Login Registrati
La lingua batte dove il dente duole

La lingua batte dove il dente duole

La rete GIULIA delle giornaliste autonome ha presentato la guida al rispetto dell’identità di genere per i giornalisti

Domenica, 13/07/2014 -
“Preferisce che la chiami Ministra o Ministro?”, aveva chiesto, forse provocatoriamente, Daria Bignardi a Maria Elena Boschi a pochi giorni dalla nomina alle Riforme. “Preferisco Ministro”, aveva risposto cordialmente Boschi, che decideva così di collocarsi tra i tanti che credono che il termine Ministra non sia corretto o, forse peggio, tra coloro che credono che una carica declinata al femminile diventi automaticamente meno importante e autorevole. Ad affermare con forza l’esatto contrario ci hanno pensato le giornaliste di GIULIA - GIornaliste Unite LIbere Autonome - che hanno affidato a Cecilia Robustelli, illustre docente di linguistica all’Università di Modena, la scrittura della guida “Donne, grammatica e media”, presentata alla Camera venerdì scorso, e curata da Maria Teresa Manuelli, una giornalista delle rete.



E se è vero, come ha sottolineato la Presidente Boldrini, intervenuta a dare un saluto durante l’evento, che “molti uomini percepiscono le donne che rivestono cariche importanti come delle comete passeggere”, quegli stessi uomini, e soprattutto quelli che di mestiere fanno i giornalisti e i direttori di testate, possiedono adesso uno strumento in più e un alibi in meno. Scrivere in un articolo i termini ‘avvocata’, ‘medica’, ‘chirurga’, ‘assessora’, ‘ministra’ e via dicendo, non solo è corretto da un punto di vista grammaticale, come afferma la Presidente onoraria dell’Accademia della Crusca Nicoletta Maraschio che ha collaborato alla guida, ma si attesta come l’unico modo per rispettare l’identità di genere dei soggetti di cui si scrive, tenendo così conto delle differenze.



“Con questa guida abbiamo cercato di fornire delle soluzioni ai giornalisti e alle giornaliste, tenendo conto della leggibilità dei testi, della necessità di tenersi entro limiti predefiniti di battute e delle peculiarità del linguaggio istituzionale che, come sappiamo, ha le sue regole”, ha spiegato Robustelli durante la presentazione. E la Professoressa ed economista Fiorella Kostoris ha ricordato come la lingua debba essere specchio della realtà e dei suoi cambiamenti. E dato che in questi ultimi anni molte donne sono entrate in Parlamento, nelle amministrazioni, nei CdA e in varie posizioni di potere, non è più ammissibile che ci si esprima, nei media in primis, con delle forme linguistiche che non seguono e riflettono i mutamenti in atto.



Non è la prima volta che si prova a dare delle istruzioni per un uso non sessista della lingua italiana. Nel 1987 la grande Alma Sabatini aveva stilato delle linee guida che contenevano spunti preziosi e avanguardisti. Trovò resistenze enormi e le sue intuizioni restarono pressoché lettera morta nei fatti, pur marcando in maniera indelebile la riflessione sulla lingua. A ricordare il suo contributo, Sergio Lepri (nella foto), novantaseienne ex direttore dell’ANSA, presente all’incontro, felice per la pubblicazione di questa guida. Una vittoria che è anche un po’ sua: è stato lui il primo, negli anni ’80, a chiamare ‘la Presidente’ Nilde Iotti, finendo per conquistare con quel femminile la stessa Iotti, all’inizio contraria a quella sottolineatura di genere.



Questa guida dunque “certifica” ancora una volta l’importanza della lingua nel cambiamento culturale necessario, in Italia più che altrove, su cui insistere senza indugi a partire proprio dalle scelte grammaticali negli articoli e nei servizi radio-televisivi. Un’attenzione alla forma che si spera venga accompagnata da quella alla sostanza. È dannoso credere che una corretta rappresentazione delle donne nell’informazione passi solo dall’uso del femminile per le cariche. Numerosi sono i fattori che determinano un’informazione attenta al genere: la scelta dei punti di vista da narrare, degli esperti e delle esperte da intervistare, delle narrazioni della vita delle donne nei vari aspetti, evitando di insistere sui particolari più morbosi. A scatenare spesso campanelli d’allarme è la narrazione di vicende di violenza o di casi gravi come i femminicidi. Come ha ricordato la giornalista Luisa Betti in un recente articolo, troppo spesso su molte testate si fa un uso scellerato di parole e aggettivi, rendendosi complici di una cultura violenta e maschilista. Come se nemmeno per le donne assassinate, che hanno pagato con la vita il prezzo di relazioni di potere tra generi completamente in disequilibrio, si possano trovare parole in grado di liberarle, anche se in grave ritardo, da stereotipi e contrappesi usati a difesa dell’uomo che le ha uccise.



Il legame dunque tra informazione e differenze di genere è intricato e complesso e la guida di GIULIA è un passo importante che va nella giusta direzione, a cui, si spera verrà dato seguito. Come ha ricordato Alessandra Mancuso, portavoce della rete, l’attenzione alle differenze di genere è, da alcuni mesi, anche materia di studio e approfondimento nei corsi di aggiornamento per i giornalisti, proprio nell’ottica di unire attenzione per la forma e per la sostanza. E chissà che leggendo sui quotidiani o ascoltando in TV il termine Ministra riferito ad un’altra donna del Governo di cui fa parte, anche la Boschi cambi idea.

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®