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Quando ‘Il colore dell’erba’ è un’astrazione sonora.

Quando ‘Il colore dell’erba’ è un’astrazione sonora.

Il documentario di Juliane Biasi, prodotto da Indyca, racconta l’adolescenza ed i sogni di due ragazze non vedenti.

Giovedi, 14/07/2016 -
Raccontare l’adolescenza non è mai facile, né scontato, ma la vitalità del tema ha fornito da sempre spunti cinematografici di grande ricchezza e varietà. Anche nel bel documentario ‘Il colore dell’erba’, scritto e diretto da Juliane Biasi - documentarista e produttrice altoatesina già nota per Oceano dentro, Muyeye e Voci del silenzio - e proiettato nei giorni scorsi a Roma al cinema Farnese Persol, si rinnovano lo stupore e le prorompenti contraddizioni adolescenziali con uno sguardo attento anche al tema della disabilità. Il racconto riguarda infatti due ragazze non vedenti, Giorgia e Giona, amiche per la pelle, fragili e determinate al tempo stesso, caratteristiche che accomunano gli esponenti della cosiddetta ‘età dell’oro’ (espressione usata da alcuni studiosi per definire l’adolescenza, non certo riconosciuta come tale da chi la vive): entrambe hanno sogni di indipendenza ed immaginano il futuro che le attende.

Giorgia, componente trainante della coppia, vuole viaggiare ed intraprendere la strada di  critica eno-gastronomica, mentre Giona, più timida e timorosa rispetto alle possibilità che la vita le offre, troverà grinta e fiducia per risollevare l’amica da un momento di sconforto. La regista accompagna le protagoniste nella vita quotidiana, tra scuola, judo, arrampicata, pianoforte e passeggiate nell’orto, finché un giorno le due ragazze decidono di spingersi oltre dandosi un obiettivo di emancipazione - reale e metaforica - per nulla banale, quello di raggiungere da sole la gelateria del lago vicino al quale vivono, attraversando il paese con l’aiuto dei bastoni da orientamento e di un itinerario studiato preventivamente: la meta non conta quanto l’impegno, il coraggio ed il bisogno di libertà messi in campo.

“Facendomi entrare nelle loro vite - racconta la regista - Giorgia e Giona mi hanno aperto le porte al loro mondo di sensazioni e scoperte, comprensione e incomprensione, che è un mondo ribaltato dove la realtà diventa astratta e ciò che è astratto diventa realtà. Il mio film vuole dare voce al loro desiderio, ma al tempo stesso è un contributo al mondo ‘ordinario’ perché possa arricchirsi di esperienze di vita differenti, fuori dalla norma.” Qui sta la peculiarità del documentario ‘Il colore dell’erba’, che da un lato si propone come un’opera pensata e realizzata per persone non vedenti, vedenti e ipovedenti, grazie alla costruzione di un vero e proprio ‘paesaggio sonoro’ che vuole renderla fruibile anche 'a occhi chiusi', all’interno di una più completa esperienza sensoriale, e dall’altro lato tende a superare il concetto stesso di ‘visione’ attraverso la maggior importanza data, nella pellicola, alla forza ed ambivalenza delle emozioni - paura, desiderio, tristezza, gioia, imbarazzo - trasmesse e rimandate dalle protagoniste agli spettatori, con l’aiuto dell’universo di suoni che le accompagnano. Una delle principali caratteristiche dell’opera è infatti il ricercato lavoro sonoro svolto dal bravissimo Mirco Mencacci, uno dei più importanti sound-designer italiani, anche lui non-vedente, che ha collaborato, fra gli altri, con Marco Tullio Giordana, Ferzan Ozpetek, e Michelangelo Antonioni. L’idea concepita intorno al documentario, e realizzata da Mencacci insieme alla regista ed al team della produzione Indyca era proprio quella di costruire un film godibile anche 'a occhi chiusi': il pubblico vedente, infatti, viene invitato, prima della proiezione, a chiudere gli occhi per entrare pienamente in medias res. “Da piccola - aggiunge la regista - avevo paura del buio e di percorrere il tratto di camera che mi separava dal letto alla luce: le protagoniste del documentario mostrano come la 'paura del buio' riguardi in realtà tutti e spero che siamo riusciti a restituire questa universalità anche da un punto di vista formale, lasciando immergere gli spettatori, vedenti e non vedenti, in un universo sonoro che ripropone il mondo fisico ed emotivo delle due giovani protagoniste”. Trasmesso in anteprima su Doc 3 ed ora in tour nelle sale italiane, il documentario, la cui lavorazione è durata quattro anni, è stato prodotto da Simone Catania (Indyca) e da Kuraj, con il sostegno del Mibact, di Trentino Film Commission, Piemonte Doc Film Fund e Rai 3 (Doc 3) e con il patrocinio dell’UICI - Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. Oltre al già menzionato, determinante apporto di Mirco Mencacci, l’opera si è avvalsa della colonna sonora di Niki La Rosa (Edizioni Sam) e della fotografia di Alessandra Brancati.

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