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Si chiama Sindrome Blues

Si chiama Sindrome Blues

Maternità e la sindrome post-partum - "Di materno avevo solo il latte" un libro di Deborah Papisca. La sindrome post partum non è una vergogna ma un problema da condividere. Il 13 giugno incontro a Pesaro

Camilla Ghedini Domenica, 09/06/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2013

“Che quando ha dato alla luce Camilla, di materno avesse ‘solo’ il latte, Deborah Papisca, 42 anni, autrice dell’omonimo libro (Dalai Editore, 2011), l’ha scritto nero su bianco, due anni fa, quando ammettere di aver sofferto di sindrome post partum era ancora un tabù. Dopo aver partorito Camilla, oggi in prima elementare, era scesa negli inferi di una malinconia che non riusciva a definire, a spiegare, ad accettare, seppure nella letteratura medica abbia un nome: Sindrome Blues. Lei aveva l’amara sensazione di non essere felice, come tutti, e lei stessa per prima, si sarebbero aspettati. Di questo conflitto interiore e della successiva rinascita, Deborah ha scritto in questo ‘diario’ autobiografico che fa ridere, e piangere, e riflettere, anche chi non ha avuto figli. Con un umorismo dissacrante, che nulla ha a che fare con la leggerezza, Deborah ha rivelato passo dopo passo la gioia della gravidanza, l’inquietudine del corpo che cambia, l’incapacità di sentirsi ‘innamorata’ del ruolo di ‘mamma’. La paura di deludere gli altri, in particolare il marito Carlo, che per un anno attende tanto fiducioso quanto impassibile (solo apparentemente, agli occhi di una Deborah sofferente che nel marito troverà invece sostegno e forza) un ritorno alla normalità di coppia. E la paura si trasforma in solitudine, senso di inadeguatezza. Poi c’è la risalita, cercata nell’etere, tra i blog che raccolgono le confidenze di giovani donne. E il timore si trasforma in condivisione e consapevolezza che lei non è sbagliata, sbagliato è fingere che la maternità sia solo realizzazione. Abbiamo parlato con Deborah all’indomani dei fatti di Bergamo, dove una giovane mamma, ad aprile, ha soppresso la figlioletta di appena un anno per poi togliersi la vita. Nei giorni successivi la cronaca ha parlato di una ragazza stanca, che faticava a riprendersi. Ha lasciato intendere, certo, che tutto fosse cominciato dopo la nascita della bambina. Poi, però, ha voltato pagina. Gli infanticidi sono una brutta cosa, ci ricordano la tragedia di Medea, che per vendicarsi del tradimento di Giasone ha ucciso i suoi figli. ‘NOIDONNE’ invece ha voluto parlarne, e così abbiamo chiamato Deborah, le abbiamo chiesto cos’ha provato. “Compassione e dolore - risponde - c’è troppa omertà. Al solito, si è liquidato tutto in fretta. Perché, mi domando, non si apre un dibattito sul tema? Perché ci si limita a svilirlo? È ora di smetterla con questo silenzio”, che è l’altra faccia del giudizio. “Un tempo - riprende -, quando sentivo di persone che avevano ucciso le proprie creature, io per prima non avevo nessuna pietà. Poi, quando ho capito la complessità della maternità, ho superato i miei blocchi culturali”. Se la si smettesse, questo è il punto, di fare credere che le famiglie sono quelle delle pubblicità dei biscotti mattutini; se le donne in gravidanza venissero preparate all’eventualità che non sarà tutto rose e fiori; se i pediatri, invece che limitarsi a ritenere ingiustificata “la nostra ansia”, ne cogliessero il livello forse ‘patologico’ e ci spiegassero che ammettere di aver bisogno non è un fallimento. Ecco, allora, secondo Deborah, “forse certi epiloghi non ci sarebbero”. Deborah vuole che se ne parli, per questo ha scritto il suo libro, andando oltre il pudore. Per questo nel novembre 2011 ha fondato anche un blog, Oasi delle Mamme, oggi associazione, di cui si stanno occupando i media nazionali; per questo il prossimo 13 giugno, a Pesaro, la sua città, anticiperà la quarta edizione della Mezzanotte bianca dei bambini, organizzata dal Comune, con un evento (organizzato con Omiacomunicazione e il patrocinio del Comune), anch’esso titolato Di materno avevo solo il latte, in cui ha coinvolto popolazione, medici specialisti, giornalisti, artisti, per sviscerare le tematiche legate all’universo donna-mamma. Il programma prevede un dibattito in Piazza del Popolo, alle 19.30, con lei, la collega blogger Enrica Costa, residente in Florida, la psicologa Clelia Raffaele, il pediatra Mauro Mancino. A seguire, alle 21, proiezione di Maternity Blues, film del regista Fabrizio Cattani - presente con l’attrice Marina Pennafina - che tratta con delicatezza e senza morbosità il tema della depressione post partum, raccontando le vicende di quattro donne diverse tra loro legate da una colpa comune, l’infanticidio. Se i nostri nonni ci hanno insegnato a lavare i panni sporchi in casa, Deborah vuole stracciare il velo e urlare che no, la sindrome post partum non è una vergogna da tenere nascosta, ma un problema da condividere. E la piazza, per lei, è il posto giusto, perché ci sono mogli e mariti, “e persone senza figli che però avranno l’opportunità di rivedere, e forse comprendere, certi comportamenti dei genitori”. Tutti potranno fare domande, gli ospiti saranno a disposizione. Dopo il debutto di Pesaro il format sarà portato in giro per l’Italia. In una società che spreca parole importanti senza curarsi spesso degli impegni assunti, Deborah ci ha messo la faccia, si è esposta. Paura per la reazione di Camilla, quando saprà che prima della felicità, alla sua nascita, c’è stato il dolore? “Io ci penso spesso ma sono serena. Quando me lo chiederà, le farò leggere il libro. Io credo che un figlio non debba vedere i genitori come individui perfetti, onnipotenti, sarebbe un modello falso. Camilla capirà quanto è stata amata, nonostante io sia stata male. Scoprirà sua madre nell’intimità, sarà un’occasione per conoscerci”. A mollare Deborah non pensa, col blog e questo format “dedicherò la mia vita a diffondere una cultura della consapevolezza. La mia è la storia di tante donne”. E il 13 giugno lancerà un sasso, che picchierà forte nell’acqua, “ma creerà tante onde, che si propagheranno”.







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