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Una società in cerca di orientamento e speranza: il contributo delle donne evangeliche

Una società in cerca di orientamento e speranza: il contributo delle donne evangeliche

Il cristianesimo a la disparità tra uomini e donne. Intervista a Dora Bognandi in vista del XII Congresso FDEI (Federazione delle Donne Evangeliche in Italia)

Mercoledi, 27/03/2019 - “Giustizia di genere, diritti di tutte e di tutti. Il contributo delle donne in una società in cerca di orientamento e speranza” è il focus tematico del XII Congresso della FDEI, la Federazione delle Donne Evangeliche in Italia che è composta dai movimenti nazionali valdesi, metodisti, battisti, luterani, dell’esercito della salvezza, avventisti e riformati del Ticino. Dal 29 al 31 marzo l’organizzazione si incontra a Roma e, in vista dell’appuntamento, abbiamo intervistato Dora Bognandi, presidente uscente.

Presidente, lei è in carica dal 2015: sono stati anni impegnativi e con molti passaggi importanti…
Sì, ci sono stati molti anniversari significativi: nel 2016 i 40 anni della FDEI, nel 2017 i 500 anni della Riforma protestante che ci ha permesso di parlare delle donne nell’ambito delle Chiese della Riforma. Inoltre nel 2018 ci sono stati anniversari ‘tondi’ ricordati un po’ da tutti, penso alla Costituzione italiana, alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, al 1968 e ad altre ricorrenze. In questa cornice ci siamo dedicate al tema dei diritti umani e, soprattutto, ai diritti delle donne; abbiamo anche allestito una mostra promossa dalle donne evangeliche, abbiamo fatto incontri regionali e nazionali anche in sedi istituzionali come la Camera e il Senato. Abbiamo fatto petizioni raccogliendo firme poi consegnate alla Presidente della Camera, petizioni firmate anche da uomini che si impegnavano a lavorare per una società più equilibrata. Insomma abbiamo cercato di dare il nostro contributo. Noi pensiamo che il cristianesimo abbia grosse responsabilità nella disparità tra uomini e donne. Molte volte sugli squilibri sociali è stato apposto lo stigma del sacro, questo ha aggravato ancora di più la situazione delle donne. Le Chiese evangeliche, anche in collaborazione con altre chiese, hanno cercato di fare elaborazioni per ridare dignità alla donna e per aiutare gli uomini a non lasciarsi contagiare dalla cultura corrente ma a rispettare la dignità femminile.

Qual è la ragione alla base dei comportamenti violenti degli uomini?
C’è una lotta di potere e poi per millenni scrittori, filosofi, scienziati, poeti, medici, religiosi hanno sempre ipotizzato la presunta inferiorità della donna. Tanto è vero che anche le donne ci hanno creduto e hanno educato i figli in questa idea.

Ci sono ancora tante resistenza da parte delle donne...
Sì, ma facciamo la debita proporzione tra i secoli i cui si è lavorato in quella direzione e i pochi anni - 100/150 circa - in cui si è cercato di invertire la rotta. A me sembra che, almeno in Occidente, ci siano delle luci, che alcune cose si siano ottenute. Questo non ci deve lasciare soddisfatte, perché non è assolutamente vero che ci sia un equilibrio vero tra uomini e donne. Ma occorre riconoscere che degli spazi di crescita ci sono.

Come legge il comportamento di tante donne ai vertici nel mondo?
Sicuramente anche le donne hanno assimilato una certa cultura e il lavoro per liberarsi non si può fare velocemente, però abbiamo visto che ci sono donne, anche delle pastore presidenti a livello nazionale, che hanno lasciato la loro impronta nel segno del rispetto delle donne. Quello che mi pare importante è che le donne non lavorino contro, ma lavorino per. Ci sono delle comunità evangeliche che lavorano per aiutare gli uomini a gestire le reazioni violente, quindi è tutta una comunità che si prende cura di un certo tipo di discorso. Lavorare contro qualcuno non mi pare che porti tantissimi risultati, mentre lavorare per far comprendere certe cose, anche nelle teologia delle donne, mi pare porti dei frutti. Bisogna lavorare sulle idee, sui concetti, sulla teologia fatta con occhi diversi e più liberi. Le Chiese dovrebbero aiutare le donne e gli uomini ad avere maggiore consapevolezza di sé e instaurare relazioni paritarie fra loro.

Tra pochi giorni ci sarà il congresso mondiale delle famiglie a Verona, qual è la vostra impressione?
La mia personale è che si ricalcano degli stereotipi rafforzati dallo stigma del sacro. Penso che la posizione più equilibrata sia quella di non relegare la donna in posizioni secondarie, inferiori. Bisogna lasciare alle donne gli stessi spazi che si lasciano agli uomini, occorre che siano aiutate come si aiutano gli uomini, lavorare per una parità di opportunità, di salario. È da rivalutare la dignità della donna creata a immagine di Dio, esattamente come si pensa per l’uomo.

Per quali ragioni il nostro tempo è così permeabile a idee tanto retrive?
A me pare che siano reazioni di paura in una società che sta attraversando un periodo particolare. I sociologi dicono che viviamo in una fase di interregno. È finita un’epoca e ne sta cominciando un’altra. Tutto sta cambiando sotto i nostri occhi e si ha paura del futuro, dell’incognito. Aggrapparsi a qualcosa che si considera solido, più confortante, più tranquillo è una reazione a questa situazione troppo fluida. Questo riguarda tanti aspetti della società e non solo il rapporto uomo/donna.

Da uno a dieci quanto bisogna essere preoccupati?
Se non si attivano delle risorse positive che pure esistono, io sono molto preoccupata, anche 11…. Tutto dipende dalla capacità di gestione e di reazione. Se ci si lascia spaventare da queste spinte così decise, retrograde, conservatrici, se ci si lascia intimorire…quello che vedo davanti è un medioevo che fa paura. Però vedo anche anticorpi, ci sono persone che si rendono conto e reagiscono. Noi vogliamo essere tra queste e vogliamo lavorare insieme ad altre ed altri. Stiamo creando delle reti. Anche dal punto di vista religioso, assieme a donne di fedi diverse, abbiamo creato questo Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne. Sempre nell’idea di lavorare insieme non contro qualcuno, ma per creare qualcosa di buono. C’è tanto di buono, bisogna farlo risaltare e fare rete per non sentirsi isolate nel reagire a come stanno andando le cose.

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