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A Firenze in mostra Marina Abramović: The Cleaner

A Firenze in mostra Marina Abramović: The Cleaner

A Palazzo Strozzi fino al 20 gennaio 2019 la prima ampia retrospettiva italiana dedicata a Marina Abramović, artista tra le più iconiche e controverse del panorama contemporaneo

Lunedi, 24/09/2018 - «Amo tantissimo l’Italia perché è come me. Gli italiani sono un popolo emotivo, passionale e drammatico, pieno di coraggio e di inventiva». Così, il 19 settembre 2018, nel corso dell’affollatissima conferenza stampa di presentazione di «The Cleaner», la prima grande mostra retrospettiva italiana dedicata a Marina Abramović, la carismatica artista serba ha descritto il suo profondo legame con il nostro Paese. L’esposizione, allestita a Firenze nelle sale di Palazzo Strozzi fino al 20 gennaio 2019, ripercorre cinquant’anni di attività di questa straordinaria pioniera della performance attraverso un centinaio di lavori, tra dipinti, video, fotografie, oggetti e progetti, realizzati dagli anni Sessanta fino a oggi (catalogo Marsilio).
Il titolo della mostra fa riferimento a un particolare momento creativo ed esistenziale dell’artista, quando «Come in una casa tieni solo quello che ti serve e fai pulizia del passato, della memoria, del destino». Ma ciò che rende davvero speciale l’esposizione, come ha sottolineato il curatore Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi, è di essere una mostra vivente. Ogni giorno, infatti, un gruppo di performer appositamente selezionati e formati da Lynsey Peisinger, stretta collaboratrice di Marina Abramović, ri-eseguono dal vivo alcune delle performance più famose dell’artista. Tra queste c’è l’ormai storicizzata (ma non meno perturbante) «Imponderabilia», realizzata per la prima volta nel 1977 a Bologna, dove Marina, con il suo compagno di allora, Ulay, completamente nudi, stavano in piedi, uno di fronte all’altra, all’ingresso della Galleria Comunale d’Arte, costringendo i visitatori che volevano entrare a passare tra loro. A Palazzo Strozzi, al centro della prima sala del Piano Nobile, è stato ricostruito lo stesso stretto passaggio, ma i visitatori possono scegliere se passare tra i corpi nudi dei due performer, oppure entrare lateralmente. «Ho fatto performance per tutta la vita – racconta l’artista – perché è una forma d’arte vivente, occorre essere presenti. In questi cinquant’anni ho reso la performance una forma d’arte riconosciuta, e questo credo sia il mio personale contributo».
Significativo è anche il fatto che, per la prima volta, la Fondazione Palazzo Strozzi dedica a un’artista donna una mostra intera, che coinvolge tutto l’edificio (oltre a due lavori esposti nel Museo dell’Opera del Duomo). Il percorso parte infatti dal cortile del palazzo rinascimentale, dove è esposto il leggendario furgone Citroën, utilizzato da Marina e Ulay quando vivevano on the road in simbiosi artistica e sentimentale. Si scende quindi negli spazi sotterranei della Strozzina, dove si vedono le prime opere e performance di Marina, quindi si sale al Piano Nobile, dove si snoda il resto del percorso, che si conclude con la celebre performance «The Artist is Present», eseguita nel 2010 al MoMa di New York. Durante tutta la durata dell’esposizione Marina Abramović è rimasta ogni giorno seduta per sette ore, immobile, a un tavolo, fissando negli occhi ciascun spettatore che decideva di sedersi davanti a lei. «La performance più difficile che ho fatto nella mia carriera – ha dichiarato l’artista – perché è durata tre mesi e perciò è diventata vita». Ma del resto è proprio questa l’intenzione di Marina Abramović, che da sempre sostiene che l’arte deve essere parte della vita, deve essere di tutti e che il pubblico e il perfomer realizzano l’opera insieme.
Sempre in occasione della conferenza stampa, Galansino ha annunciato che presto un’altra donna sarà protagonista assoluta di Palazzo Strozzi, nel 2019 infatti sarà la volta della pittrice delle avanguardie russe Natalia Goncharova (1881-1962). E a proposito della questione di genere, Marina Abramović ricorda di non aver incontrato particolari difficoltà nella sua carriera per il fatto di essere una donna, poi però ha aggiunto: «Negli anni Settanta in Italia c’erano molte artiste eccellenti, ma non avevano visibilità. Penso che questo dipendesse dall’educazione dei figli maschi, che in questo Paese sono considerati delle divinità. Le donne devono apparire fragili, ma in realtà sono loro le più forti. Non credo che l’arte abbia a che fare con il genere, c’è solo buona arte o cattiva arte».
Recentemente l’artista ha realizzato per l’azienda Illycaffè il Manifesto Arte dell’edizione 2018 della Barcolana, la regata più grande al mondo, che si terrà nel golfo di Trieste in ottobre. Il manifesto quest’estate ha scatenato un’accesa polemica, perché l’amministrazione locale non ha gradito il motto che l’accompagnava «We’re all in the same boat», considerandolo una presa di posizione contro l’azione del Governo italiano in materia di immigrazione. Tornando sull’accaduto durante la conferenza stampa, l’artista ha commentato: «Sono felice che un semplice poster abbia potuto sollevare tutte queste polemiche, significa che l’arte ha la capacità di far discutere. Certo la frase poteva essere interpretata in vari modi, ma io l’avevo intesa in senso ampio. Voglio lasciarvi con questa immagine: noi esseri umani siamo tutti insieme su questo piccolo pianeta blu sospeso nello spazio nero. Siamo tutti sulla stessa barca!».
E con lo stesso spirito indomito, Marina ha reagito all’aggressione subita pochi giorni dopo l’inaugurazione della mostra, domenica 23 settembre, quando nel cortile di Palazzo Strozzi un uomo le si è avvicinato e le ha sbattuto violentemente sulla testa un dipinto che ritraeva il suo volto, intrappolandola dentro la cornice. L’uomo è stato bloccato e ripresasi dallo shock Marina ha voluto incontrarlo per conoscere le ragioni del suo gesto. «L’ho dovuto fare per la mia arte» – ha farneticato lo sconosciuto – e Marina ha commentato «Per me è difficile capire. Con la violenza sugli altri non si fa arte. In passato mi sarei arrabbiata oggi invece provo compassione. La cosa più difficile è perdonare ma bisogna riuscire a farlo come dice il Dalai Lama». (Gallery in noidonne.org)
Per maggiori informazioni sulla mostra e gli orari delle performance: www.palazzostrozzi.org

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