L'ultimo libro di Francesca Brezzi, Gioco senza regole. Homo ludens tra filosofia, letteratura e teologia, Castelvecchi editore
Lunedi, 23/04/2018 - E' pubblicato in questi giorni l'ultimo libro di Francesca Brezzi, Gioco senza regole. Homo ludens tra filosofia, letteratura e teologia, Castelvecchi editore, Roma 2018. L'autrice, Professoressa di Filosofia morale presso l’Università Roma Tre e direttore del dipartimento di Filosofia (1999-2006), risponde ad alcune domande accompagnandoci nell'affascinante dimensione della filosofia che, come il gioco, "non ha mai una traiettoria definitiva".
Perché il gioco? Immersi in una società così carica di problemi come - la nostra-, di fronte a quegli inferni che sono vaste zone della terra, come parlare di gioco, di festa, di comico, senza che sembri evasivo, senza cadere nella schiera delle anime belle?
Sono queste domande difficili e inquietanti, ineludibili, infatti nel mio libro inizio proprio ricordando il Salmo 137, dell’ esiliato «Come posso giocare in terra straniera», a cui affianco i celebri versi di Quasimodo ne Alle fronde dei salici: «Come cantare con il piede straniero sul cuore». Non mi sono quindi proposta di offrire soluzioni definitive ma tentativi di risposta, soprattutto lo scopo è quello di iniziare una riflessione, percorrere sentieri altri, forse dimenticati dai saperi maggiori.
Possiamo cogliere in questo atteggiamento le sue precompresioni femministe, anche se poi il testo non esplicita le tematiche “femminili” da lei tante volte affrontate?
Credo proprio di sì, perché se l’oggetto della riflessione è quella galassia di significati rappresentata dal gioco, uno dei fili nascosti, ma non troppo è l’intreccio su questo tema tra poesia e letteratura(sono infatti analizzati Pirandello e Baudelaire, Mallarmé e Freud , soprattutto Borgese le sue poesie sul gioco degli scacchi), scrittori che aprono alla filosofia campi nuovi, soprattutto tessono in maniera fondamentale il rapporto tra letteratura e riflessione, in vista di quel pensiero poetante di cui sono espressione, tra altre, Maria Zambrano, Iris Murdoch, cioè il pensiero femminile.
Quindi modalità femminile di ricerca?
Senza dubbio e questo si manifesta a mio parere anche nel mostrare come il gioco abbia subito nel corso del pensiero una sorta di ostracismo (ricorda niente ?) e sia stato presente con alterne vicende sulla scena filosofica: ha giocato la sua partita, combattendo tuttavia sempre una battaglia contro la pretesa di una ragione logica e sistematica che tentava di emarginarlo, e con esso di annullare tutte le tematiche con¬nesse, riso, comico, sogno, accusate di insignificanza cognitiva.
Nel libro si inizia con Huizinga ma l’ambizione è di andare oltre, disegnando una nuova visione antropologica e anche teologica. Ci spiega questo percorso?
In queste pagine io ho tentato una filosofia del gioco che verifichi la fecondità euristica di questo concetto in vari ambiti, con specifico riferimento all’esistenza umana e al rapporto con il divino. Per il primo aspetto cerco di evidenziare come il gioco, concetto prismatico possa esprimere un diverso modo di essere e di esistere, quindi esempio di una antropologia rinnovata, che nel profondo dell'uomo ricerca quel gioco di scompo¬sizione e aggregazione, che è anche interpreta¬zione del mistero. Ne deriva altresì il profilo di un’etica per i nostri inquieti tempi. Il gioco esistenziale infatti o umanesimo ludicocoglie l'uomo come l'essere la cui dignità consiste nel ben gio¬care la propria vita e che è responsabile di ciò che fa, uomo quindi che anche nell'angoscia e nella disperazione agisce con responsabilità. Essere umano libero che nel gioco scopre la gioia di essere causa, ma insieme coglie la propria duplicità e ambiguità chiaroscurale, in cui tuttavia agisce.
Interessante che lei intitoli un capitolo individuando nel comico una prassi critica.
Questo in linea con quanto ora affermato: innanzi tutto il gioco esistenziale è esperienza di rottura, di emergenze improvvise o di brusche inversioni, disdicevoli per l'ordine stabilito, per il sistema o le istituzioni, che si adopereranno in ogni modo per occultare tali discontinuità. Al gioco non rimane che presentarsi come esperienza nomade, talvolta emergente, tal altra sotterranea, e quindi alcuni movimenti artistici come il dadaismo, e il surrealismo,il futurismo ,ma altresì il barocco e i movimenti degli hyppies e il '68, etc. sono cifre di tale esperienza di rottura.
Concludiamo con il profilo del Deus ludens
Ho dedicato un capitolo a questo aspetto, intitolato, un po’ ironicamente Scacco al Re, per indicare proprio una terza via, ugualmente diversa dalla conoscenza metafisica-sistematica quanto da quella scientifica. Quest’ultima nel Novecento ha duramente contestato e rifiutato l’oggettività di Dio, fondata sulla metafisica, appunto, che concepiva Dio come Re degli eserciti, Pensiero di pensiero. La categoria di gioco, invece, può diventare nella teologia veicolo di concetti essenziali quali gratuità, a-logicità, inutilità, ed insieme speranza, futuro, impegno.
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