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Elogio della fuga

Elogio della fuga

Perseguire un obiettivo che cambia continuamente e che non è mai raggiunto è forse l'unico rimedio all'abitudine, all'indifferenza, alla sazietà. È tipico della condizione umana ed è elogio della fuga, non per ind

Mercoledi, 16/04/2014 - “La mia casa è il mondo”



Elogio della fuga



Perseguire un obiettivo che cambia continuamente

e che non è mai raggiunto è forse l'unico rimedio

all'abitudine, all'indifferenza, alla sazietà.

È tipico della condizione umana ed è elogio della fuga,

non per indietreggiare ma per avanzare.



Henri Laborit, Elogio della fuga, 1976



Tempo addietro è apparsa sulle pagine dei quotidiani di tutto il mondo l’incredibile storia di Grigory Perelman, genio matematico russo, riuscito nell’impresa di risolvere uno dei problemi matematici più importanti della storia contemporanea, la congettura di Poincaré. Al genio russo è toccato il riconoscimento di un premio prontamente rifiutato. E’ così che Perelman ha trasformato il suo stato di indigenza in una scelta di vita, rimanendo a vivere, clochard fra i tanti, tra le fredde strade di San Pietroburgo. Un altro caso, questa volta letterario, è quello de La Légende de Saint Julien l’Hospitalier (1877), racconto di Gustave Flaubert in cui il protagonista Julien fugge, diventa mendicante e vive vicino alle rive di un fiume come traghettatore.

Quella di allontanarsi dal mondo è anche la scelta compiuta dal protagonista dell’ultimo romanzo di Francesco Dell’Apa, Fuggitivo per scelta, Città del Sole edizioni: Michele Dupont.

L’inizio del libro non lascia dubbi: si fa riferimento al freddo – gelida - di una panchina, che oltre tutto è di ferro (ancora senso di freddo), illuminata da una luce fioca e al letto di Michele decisamente duro. Si tratta, quindi, di una vita difficile che scopriamo subito è stata voluta dal protagonista, nell’animo un vero clochard, che ha lasciato ogni cosa per protesta nei confronti di una società estremamente ingiusta e diseguale (p. 12), vittima del materialismo, della brama di accumulare sempre di più (p. 12).

Michele si è dimesso da cittadino: è un sognatore, un idealista, un randagio, un diverso che vuole distinguersi anche nell’esteriorità e che ha scelto la solitudine. L’etimologia del termine clochard sottolinea bene il senso dello stile di vita scelto: deriva dall’argot (gergo) e significa “cielo”: il clochard è colui che vive e dorme fuori avendo il cielo per tetto.

Masnada infernale, dannati, umanità dolente, gente violenta, sbandati, gente miserabile, accozzaglia di anime perse, disgraziati ecc. così è definita di volta in volta questa massa di senza tetto alla quale talvolta Michele si unisce, ma che rifiuta anche. Quale è il vantaggio di vivere in questo modo, pur diplomati o laureati, incuranti di tutto? La libertà: Lui si sentiva privilegiato a non dovere rendere conto a nessuno delle sue azioni e di agire in piena libertà (p. 17 ; la liberazione da ogni responsabilità verso se stessi e verso gli altri (p. 25); l’invisibilità. Appassionato di filosofia, Michele è un accattone, un barbone che vive di espedienti, senza regole, rubando, dormendo di volta in volta in una grotta, in un tunnel di servizio abbandonato del metrò, in una parrocchia, in un bus, in un vecchio albergo ecc., ai margini tra violenza e umanità, agli estremi confini della nostra società tecnologica ed egoista (p. 138).

Nel suo vagabondare, Michele arriva in un monastero benedettino: qui è colpito splendore e dalla ricchezza dei libri. La bellezza straordinaria della Biblioteca che vi trova rappresenta la nostra riserva di sapere, come un tesoro disponibile. Il libro è il simbolo dell’universo: l’Universo è un immenso libro, scrive Mohyddin ibn-Arabi, poeta arabo-andaluso.

La lettura del libro spinge ad alcune riflessioni e pone anche degli interrogativi. L’apparenza inganna, non bisogna giudicare dall’apparenza: Michele emanava un odore sgradevole, i vestiti erano sporchi tanto che li avevano buttati in un contenitore in fretta e furia (p. 65); E’ un modo semplice per combattere l’apparenza. Nella società in cui viviamo, l’uomo mira solo al’apparenza e dimentica i veri valori della tradizione civile e religiosa. Apparire per i più è vivere. Apparenza e vita non possono convivere felicemente (p. 68). In realtà Michele è un intellettuale che ha insegnato filosofia estetica all’università, un appassionato della lettura…

Poi, che cos’è la libertà? Vorrei rispondere con le parole di Giorgio Gaber: la libertà non è star sopra un albero (…), non uno spazio libero, libertà è partecipazione.

Infine, si può fare a meno dell’amore? E dell’amicizia? Si può vivere senza fare niente?

Il libro contiene un tocco di magia, l’incontro di Michele con un gatto nero che rovista come lui: Si imbattè in un gatto nero ben pasciuto che rovistava in un cartoccio dove poco prima una gattara aveva portato del cibo (p. 18). Un alter ego del protagonista?



Fausta Genziana Le Piane

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