Kurdistan Siriano - Un progetto per costruire un luogo di incontro in una città simbolo della resistenza soprattutto delle donne, a partire dal sostegno della Tavola Valdese
Carla Centioni Lunedi, 10/10/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2016
“Non appena è stata liberata, ci siamo recate a Kobane (città a nord della Siria, attuale Kurdistan siriano, ndr) come “Staffetta delle donne” all’interno della campagna di Solidarietà Rojava Calling, un organismo di attivisti che ha sostenuto la popolazione curda attraverso aiuti umanitari, sanitari ecc. La staffetta aveva lo specifico interesse di incontrare le donne che gestivano la Casa delle Donne prima della sua distruzione. Siamo delle attiviste che si occupano di diritti delle donne e nello specifico di violenza di genere, così l’idea che ci portavamo dietro dall’Italia era quella di avere uno scambio, una testimonianza diretta fuori dagli stereotipi della carta stampata, oltre l’immagine del femminile che imbraccia il fucile, una immagine che ci sembra ci sia stata gettata addosso. Avevamo voglia di sentire direttamente le voci di quelle donne, di conoscere come gestivano la casa delle donne che era stata tra i primi edifici ad essere abbattuto dall’Isis. Volevamo comprendere il loro agire, le pratiche da loro messe in atto, e i loro effetti, le evoluzioni a cui erano andate incontro, le contrarietà che avevano trovato. Portavamo nel nostro cuore il desiderio di sapere insieme una gran voglia di dire che non erano sole, che oltre il Rojava c’era un mondo fatto di donne, e non solo, pronte a sostenerle. La nostra forza era sapere che stavamo parlavamo non solo per noi, ma per molte di noi.
Nei nostri zaini un’idea, un’utopia, una tensione che volevamo prendesse forma con loro. Volevamo restituire concretamente una Casa alle donne di Kobane, edificio simbolo per la sua singolarità nel percorso di emancipazione. Crediamo infatti che Kobane sia divenuta nel XXI secolo un simbolo nel suo specifico irripetibile e unico, di una resistenza possibile in un contesto geografico ostile alle donne e non solo.
Ri/costruire la Casa delle Donne perché, come sempre, anche nelle altre parti del mondo, una Casa delle Donne è un Luogo singolare, perché mette insieme la forza delle donne che lovivono, ma soprattutto perché è lo spazio deputato alla valorizzazione della politica delle donne.
Non desideravamo che il progetto fosse calato dall’alto, così con le Yekitia Star, l’organizzazione femminile che gestiva la Casa delle Donne prima della guerra, ci siamo confrontate: chiacchiere intense, appassionate che solo noi donne quando stiamo insieme riusciamo a fare. In quei momenti abbiamo capito che quell’ esperienza non poteva essere solo nostra, di Carla Patrizia e Angela.
L’idea originaria della Casa si plasma e trasforma lì, a Kobane, con le gambe incrociate in circolo sui tappeti recuperati dalle macerie della guerra, una stufa a gasolio per riscaldarci. Attimi intensi, momenti che avremmo voluto fermare, recuperare. Dal confronto è nata la voglia di riprodurre, ampliare, moltiplicare la nostra esperienza, pensare che tutte le donne, le attiviste - ma anche gli uomini - sia singolarmente o attraverso delegazioni potessero vivere l’esperienza dello scambio dialettico sulle pratiche.
L’idea della Casa delle Donne si trasforma e diventa molto di più di quello che era nelle nostre teste, si cominciano a tirare fuori i desideri, ci diciamo collettivamente cosa fare negli spazi e ci ritroviamosulla stessa sintonia d’onda: farne un luogo abitato dalle cittadine, un Centro nazionale e internazionale di accoglienza, d’incontro, di promozione di diritti, di cultura, di politiche e esperienze prodotte dalle donne. Un laboratorio vivo dove poter coniugare la politica di genere, parlare di autodeterminazione, della libertà come scelta, della salute riproduttiva, di contrasto al sessismo e il razzismo istituzionale, con l’attenzionevolta alle pluralità religiose, all’accoglienza e al sostegno alle donne che subiscono violenza, alla legalità, alla giustizia ambientale, all’organizzazione urbana, fino ad arrivare alla produzione artistica ed artigianale femminile.
Desiderata così insieme, con tanto di foresteria all’ultimo piano per accogliere delegazioni di donne, ma anche di uomini. La Casa stava diventando altro, come un bisogno catartico di ‘eleggere uno spazio’, designare Kobane come città simbolo di liberazione edi democrazia per le donne ma non solo.
Il nostro impegno, la nostra parola, le abbiamo lasciate alle donne di Kobane: trovare i soldi per la realizzare di quel sogno fatto insieme, per costruirne il contenitore materiale cioè l’edificio.
Un anno e mezzo di lavoro, di progettazione, di architetti e ingegneri che con i collegamenti via satellite sono riusciti a determinare quali materiali si possono recuperare in loco. Abbiamo coinvolto amiche, amici, compagne, compagni perché ci dessero il loro contributo volontario e, poiché facciamo sul serio, dovevamo e dobbiamo chiedere soldi, così seriamente ci comportiamo nel sollecitare l’aiuto di ciascuno.
Se si tratta di utopia, un po’ si sta già realizzando: sono iniziati i lavori, gli scavi del terreno, abbiamo inviato a Kobane i primi trentamila euro, e questo ci fa girare la testa per l’entusiasmo. L’Otto per Mille della Chiesa Valdese è stato il primo, lungimirante e perspicace interlocutore a finanziare il progetto.
Sostenete tutte e tutti questo progetto, non vogliamo che questo progetto sia nostro, le nostre azioni sono tutte indirizzate a coinvolgere tutte e ciascuna, tutti e ciascuno. Il finanziamento attuale non è sufficiente e tutti i partner del progetto (Ponte Donna, Lucha y Siesta, l’Ufficio Informazioni Kurdistan in Italia (UIKI) e il KoerdischInstituut di Bruxelles) si stanno impegnando per raccogliere e inviare i fondi necessari.
Dal 21 di settembre, la Campagna di Autunno si pone come un contenitore di iniziative per la raccolta fondi. Tutte le informazioni sono sul sito pontedonna.org alla voce “Kobane” e sulla pagina face book PontedonnaKobane. Due modi per donare, tenersi in contatto, essere informati, partecipare. Stiamo insieme, grazie a tutte/i”.
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