Lunedi, 11/06/2018 - Martedì 5 giugno è stato presentato a Roma, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Indice regionale sul maltrattamento all'infanzia, promosso CESVI, nell’ambito della campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi #LiberiTutti e in collaborazione con il Dipartimento delle Politiche della Famiglia.
Il rapporto, a cura di Giovanna Badalassi e di Federica Gentile (sì, proprio noi di Ladynomics), offre un’analisi territoriale del nostro paese valutando la vulnerabilità delle regioni italiane al maltrattamento dell'infanzia, sia in termini di fattori di rischio del contesto socio-economico che in termini di politiche e servizi territoriali impegnati nel contrastarlo.
Il fenomeno del maltrattamento all'infanzia è diffuso nella nostra società più di quanto immaginiamo. A fronte dei 100.000 minori vittime di maltrattamento seguiti dai servizi sociali dei Comuni vi è un’elevatissima percentuale di sommerso: secondo l’OMS per ogni caso seguito dai servizi ce ne sono 9 che non verranno mai conosciuti e assistiti. Il maltrattamento ai minori lascia poi dei segni profondi sulla psiche e sul corpo anche in età adulta (disturbi psichici, depressione, dipendenze, ecc).
Un calcolo a spanne del totale dei minori maltrattati e degli adulti che hanno vissuto nella loro infanzia questo tipo di violenza ci fa supporre che in Italia vivano 6 milioni di italiani che hanno o hanno avuto a che fare con questo fenomeno. Sono tante, troppe persone: una ferita della nostra società che, per poter essere affrontata con le dovute politiche e servizi, va conosciuta meglio nelle sue dimensioni e caratteristiche.
Da questa consapevolezza è nato l’indicatore regionale sul maltrattamento di CESVI.
Martedì, durante il convegno, ci siamo domandate se la coincidenza di presentare il rapporto nello stesso giorno nel quale si votava la Fiducia del nuovo Governo al Senato fosse un qualche segno del destino. Più che un segno, noi ci abbiamo trovato un senso: parlare di un argomento così doloroso e disperatamente umano proprio nei palazzi della politica più alta e nel momento della sua massima auto-celebrazione ci è parso un forte richiamo alla vita reale delle persone. Un giusto contrappeso al troppo frequente estraniamento della politica dai problemi reali della nostra società.
Intanto, come è costruito l’indice: partendo dalla classificazione internazionale dei fattori di rischio di maltrattamento ai minori dell’OMS abbiamo individuato 65 indicatori statistici regionali relativi sia alle criticità socioeconomiche del territorio (analisi dei bisogni potenziali), sia alle politiche e ai servizi messi in campo per affrontarle (analisi della risposta pubblica ai bisogni). Questi indicatori sono stati poi divisi tra indicatori relativi ai minori e agli adulti, quindi riclassificati secondo sei capacità ispirate alla teoria dello Sviluppo Umano di Amartya Sen (capacità di cura di sé e degli altri, di vivere una vita sana, una vita sicura, di lavorare, di acquisire conoscenza e sapere, di accedere alle risorse e ai servizi).
Attraverso una procedura di standardizzazione e di medie aritmetiche siamo poi arrivati a nuovi indicatori di sintesi che ci hanno consentito di confrontare:
i fattori di rischio e i servizi che riguardano i minori vulnerabili al maltrattamento,
i fattori di rischio e i servizi che riguardano gli adulti potenziali maltrattanti,
i fattori di rischio degli adulti potenziali maltrattanti rispetti ai fattori di rischio dei minori vulnerabili,
i servizi dedicati ai minori vulnerabili rispetti ai servizi dedicati agli adulti potenziali maltrattanti.
L’indicatore regionale complessivo ha infine sintetizzato tutti i fattori di rischio e i servizi sia per adulti che per i minori, con un’articolazione per capacità che ha restituito una fotografia dei vari territori rispetti ai loro punti di forza e di debolezza.
Quali sono i risultati emersi:
Anche rispetto al maltrattamento dei minori ritroviamo nel nostro paese quelle importanti disparità territoriali che già conosciamo in altri contesti di analisi socio-economica: il Nord Italia presenta le migliori condizioni per prevenire e contrastare questo fenomeno, grazie a più favorevoli condizioni di contesto di partenza e ad una maggiore capacità di reazione attraverso le proprie politiche e servizi territoriali. Le regioni con i migliori risultati in questo senso sono infatti l’Emilia Romagna, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige. Con delle punte di eccellenza differenti rispetto alle sei capacità analizzate: l’Emilia-Romagna è prima per quanto riguarda il sistema dei servizi dedicati alla capacità di cura e di lavorare; il Friuli-Venezia Giulia per la capacità di accedere alle risorse; il Trentino-Alto Adige per la capacità di acquisire conoscenza e sapere; la Valle D’Aosta per la capacità di vivere una vita sicura e la Liguria per la capacità di vivere una vita sana. Le regioni con le criticità più pronunciate sono invece la Campania, la Calabria, la Sicilia e la Puglia.
La mappatura territoriale che confronta i fattori di rischio con i servizi permette invece di individuare quattro categorie di regioni secondo la loro capacità dinamica di risposta, in termini di servizi e politiche, al contesto socio-economico con il quale si devono confrontare:
Tra le regioni “reattive” si posiziona la Sardegna (con alto livello di servizi, nonostante l’alta criticità del contesto) e le Marche.
Tra quelle “virtuose”, con una situazione di contesto e un’offerta di servizi al di sopra della media nazionale troviamo: Emilia Romagna, Veneto, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Toscana, Umbria.
Tra le regioni “stabili” si collocano il Trentino-Alto Adige e la Lombardia, regioni che, a fronte di criticità ambientali basse, rispondono con un sistema di servizi più basso della media nazionale.
Tra le regioni ad “alta criticità” troviamo i territori che combinano fattori di rischio particolarmente elevati con una scarsa capacità di risposta dei servizi. Troviamo qui la Campania, la Calabria, la Sicilia, la Puglia, la Basilicata, l’Abruzzo, il Molise, il Lazio.
Questi i principali risultati, ma, per chi ne avesse interesse, consigliamo di consultare il rapporto completo per il dettaglio dei vari sotto indicatori, che offrono ulteriori elementi di riflessione.
Quali riflessioni e conclusioni abbiamo maturato: L’obiettivo che CESVI si è posta per questo rapporto è stato quello di sensibilizzare i decisori politici e gli amministratori pubblici ad un maggiore e più consapevole impegno nel contrastare il fenomeno. Le conclusioni finali riflettono quindi sulla necessità di predisporre un sistema più accurato di rilevazione dei dati per quanto riguarda sia l’analisi di contesto che i servizi, nella consapevolezza di quanto i servizi siano indispensabili per prevenire/curare il maltrattamento ai minori e interrompere la trasmissione intergenerazionale intervenendo anche sulla prevenzione per gli adulti.
Ci vogliono quindi politiche specifiche per il maltrattamento ai minori, integrate, trasversali su più dimensioni e con un orizzonte temporale di medio-lungo termine. Se il fenomeno è fortemente intergenerazionale, infatti, anche le politiche predisposte per contrastarlo lo devono essere. Per tale motivo si auspica una legge quadro che metta a sistema le norme parziali attualmente vigenti, una maggiore attribuzione di risorse specifiche e un sistema informativo più accurato e preciso che permetta di utilizzare le risorse con maggiori criteri di efficacia ed efficienza.
E, dato che siamo su Ladynomics, vogliamo concludere con una delle raccomandazioni del rapporto che ci sta particolarmente a cuore, relativa alla necessità che la dimensione di genere venga presa nella sua specificità anche nel maltrattamento ai minori, sia nell’analisi dei dati che nelle politiche e nei servizi di prevenzione e di cura.
Occorre infatti ricordare che:
la violenza sulle donne e il maltrattamento sui bambini sono fenomeni drammaticamente correlati: se una donna su tre (33%) ha subìto violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, si stima che nel mondo siano circa 275 milioni i bambini/e esposti a situazioni di violenza domestica,
bambini e le bambine sono a rischio di diversi tipi di violenza a seconda dell’età, ed è nell’adolescenza che si verifica una sovrapposizione tra violenza contro le donne e violenza contro i bambini/e: le ragazze che hanno 15 o più anni, infatti, sono usualmente incluse da studi e ricerche nel novero delle donne vittime di violenza domestica, pur essendo ancora minori e quindi annoverabili anche nelle statistiche relative alla violenza contro i bambini/e,
le donne che sono state vittime di violenza durante l’infanzia, o che sono state testimoni di violenza familiare, possono essere inoltre più a rischio di violenza domestica nel futuro. Secondo la ricerca “Vite in Bilico”, in Italia il 64% delle donne vittime di abusi sessuali ha vissuto situazioni familiari ad alta conflittualità e il 48% ha assistito ad aggressioni verbali e offese verso un familiare. Articolo di Giovanna Badalassi pubblicato in Ladynomics
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