altro al cielo (….) (Un sussurro alla terra ed uno al sole, p. 54). Anche qui vengono in mente i versi di Charles Baudelaire dedicati al sole: (…) E l’almo sole intanto, nemico alle clorosi, / Sveglia nei campi i vermi come sveglia le rose; / Fa evaporar le pene verso l’azzurro cielo, / Riempie gli alveari e i cervelli di miele. / Ringiovanisce i zoppi con le loro stampelle, / Li fa sereni e allegri a modo di fanciulle, / E comanda alle messi di crescere e inverdire / Dentro il cuore immortale, che vuol sempre fiorire! (Le soleil, Il sole, p. 199 in Charles Baudelaire, Les fleurs du mal, Mursia, 1980). Potenza del sole! Influenza benefica dei suoi raggi! Raggi che figurano le influenze celesti o spirituali ricevute dalla terra. Per molte popolazioni il sole è una manifestazione della divinità; è la fonte della luce, del calore, della vita fino ad arrivare al fratello Sole di San Francesco (p. 65), tutti temi esaltati in questa raccolta.

La seconda parte s’intitola Il grande respiro o soffio o vento proprio nella lirica che apre la sezione e che s’intitola anch’essa Il grande respiro: L’inchino dell’erba piegata dal vento: / preghiera e bestemmia….Mi stringo al suo soffio…in piedi / di spalle all’altare del vento (…) (p. 57). Che cosa rappresenta il respiro? Ha il senso d’un principio di vita, di creatività: pensiamo al respiro, alla respirazione oppure allo spirito di Dio che cova sulle acque primordiali della Genesi. A quale abbaglio devono prepararsi gli occhi del Poeta? A quello del sole o a quello divino, entrambi principio e fine? C’è molta religiosità in questa raccolta che ne è totalmente pervasa: Il vento mi parla mentre cammino (…) E questo vento che parla, e Dio, e Caino? / Non mi occorre nient’altro: / la parola, l’eterno suo dire, / per conto mio (Per conto mio, p. 87).

Per concludere: quali sono le voci che si aggiungono di cui parla il titolo della silloge? Quelle ancora una volta della natura, del gallo che pure è anch’esso cercato dalla luce, dal Sole, quelle delle tortore, dei passeri, dei girasoli, alle quali si aggiunge la voce di Angelucci. Alla figura del poeta e alla poesia sono dedicate due belle poesie: Come un primitivo (Il poeta) (p. 61) e Svelare è il rischio (p. 77). Angelucci si identifica con la scrittura che lo trasporta in una dimensione diversa, per mezzo della poesia annulla il tempo e lo spazio per attingere al mistero. È da lì che giunge la poesia, un grumo di bellezza che si scioglie / per rendere più dolce / la bevanda, quel dissolvimento / quello sparire / per regalare ancora una speranza (…) (Sul fondo del bicchiere, p. 88).



Fausta Genziana Le Piane

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