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L'anima adamantina degli angeli vaga nella diagonale azzurra del cielo

L'anima adamantina degli angeli vaga nella diagonale azzurra del cielo

Una pacata riflessione sulla morte, quella dei figli morti precocemente, prima dei genitori.

Martedi, 17/05/2016 - L’anima adamantina degli angeli vaga nella diagonale azzurra del cielo



Questa delicata lirica di Anita Tiziana Laura Napolitano, intitolata Sono angeli, è una pacata rifles-sione, una distaccata meditazione sulla morte: la morte dei figli che precede quella dei padri.



Sono Angeli



C’ è scritto lassù in un cunicolo del cielo

“I figli che presto lasciano i propri genitori

fanno dei gravi torti ai padri”

Anche Priamo ne fa parola

ad Achille -dice: Ritieniti fortunato

è legge comune, ma non consolatoria,

vedere morire il proprio padre

Innaturale è chi, come me resta e nella stagione

ultima vede morire il proprio figlio.

Non c’ è fortuna in tutto questo

non disturbare il sonno dei morti,

non farti divorare dal tarlo dei rimorsi,

in quel cielo disadorno di nubi

hanno compiti assai più alti da eseguire

Non compiangerli, il lamento ferisce

vivi di speranza, ci sarà

un giorno in cui li rincontrerai,

lì nei campi Elisi dove

il grano dorato regna imperituro

e le rondini di mezza primavera

fitte, fitte disegnano cerchi concentrici.

Non tormentarli con il pianto

è la pace che cercano,

quello che per noi fu squarcio

fu approdo per loro

quello che per noi fu crudeltà

fu volo per loro.

Non disturbarli, le lacrime terrene offendono,

ci ascoltano e sentono pulsare il petto.

Se chiudi gli occhi ti sfiorano le mani e sentirai

il legame dell’ abbraccio.

Novello Ulisse, coraggioso e prode

non c’ era sul tuo volto il segno di troppe stagioni

impavido hai deciso di continuare il tuo viaggio

a vele spiegate nel mare quieto

e splendente dell’ amore.

Nessuna morte ti strappò alla vita,

nessuna vela fu strappata all’albero maestro,

nessuno completamente muore

finché vive nel cuore di chi resta.

Ehi dico a te sssssssssssssssssss!!! Lascialo andare,

lasciali andare, sono angeli e le loro anime adamantine

vagano nella diagonale azzurra del cielo

tra bianchi anemoni per salvarci.



È Priamo che parla e si rivolge ad Achille. Tutto il monologo si base sul bilanciamento di alcune me-tafore. Nel parlare della morte, quella dei giovani sarà definita innaturale, quella dei padri comune; e ancora, per chi rimane c’è il pianto, il dolore, ma per chi se n’è andato giovane c’è la pace; per noi, c’è lo squarcio, per loro l’approdo; per noi crudeltà, per loro volo; per chi rimane c’è il lamento, per chi se n’è andato la speranza. La serie di esortazioni che Priamo rivolge ad Achille confluisce in un’unica immagine, quella dei Campi Elisi della mitologia greco-romana, luogo dove chi muore giovane trova la pace e il benessere e dove si realizzerà l’incontro con chi amano e da cui sono amati. Antitesi dell’inferno, è il simbolo del Paradiso al quale i giusti accedono dopo la morte. Fino all’esortazione finale, quella di non disperarsi e di lasciare andare i figli morti perché sono angeli e le loro anime adamantine vagano nella diagonale azzurra del cielo.

È interessante l’ultima immagine, quella degli anemoni bianchi che riassume tutto il senso della lirica.

In primo luogo, il colore bianco simbolizza la luce stessa, luce nella quale sono immersi questi angeli: gli Antichi, infatti, ne facevano l’emblema della divinità. Nelle Georgiche, il grande poeta latino Virgilio descrive il dio Pan bianco come la neve. Pan significa tutto. Era il principio della vita. Il bianco indicai luoghi alti da dove proviene la luce. Nell’immaginario medievale, Dio, gli angeli, il Cristo sono vestiti di bianco. La luce è inoltre associata alla purezza, alla santità, alla saggezza e alla conoscenza. Ma, come ci insegna l’immagine Yin-Yang, il significato dei simboli è ambiguo. Ogni affermazione rinvia al suo contrario. Ecco allora che il bianco suggerisce anche l’assenza di vita. Le alte cime innevate e deserte appartengono anche al regno dei morti: il bianco è segno di lutto e ben si addice, il suo significato, alla tematica della poesia.

In secondo luogo, l’anemone è legato alla morte. Narra una leggenda che Anemone fosse una ninfa della corte di Flora. Un giorno Zeffiro e Borea s'innamorarono di lei, ma Flora indispettita decise di punirla tramutandola in fiore. La condanna peggiore fu che era destinato a schiudersi precocemente e subire i venti di tramontana Borea ancora freddi, che spargono nell'aria i suoi petali, così che all'arrivo del venticello primaverile Zefiro il fiore fosse già avvizzito. Un'altra leggenda narrata da Ovidio, dice che Adone ucciso da un cinghiale, veniva pianto da Venere che l'amava. Venere versò una sostanza magica sul sangue dell'amato da cui nacque un fiore, l'anemone. Il suo legame coi venti è testimoniato anche dall'origine del nome ànemos, dal greco vento. Un vento forte forse e terribile ha strappato queste giovani anime dalle braccia dei loro padri? Gli egizi ponevano ciotole fiorite di anemoni all'interno delle piramidi mentre gli etruschi li coltivavano intorno alle tombe.

I versi della poesia ruotano intorno al tema della morte precoce, prematura, ingrata e tutto – metafore e lessico - traduce questo sentimento.



Fausta Genziana Le Piane

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