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TENERA e MISTERIOSA è LA NOTTE alla Basilica Palladiana di VICENZA

TENERA e MISTERIOSA è LA NOTTE alla Basilica Palladiana di VICENZA

Apre stanotte, ufficialmente, quella che, preannunciatamente, si pone come una delle mostre più attese dell’anno: TUTANKHAMON CARAVAGGIO VAN GOGH La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento.

Mercoledi, 24/12/2014 - TENERA e MISTERIOSA è LA NOTTE alla Basilica Palladiana di VICENZA



di Maria Cristina NASCOSI SANDRI



Apre stanotte, ufficialmente, quella che, preannunciatamente, si pone come una delle mostre più attese dell’anno: TUTANKHAMON CARAVAGGIO VAN GOGH

La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento.

La notte - elemento femminile per eccellenza quasi come l’acqua - è il leit-motiv di un’esposizione immensa, ‘creata’ dall’inesauribile ed eclettico Marco Goldin che una volta in più, forse non volendo come ammette lui stesso, e suo malgrado, chissà, riuscirà a stupire il visivo fruitore con un excursus artistico che va dalla cultura egizia prima di Cristo a Van Gogh.

Inizia al buio o, meglio, in penombra, l’iter di ben 113 opere, spesso rare, divise in sei sezioni e provenienti da trenta musei e collezioni di tutto il mondo che fa da colonna sonora a questo avvincente antologia cosmica.

Tutto ha inizio lungo il Nilo, dove si sedimenta l’idea della notte del mondo, oltre il mondo. E’ la notte abitata nel ventre delle Piramidi. Raccontata in mostra da reperti che, da soli, valgono davvero il viaggio a Vicenza. Dal Museum of Fine Arts di Boston giunge per la prima volta in Italia un gruppo di tesori egizi: dal volto del re Menkaura a quello, celeberrimo, di Tutankhamon, re bambino sino ai ritratti del Fayum, quando Egitto e Roma si avvicinano, a partire dal I secolo d. C.

E così la spiega lo stesso Goldin che ha voluto presentare – in parallelo, confronto azzardato quanto realistico, al contempo coi classici – l’opera dell’artista contemporaneo López García:

“Mi piace fare mostre come questa, mai per la voglia di stupire, ma sempre e solo perché la pittura, attraverso la conoscenza, sia l’adesione a un sentimento, ne sia il racconto e non mai la spiegazione. Non desidero spiegare niente a nessuno, ho solo la gioia di mostrare che una finestra di Giorgione, oltre la quale sta il velluto di una notte chiara, io la possa appendere accanto a una finestra dipinta da López García quasi cinquecento anni dopo, quando una tangenziale butta la notte della periferia di Madrid dentro quella stessa finestra aperta. Penso che si possano fare mostre anche così, né migliori né peggiori di altre, ma diverse. Dove, sulla stessa parete, a Bellini non debba per forza succedere Giorgione, e dopo di lui Tiziano. Certo, anche questo, ma non solo. Penso che valga la pena vivere e lavorare in questo modo, dentro alla verità d’ognuno. Dentro all’emozione d’ognuno”.

E pian piano, con luci soffuse, l’esposizione di dipana, si allarga, mostra capolavori che vanno da Friedrich a Mondrian, da Klee ad Hopper che con le sue ‘periferie notturne dell’anima quotidiana della grande metropoli’ stupisce per la modernità accostata al suo tratto strascicato, coi suoi toni cromatici scuri, plumbei, percorsi dalle ‘mille luci’ di una New York notturna che rammenta la solitudine dell’eroe ‘minimo’ o ‘minimale’, posto a fronte di quello grande, romantico di Friedrich e delle sue marine malinconiche, camei perfetti al crepuscolo di un tempo che fu.

Seguono altre quattro sezioni che si lasciano alla sorpresa della ‘doverosa’ visita e si arriva alla sesta ed ultima sezione che è un riassunto di tutti i temi affrontati in cui opere indimenticabili si succedono, da Gauguin a Cézanne, da Caravaggio a Luca Giordano, da Van Gogh a Rothko – tanto amato da Antonioni e collocato anche nelle sue ultime pellicole, per una chiusura che lascia con il fiato sospeso, tra notti dello spirito, notti della vita e notti della natura.

“A testimoniare – conclude Goldin - il senso di una notte che non è più soltanto il risultato di un vedere fisico e riproduttivo, ma interiore e determinato dalla profondità psicologica, del sogno e della memoria”.

Per non dimenticare di ricordare, insomma, da dove veniamo e dove andiamo…

















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