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Paola: Pensieri e Parole in libertà / Adriana e Camilla, primo matrimonio lesbico in carcere

Paola: Pensieri e Parole in libertà / Adriana e Camilla, primo matrimonio lesbico in carcere

A Rebibbia femminile il primo "matrimonio" grazie alla legge sulle unioni civili. Adriana e Camilla, felici, accompagnate dai genitori e dal consenso e sostegno della direzione del Carcere

Martedi, 31/10/2017 - Paola: Parole e Pensieri in libertà / Adriana e Camilla, primo matrimonio lesbico in carcere

Cronache dal Carcere di Rebibbia: “Il matrimonio“ di Adriana e Camilla. 

La notizia: grazie alla legge sulle unioni civili Adriana e Camilla, due donne di 25 anni, detenute nell'Istituto di pena femminile romano di Bebibbia, e innamoratesi. Aiutate anche dalla stretta convivenza, non semplicemente nel carcere ma nella stessa cella, sono convolate a nozze con un celebrante di tutto rispetto: il vice sindaco di Roma Daniele Frongia

La notizia, rimbalzata sui giornali cancellando  le poche speculazioni e critiche, di norma, di alcune voci benpensanti dell’informazione, è stata divulgata - mi è sembrato - non solo con positività ma come un atto che sottolinea la capacità del carcere di fare, come nello specifico, azioni utili e positive per il futuro di chi è “ristretto”.

E questo in primis nelle dichiarazioni della Direttrice di Rebibbia femminile,  dr..ssa Ida Del Grosso, a cui penso si debba un ruolo se non solitario ma determinante nell’evento.  E forse è proprio a questo approccio positivo che si deve una narrazione dei fatti ottimista, assimilabile all’allegria e alla felicità della cronaca di un qualsiasi matrimonio.

L’aggettivo vero è dovuto, per me, al fatto che la definizione di unione civili, che normalmente viene usata come da legge; da quando questa è stata approvata definitivamente,.nel caso specifico è stata sostituita in ogni articolo sempre dal termine matrimonio. Forse la scelta è avvenuta per sottolineare l’evento con una partecipazione e simpatia insolita. Un'unione di cui sono stati narrati tanti particolari che, se normali fuori le mura, nello specifico è come se fossero, o è meglio dire che sono divenuti speciali.

Festa, regali, bomboniere, invitati, i vestiti più belli e, avvenimento assolutamente non scontato, la presenza dei genitori delle ragazze che con la loro partecipazione hanno rafforzato, condividendola e accompagnandola,  la legittimità della scelta delle figlie.

E non mi si dica che era ovvio. .

Adriana è di origine polacca - è sempre stata consapevole della sua omosessualità - e Camilla che è latino americana - la sua omosessualità l’ha scoperta e accettata, oggi possiamo dire felicemente, a Rebibbia-. Entrambe le giovani, recluse per droga, hanno come fine pena il 2019;  a loro non si può che augurare di arrivarci forti di questa unione, la prima in Italia in un luogo di detenzione. Un fatto che affida loro soddisfazione e responsabilità, come componenti che potranno rafforzare una vita che non possiamo che augurare loro felice.

Naturalmente i portatori di malaugurio - che non mancano mai - si sono attaccati al fatto che le giovani  essendo nella stessa cella si gioverebbero di un privilegio che gli etero non hanno. Ma hanno letto che stavano già nella stessa cella? E forse fu proprio quella stanza a ad aiutare questo amore! Perché le si deve dividere? Va sottolineat, tra le altre informazioni,  che il loro comportamento è stato sempre esemplare; il che ha anche favorito e motivato la scelta fatta dalla direzione del carcere in tutte le sue componenti.

Caso mai si dovrà ragionare per dare più opportunità di stare insieme alle coppie eterosessuali.

Uno dei vizi della nostra società, e mi verrebbe da dire della cultura che si riversa poi nelle notizie,  è di non fermarsi mai, neppure per un attimo, al buono della notizia, ma subito dover trovare qualcosa da criticare.

Eppure c’è un estremo bisogno di positivo e, quando c’è, divulghiamolo al meglio.

Guarda caso è praticamente proprio mentre scrivo che l’informazione ci “racconta “ un'altra notizia che parla di carcere, genitore e amore. Ma il segno è tutt’altro. Un padre, capomafia, viene intercettato mentre dal carcere chiede al figlio di uccidere la sorella perché innamorata di un carabiniere. Per fortuna il figlio/fratello si rifiuta!

Paola Ortensi

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