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Susanna Schimperna. Donne che non vogliono crescere

Susanna Schimperna. Donne che non vogliono crescere

Il saggio di Susanna Schimperna “Eterne adolescenti “ (Cairo ed) ribalta l’iconografia classica del maschio Peter Pan e mette al centro della narrazione la leggerezza femminile. Intervista

Lunedi, 14/03/2016 -
Sembra una fotografia in movimento. Una carrellata di sentimenti e desideri che strappa il sorriso e tiene incollati alla lettura. Il saggio di Susanna Schimperna “Eterne adolescenti “ - Cairo editore - ribalta l’iconografia classica del maschio Peter Pan per mettere al centro della narrazione la leggerezza femminile, le tessiture amicali, l’incedere narcisistico dei rapporti parentali, su cui spicca tra nevrosi ed egoismo il legame con la madre. Un collage di esperienze ricco di sfumature che azzera il trascorrere del tempo restituendo pienamente l’analisi di Elisabetta Rasy: “Così come nel grande romanzo realista occidentale è cruciale il posto del padre (…) altrettanto cruciale nella nuova narrativa post-femminista è il posto della madre: una costellazione pre-edipica, in cui si alternano identificazione e distacco, desiderio di continuità e necessità di disaffiliazione”.



Partiamo da questa citazione che fai nel capitolo dedicato alle cinquantenni abbarbicate nel ruolo di figlie sempre pronte, nonostante l’età, ad incolpare la propria madre di tutto, in un processo di deresponsabilizzazione continuo…

Nel rapporto con la propria madre si rischia di cadere nella ragnatela dell’alibi. Una strada senza via di uscita, perché il passato non si può cambiare. Né si può passare la vita a rincorrere un modello che non è il proprio. Da giovani la contrapposizione è sana e fa parte del processo di crescita poi bisogna fare i conti con la realtà e guardare la propria madre con più leggerezza. Le accuse creano dipendenza, sono vischiose e si finisce per recitare un ruolo. E se la propria madre dovesse dire si, ho sbagliato tutto, il crollo è inevitabile, e sarebbe difficile ritirarsi su.



Nel tuo libro raccogli testimonianze di amiche capaci di trovare spazi di leggerezza, dal lato opposto c’è la donna che si lamenta continuamente, perché ha troppo lavoro e non ce la fa a seguire tutto ma imperterrita continua senza delegare mai.

Si, è una tipologia femminile molto comune, la donna che porta su di sé tutto il peso del mondo, l’eroina instancabile, una modalità di porsi tipica delle professioniste che dovrebbero sentirsi affermate ma che appena le incontri non fanno altro che lamentarsi del troppo lavoro, del marito, dei troppi impegni quasi volessero scappare da un ruolo che in fondo neanche loro riconoscono come proprio. C’è una pressione sociale molto forte sul ruolo femminile ancorato alla casa, e il lamento continuo diventa un modo per allontanare quel sottile senso di colpa, quasi sempre inconsapevole che poggia sul pregiudizio della donna madre e moglie.



Un pregiudizio che ricalca il modello protettivo della donna accogliente per definizione…

La questione è che abbiamo idee sbagliate su come sarebbe opportuno che fossimo. Dobbiamo smettere di farci ricattare dalle aspettative degli altri. Essere adolescenti in modo fiero significa anche questo: chiedersi perché no? È una domanda semplice ma può diventare un elemento rivoluzionario capace di trasformare questa società paludosa in una società gioiosamente in movimento, libertaria, erotica e creativa. È questa la forza dell’adolescenza, uno stato d’animo che si può ritrovare ad ogni età.



Emanuela Irace

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