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Una riforma dirompente

Una riforma dirompente

Focus - Diritto di famiglia, 40 anni dopo/1 - La legge 151 del 1975 ha rinnovato profondamente la società italiana e la posizione delle donne, alle quali fu riconosciuta parità effettiva e diritti basilari nella famiglia. È utile rileggere quella norma

Erminia Cozza Domenica, 06/09/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2015

 (versione integrale dell'intervento: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=06398)

Premessa

Nella storia ogni società si è data una regolamentazione, anche rudimentale, dei rapporti tra uomo e donna(..), definendo in termini giuridici il vincolo che lega i due soggetti e che da loro si estende ai figli.

Nel nostro ordinamento la famiglia emerge quale “soggetto politico”, oltre che sociale, negli anni ’30, quando il regime fascista, nell’individuare un efficace veicolo di trasmissione e accettazione per le nuove generazioni dei principi autoritaristici del regime stesso, propaganderà un preciso modello ideale di famiglia, quale cellula dei principi dell’unità di patria e di garanzia dell’ordine sociale, ponendo in essere il miglior

sistema di controllo dei comportamenti privati. (..) Tale modello rimarrà apparentemente identico a se stesso per molti anni, sino a quando non si manifesterà prepotentemente l’insoddisfazione delle vari componenti - marito, moglie e gli stessi figli/e - a ridurre tutte le proprie ambizioni e aspirazioni all’interno delle cosiddette mura domestiche. (..)



Le modifiche sul codice e gli effetti della legge 151/1975

Il percorso di approvazione della legge 151/1975 è stato, forse, meno travagliato che la legge sul divorzio, ma con effetti sicuramente più dirompenti e innovativi. La nuova formulazione del codice civile fu frutto sia del recepimento di principi normativi fondamentali, tra cui l’art. 2 della Costituzione “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, oltre che il risultato della presa d’atto da parte del legislatore degli intervenuti mutamenti nell’organizzazione e nella struttura della famiglia.

Si può affermare senz’altro che questa legge ha fatto nascere tutto il complesso di norme che formano il “diritto di famiglia” come è oggi inteso. Non siamo, però, di fronte ad un gruppo di precetti entro il quale “rinchiudere” la famiglia, o meglio, un’idea funzionale di famiglia, bensì un insieme di norme che sono poste a tutela della famiglia e di ogni componente della stessa considerato come individuo portatore di diritti e di doveri, della funzione interpersonale e sociale della famiglia, della sua missione educativa che oggi, con le ultime novelle, allarga la definizione di famiglia anche a realtà diverse da quelle di cui all’art. 29 comma 1 della Costituzione “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, forse con ciò facendo sorgere l’esigenza di una ridefinizione di famiglia.

Alla vecchia legislazione della famiglia prima degli anni ’70, la legge 151 apportò modifiche sostanziali, e dunque ha riconosciuto:



la naturalità della famiglia; la legittimità della famiglia fondata sul coniugio; l’uguaglianza dei coniugi (temperata dall'esigenza di garanzia dell'unità familiare) e principio del consenso nell'amministrazione del rapporto e dell'educazione dei figli, e dalla potestà paterna (patria potestà) si arriva alla potestà condivisa dei coniugi; la parità di trattamento dei figli; il miglioramento della posizione successoria dei figli e del coniuge; l’allargamento dei presupposti per la separazione (non per colpa, ma per intollerabilità oggettiva della convivenza); la remunerazione del lavoro domestico (artt. 230-bis, 143, istituto della comunione legale dei beni, ma anche la rilevanza sotto il profilo della valutazione patrimoniale dell’apporto del lavoro domestico); l’eliminazione dell'istituto dotale (salvo il regime transitorio per le doti costituite anteriormente alla riforma); la solidarietà dei coniugi nel regime patrimoniale per la certezza del traffico giuridico e dei terzi; la tutela integrale della destinazione del fondo patrimoniale.



Questo insieme di principi ha avuto, nel corso degli anni, innumerevoli specificazioni e ampliamenti, da parte della dottrina e della giurisprudenza, che hanno effettuato, nel tempo, numerosi ulteriori interventi.

Si può, senza tema di smentite, affermare che nell’ambito del diritto di famiglia si è assistito, e si assiste, a un fenomeno abbastanza singolare, se non unico per il nostro ordinamento, ovvero una vera e propria sovrapposizione sulle fonti tecnico-legislative da parte di fonti dottrinali e giurisdizionali attraverso un processo sempre più vicino a quello che accade negli ordinamenti di common law. (..)

Sotto la spinta giurisprudenziale il legislatore arranca, tuttavia negli ultimi 40 anni sono stati effettuati importanti interventi.



La legge 54/2006, il concetto di bigenitorialità e l’affido condiviso

Va evidenziato che tutte le normative che si sono susseguite, a integrazione e modifica della legge 151/1975, hanno avuto come obiettivo principale la tutela dei figli.

Accanto ai numerosi interventi normativi relativi alla filiazione, adottiva e naturale, si può dire che circa dieci anni fa, il legislatore, ha operato una nuova rivoluzione, con il dettato della legge 54/2006, ancorché in ragione e nell’ottica della “crisi familiare”, sia dal punto di vista sostanziale che processuale, attuando quella che è stata definita “la riforma più importante del diritto di famiglia dopo quella del 1975 ”.

Tra le principali innovazioni va annoverato sicuramente il nuovo art. 155 del Codice civile, intitolato “Provvedimenti riguardo ai figli” che, nel ribadire il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di ricevere da entrambi cura, educazione ed istruzione, ha confermato l’interesse morale e materiale della prole come il “criterio guida”che il giudice deve seguire nell’adottare i provvedimenti relativi ad essa. Con la legge le legge 54/2006 si formalizza e si norma il concetto della indispensabilità della ‘bigenitorialità’, ossia il diritto dei figli di mantenere gli stessi rapporti con la madre e con il padre anche dopo la loro separazione, sulla base dell’incontestabile verità che si resta genitori per tutta la vita, nonostante il venir meno del vincolo matrimoniale. (..)



La tutela dello status di figlio

(..) Attualmente il quadro normativo è radicalmente mutato con l’entrata in vigore della legge 10.12.2012, n. 219, che detta le disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali, cui ha fatto seguito il d.lgs. 28.12.2013, n. 154, entrato in vigore a decorrere dal 7.02.2014. (..)

L’intervento di riforma ha voluto affermare l’unicità dello stato di figlio; introdurre disposizioni circa l’ascolto del minore; prevedere nuove norme in tema di rapporto del minore con gli ascendenti, puntualizzare la nozione di stato di abbandono, prevedere la segnalazione di situazioni di disagio alle competenti autorità amministrative.

Con l’intento di evitare che condotte colpevoli dei genitori si traducessero in trattamenti deteriori per il minore, si è ampliata la possibilità di riconoscimento - già introdotta, pur con significative limitazioni, dalla legge 151/1975 - dei figli nati da un’unione incestuosa, sempre che il riconoscimento risponda al superiore interesse del figlio. (..)



Il testo che pubblichiamo è stato estrapolato dall’intervento dell’avvocata Erminia Cozza, del gruppo Donne-Giustizia, al convegno dell’Udi Monteverde (Roma) dal titolo ‘Dall’’io’ al ‘noi’. 1975-2015 le radici della nuova famiglia”, organizzato il 19 maggio scorso.

La versione integrale del testo è pubblicata in http://www.noidonne.org/blog.php?ID=06398

Il testo integrale della legge 151/75 si può trovare in http://www.noidonne.org/files/allegati/OK_151_1975.pdf

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