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Quando il welfare lo fanno le aziende

Quando il welfare lo fanno le aziende

Cultura d'impresa - Favorire la conciliazione e il benessere dei lavoratori conviene in termini economici e non solo

Badalassi Giovanna Lunedi, 02/05/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2016

Si parla molto in questi ultimi anni di welfare aziendale e dell’impegno delle aziende nel favorire la conciliazione e il benessere dei lavoratori, nonché del ruolo crescente che queste dovrebbero assumere in futuro anche per compensare le carenze crescenti dello Stato. Ma perché le aziende dovrebbero farlo? Quale interesse avrebbero? I dati ci dicono che in effetti conviene, in termini economici e non solo. Ci vuole però una classe dirigente lungimirante e una cultura d’impresa particolarmente illuminata. Dati i tempi, un’utopia? Ci piace pensare di no
 

Nel dibattito pubblico su lavoro, famiglia e conciliazione, si sta discutendo molto sul ruolo dello Stato nel welfare, sulla progressiva riduzione delle risorse dedicate, e sul tentativo di sviluppare maggiormente il welfare secondario o di secondo livello, cioè quello che coinvolti anche altri attori quali ad esempio il terzo settore e, soprattutto, le aziende.

Le possibilità di sviluppo del welfare aziendale devono purtroppo fare i conti con la realtà italiana: il nanismo delle nostre aziende rappresenta un ostacolo insormontabile per l’adozione di servizi che richiedono ben altre economie di scala: basti ricordare che il 52,5 per cento dei lavoratori/trici in Italia è impiegato in aziende con meno di 50 dipendenti (Istat).

Ad ogni modo in questi anni il welfare aziendale sta conoscendo un crescente interesse anche grazie ad un miglioramento della cultura di responsabilità sociale delle aziende, che rappresenta una condizione di partenza indispensabile. 

Per comprendere bene la portata di questa tendenza è sempre bene riflettere sui numeri. Quante sono in Italia le aziende che fanno iniziative di welfare aziendale? Una rilevazione dell’Istat (1) ha messo in evidenza che il 37 per cento delle aziende in Italia adotta strumenti dedicati alla flessibilizzazione dell’orario di lavoro per favorire la conciliazione dei/delle dipendenti, mentre il 17,5 per cento delle aziende offre servizi per gli asili nido, servizi sociali, di assistenza, ricreativi e di sostegno.

 

Figura: Imprese che hanno adottato iniziative di welfare aziendale dedicate alla conciliazione per macrosettore Anno 2014

 

Indagando sulle aziende che hanno adottato tali servizi, si vede chiaramente che il settore maggiormente attivo nella conciliazione vita-lavoro è quello dei servizi, seguito dalla manifattura e, buon ultimo, il commercio. Nel caso dei servizi, addirittura la metà delle aziende (50,5 per cento) adotta strumenti di flessibilizzazione del lavoro, e il 30,7 per cento è impegnata nell’offrire servizi per la conciliazione. 

La sensibilità delle aziende verso la responsabilità sociale e il welfare aziendale è quindi spesso stimolata dal tipo di attività che queste conducono. La tipologia di aziende più attive vede infatti maggiormente interessate quelle grandi, le aziende nel settore dei servizi ad elevato tasso di femminilizzazione, le aziende nel settore dei servizi ad elevato contenuto tecnologico, le aziende manifatturiere ad elevato tasso di femminilizzazione, le aziende attive nei servizi di cura alla persona, le aziende con particolari criticità stressogene per i dipendenti,

Tra i fattori che le invogliano ad intervenire su questi temi vi sono infatti l’elevata presenza di donne nella forza lavoro, che portano necessariamente le imprese a prendere coscienza delle problematiche di conciliazione che influiscono sulla loro produttività, l’aumento delle attività legate al terziario avanzato, che spingono verso una maggiore valorizzazione del capitale umano, l’esigenza di motivare maggiormente il personale e di migliorare la reputazione dell’azienda presso i propri stakeholder.

Interessanti sono inoltre le ricadute economiche e i benefici del welfare aziendale in termini di redditività e contenimento dei costi.

La fiscalità applicata al welfare aziendale rende infatti tali servizi convenienti sia per l’impresa sia per il lavoratore. Confrontando (2)  i diversi trattamenti fiscali attribuiti ad un ipotetico aumento di stipendio rispetto ad una erogazione di servizi per la conciliazione di pari importo, si osserva un’importante riduzione dei costi per l’azienda e un aumento di retribuzione per il lavoratori. Ad esempio, su un ipotetico importo di 250 euro spesi per il welfare aziendale l’azienda godrebbe di un risparmio di 118 euro e il lavoratore di 92 euro. 

 



Figura: Vantaggi fiscali del Welfare Aziendale – Lato Azienda











 

Figura: Vantaggi fiscali del Welfare Aziendale – Lato Lavoratore

 

 

Un’altra categoria di costi che si possono ridurre grazie a queste strategie riguarda i costi per l’assenteismo e il turn-over dei dipendenti. Una ricerca della McKinsey (3)  ha infatti stimato che un piano integrato e condiviso di welfare può portare ad assenze per maternità più brevi (1,6 mesi, pari a 1.200 euro di minori costi per dipendente), a una riduzione delle assenze per assistenza agli anziani del 15 per cento (pari a circa 1.350 euro all’anno), e alla disponibilità a lavorare di più (+5 per cento, pari a 1.600 euro l’anno). 

La ricaduta positiva in termini di maggiore produttività aziendale - e quindi incremento di fatturato - può invece essere illustrata citando alcune indagini:

> le aziende (3) impegnate nel welfare aziendale presentano un tasso di crescita delle vendite nell’arco di un periodo di 5 anni superiore rispetto alla media; hanno performance in termini di ritorno per gli azionisti superiori del 22 per cento rispetto alle aziende con una attenzione media a questa tematica e del 38 per cento rispetto a quelle che hanno una bassa considerazione;

> un buon clima aziendale e l’attenzione alla qualità della vita dei dipendenti significa per l’azienda il 31 per cento in più di produttività, il 37 per cento in più di capacità di vendita e il triplo della creatività (Harvard Business Review).

 

Se quindi il welfare aziendale è così conveniente per tutti, perché solo il 37 per cento delle aziende è impegnata in una qualsiasi iniziativa di conciliazione e il 17,5 per cento in servizi di welfare aziendale? Le piccole dimensioni del nostro tessuto imprenditoriale rappresenta certamente un ostacolo, però superabile con forme di aggregazione gestite dalle associazioni datoriali, ad esempio, come in alcune realtà sta già succedendo. Non ci si può nascondere però che, per quanto si possa dimostrare dati alla mano la convenienza di queste attività, ci voglia comunque una cultura di impresa moderna, avanzata e lungimirante. È importante quindi superare lo stereotipo dell’azienda padronale e dello sfruttamento del lavoratore/trice, ma anzi, al contrario, aumentare la consapevolezza di quanto il capitale umano sia importante per il successo dell’azienda. Ci vuole quindi a monte un impegno nella crescita e miglioramento della cultura aziendale che la crisi attuale sta certamente rallentando, ma che comunque sta crescendo, anche se con molta lentezza e in mezzo a numerose difficoltà. L’unica certezza è che l’elevato numero di donne impegnate nelle risorse umane delle aziende è fondamentale per favorire questi processi. 

 

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NOTE

(1) Fonte: Istat, indagine sul clima di fiducia delle imprese manifatturiere e dei servizi

(2)   Fonte: Angelo De Filippo «Programmi di Welfare a scala aziendale e territoriale» – Unindustria Treviso  Novembre 2011 http://www.unindustria.treviso.it/confindustria/treviso/istituzionale.nsf/attach/AEA15AC2CBB1DEDDC12579410061A740/$File/DE%20FILIPPO%20-%20IMPRESE%20&%20LAVORO%202011.pdf?OpenElement

(3)  Fonte: Anna Zavaritt, “Il ROI delle politiche di Welfare aziendale” http://annazavaritt.blog.ilsole24ore.com/2013/04/26/il-roi-delle-politiche-di-welfare-aziendale/?refresh_ce=1 e http://annazavaritt.blog.ilsole24ore.com/wp-content/uploads/sites/54/files/sintesi-ricerca-roi-del-welfare.pdf

(4) Fonte benefici: Osservatorio nazionale sulla Famiglia, Sara Mazzucchelli (a cura di), “Conciliazione famiglia e lavoro. buone pratiche di welfare aziendale” ISBN: 978-88-97693-01-7 prima edizione: dicembre 2011

http://www.lavoro.gov.it/ConsiglieraNazionale/Documents/Documentazione/ConciliazioneFamigliaLavoro.pdf 
 


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