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Sotto il segno di Carla Accardi

Sotto il segno di Carla Accardi

Nel centenario della nascita di Carla Accardi la città di Roma dedica all’artista una grande mostra antologica a Palazzo Esposizioni, aperta fino al 9 giugno 2024

Domenica, 07/04/2024 - Si intitola semplicemente Carla Accardi l’importante retrospettiva che riunisce a Roma, nelle sale di Palazzo Esposizioni, dal 6 marzo al 9 giugno 2024, un centinaio di opere dell’artista, eseguite tra il 1946 e il 2014, anno della sua scomparsa. Grande protagonista, per oltre sessant’anni, di una ricerca pittorica astratta, basata essenzialmente sul segno, Carla Accardi è stata anche un’esponente del femminismo italiano, fondatrice nel 1970, con Elvira Banotti e Carla Lonzi, del collettivo femminista Rivolta Femminile, che si proponeva di decostruire la cultura patriarcale. E proprio a causa della militanza femminista nel 1971 venne anche sospesa dall’insegnamento.

La mostra, curata in modo esemplare da Daniela Lancioni e Paola Bonani (curatrici anche del corposo catalogo edito da Quodlibet), permette ora di seguire, attraverso un chiaro percorso cronologico, tutte le diverse fasi creative dell’artista, che, partita dalla pittura da cavalletto nel corso degli anni conduce una ricerca pittorica sempre più spaziale, ambientale, caratterizzata da un segno vitale, in continua metamorfosi. L’artista stessa, del resto, ha dichiarato di voler “rappresentare l’impulso vitale del mondo”.

Il percorso espositivo è introdotto, nella prima sala, dalle informazioni sulla vita e l’opera dell’artista, narrate lungo un’intera parete che accoglie anche dipinti e documenti originali. Qui sono concentrate tutte le notizie biografiche, per permettere al visitatore, nelle sale successive, di godere appieno dell’esperienza pittorica senza l’interferenza di altri pannelli esplicativi. Sempre nella prima sala si trovano esposti i dipinti degli esordi (1946-1954), che mostrano suggestioni che vanno dal futurismo al post-cubismo. Inoltre, al centro della sala, entro delle vetrine, sono presentati i lavori di artiste e artisti appartenuti a Carla Accardi, a testimoniare i tanti legami d’amicizia stretti con i colleghi, sia coetanei, sia appartenenti a generazioni più giovani.

Nata a Trapani nel 1924, Carla Accardi consegue la maturità classica nel 1943, ma fin da bambina la sua vera passione è il disegno. Così, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Palermo incoraggiata dal padre, un ingegnere civile che ne riconosce e ammira il talento. All’Accademia conosce Antonio Sanfilippo (Partanna, 1923 – Roma 1980), che ritrova poi a Firenze quando, all’inizio del 1946, vi si trasferisce per proseguire gli studi d’arte. Nell’autunno dello stesso anno entrambi decidono di trasferirsi a Roma, dove frequentano lo studio di un altro siciliano, Renato Guttuso, e alla fine dell’anno si recano a Parigi grazie a uno scambio culturale tra studenti organizzato dalla Federazione Giovanile Comunista. A Parigi Carla ha modo di aggiornarsi sulle avanguardie europee, da Matisse a Picasso, e ammira l’arte africana al Musée de l’Homme, dove resta impressionata da segni e forme di carattere arcaico.

Il 15 marzo 1947 firma con Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Sanfilippo e Giulio Turcato il manifesto Forma, che inizia così: “Noi ci proclamiamo Formalisti e Marxisti, convinti che i termini marxismo e formalismo non siano inconciliabili”. I due termini, invece, mal si conciliavano agli occhi del Partito comunista italiano, che di lì a poco avrebbe definitivamente messo al bando l’arte astratta, promuovendo esclusivamente il realismo.

Nel 1948 l’artista partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Nel 1949 sposa Sanfilippo (si separeranno alla metà degli anni Sessanta) e l’anno successivo tiene a Roma la sua prima mostra personale. Nel 1951 nasce la figlia Antonella e con Sanfilippo si stabilisce in un appartamento in via del Babuino, una casa-studio dove trascorrerà il resto della vita. Come ha raccontato lei stessa, la luce del cielo di Roma, col passaggio degli uccelli che migrano verso l’Egitto, osservati tante volte dalla sua terrazza, riaffiorano talvolta come un’atmosfera nelle sue opere. Alla fine dell’anno torna a Parigi, dove incontra Alberto Magnelli e resta impressionata dai segni liberi e gestuali di Hans Hartung.

Dopo un periodo di crisi, tra il 1953 e il 1954 matura un radicale rinnovamento del suo linguaggio pittorico: inizia a dipingere con la tela messa a terra, non più sul cavalletto, utilizzando solo il bianco e il nero. Una serie magnifica di questi dipinti è visibile nella seconda sala. Poco dopo il critico francese Michel Tapié, colpito da questi nuovi lavori, la annovera nella corrente dell’“art autre” e inizia a sostenere la sua ricerca pittorica a livello internazionale.

Al principio degli anni Sessanta torna a utilizzare il colore, due colori per volta, accoppiati per ottenere la massima brillantezza. Nel 1961 tiene la sua prima personale a New York presentata dal critico Lionello Venturi. Nel 1964, su proposta di Lucio Fontana, ha una sala personale alla Biennale di Venezia, introdotta in catalogo da Carla Lonzi, con la quale nel frattempo è divenuta amica. Alcuni di questi nuovi, radianti lavori si incontrano nella terza sala.

L’anno successivo realizza le prime opere utilizzando come supporto una plastica trasparente, il sicofoil, e ricorre a colori fluorescenti, sperimentando anche soluzioni di carattere ambientale come la serie dei Rotoli, dei Coni e delle Tende. Alcuni splendidi, delicati esemplari di queste ricerche sono esposti nella terza e quarta sala, e nella rotonda, dove campeggia la Triplice tenda (1969-71), tra i capolavori dell’artista, in prestito dal Centre Pompidou di Parigi.   

Gli anni Settanta sono caratterizzati dall’impegno sociale, dalla militanza femminista e da un nuovo repertorio di segni, grigi e neri. Inaugura, inoltre, la serie dei Lenzuoli e alla metà del decennio realizza i Trasparenti, quadri in sicofoil completamente trasparenti, che si possono ammirare nella quinta sala, insieme all’installazione Origine (1976) che presenta una sorta di genealogia femminile attraverso fotografie sue, della madre e di un’antenata. L’installazione, considerata il lavoro più emblematico del suo impegno femminista, era stata presentata in occasione della sua personale alla Cooperativa di via Beato Angelico, fondata da Carla Accardi nel 1976 con altre donne, per lo più artiste, per studiare e far conoscere la creatività femminile.      

Nel corso degli anni Ottanta ritorna nuovamente al colore, intanto alcune importanti mostre antologiche consolidano definitivamente la sua fama. Nel 1988 viene nuovamente invitata alla Biennale di Venezia con una sala personale, dove espone tutte opere recenti, presentate qui nella sesta sala. La novità di queste opere di grande formato è la tela grezza lasciata a vista dall’artista che interviene con dei segni di colori contrastanti.

Lungo gli anni Novanta e Duemila, come testimonia l’ultima sala, l’artista continua a rinnovarsi e a esporre, ottiene premi e riconoscimenti e alcune opere entrano a far parte di importanti raccolte pubbliche. La sala documenta, infine, anche la sua passione per la poesia.



Promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale, la retrospettiva è stata ideata, prodotta e organizzata da Azienda Speciale Palaexpo e realizzata con la collaborazione dell’Archivio Accardi Sanfilippo e con il sostegno della Fondazione Silvano Toti.

Accompagna la mostra un ricco programma di eventi tra cui si segnala, il 10 aprile 2024, dalle ore 14.30 alle ore 19.30, la giornata di studio intitolata Un modo altro di essere al mondo. Carla Accardi e il femminismo, organizzata dalle due curatrici con Lara Conte e Laura Iamurri, in collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici e Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi Roma Tre.

Per ulteriori informazioni si rimanda al sito di Palazzo Esposizioni: www.palazzoesposizioni.it 

Le foto dell’allestimento sono dei Monkeys Video Lab.


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