Login Registrati
Natalia Goncharova, una pioniera delle avanguardie russe

Natalia Goncharova, una pioniera delle avanguardie russe

A Firenze fino al 12 gennaio 2020 la prima retrospettiva italiana dedicata a Natalia Goncharova (1881-1962), pittrice, costumista, scenografa, grafica dell’avanguardia russa

Domenica, 15/12/2019 - "Questa donna trascina tutta Mosca e tutta San Pietroburgo dietro di sé; non si imita solo la sua opera, ma la sua personalità […] E questo non è ancora nulla: si è dipinta dei fiori sul corpo. E immediatamente la nobiltà e la bohème l’hanno seguita con cavalli, case, elefanti, disegnati e dipinti sulle gote, sulla fronte e sul collo, oppure con il viso pitturato metà di blu e metà di ocra". Così Sergej Diaghilev, il grande impresario dei Balletti russi, descrive lo straordinario successo riscosso dalla mostra personale di Natalia Goncharova, inaugurata il 29 settembre 1913 a Mosca nel Salone Artistico della gallerista Klavdia Mikhailova. Un evento che, a pensarci oggi, nell’era della promozione sui social, ha dell’incredibile.
Le fonti riferiscono di oltre settecento opere esposte, tra dipinti, acquerelli, sculture, pastelli, disegni per il teatro, tessuti, figurini di moda, ricami, carta da parati e stampe popolari (lubki). Dodicimila i visitatori. Tre edizioni del catalogo. E tre opere acquistate dalla Galleria Tretyakov, il primo museo russo di arte nazionale: una vera consacrazione per la trentaduenne Natalia Goncharova (1881-1962), riconosciuta, col suo compagno Mikhail Larionov (1881-1964), tra i capiscuola dell’avanguardia pittorica russa. Un traguardo importante, segno di un nuovo atteggiamento verso le artiste e di una maggiore partecipazione delle donne alla vita artistica russa. Infatti quando nel 1893, appena vent’anni prima, a Mosca aveva aperto la Galleria Tretyakov, nel giorno dell’inaugurazione fu visitata da circa 700 persone, ma tra i visitatori le donne dovettero essere assai poche; o comunque la loro presenza passò del tutto inosservata sui giornali dell’epoca.
Oggi la bella mostra "Natalia Goncharova. Una donna e le avanguardie tra Gauguin, Matisse e Picasso", promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze (fino al 12 gennaio 2020; catalogo Marsilio Editori) e dalla Tate Modern di Londra (dove l’esposizione si è tenuta nell’estate 2019), racconta, attraverso più di centotrenta opere, e un ampio apparato di fotografie e filmati d’epoca, la vita e la poliedrica produzione di quest’artista, ormai ampiamente rivalutata dalla critica.
Vale però la pena ricordare che quarant’anni fa, quando Lea Vergine preparava la rassegna "L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940" (1980), destinata a divenire una pietra miliare nella riscoperta di tante figure femminili allora cadute nell’oblio, nella prefazione in catalogo a proposito della Goncharova dichiarava, non senza apprensione: "chi ha occhi guarderà e vedrà che non si tratta di glosse alle opere di Larionov".
La mostra allestita in Palazzo Strozzi, curata da Ludovica Sebregondi, Matthew Gale e Natalia Sidlina, si apre con una sezione introduttiva che, oltre a una biografia per immagini, presenta alcuni capolavori di Paul Cézanne, Paul Gauguin, Henri Matisse e Pablo Picasso (nato lo stesso anno di Goncharova e Larionov), ossia gli artisti che l’hanno influenzata negli anni della formazione. Tutti autori ben rappresentati nelle raccolte di Sergej Schukin e Ivan Morozov, industriali e grandi collezionisti moscoviti, che aprivano le loro raccolte ai giovani artisti russi. Così, studiando le opere dei maestri occidentali, Goncharova riesce a compiere una sintesi originalissima tra le moderne tendenze europee (postimpressionismo, primitivismo, espressionismo, cubismo) e la tradizione popolare russa, come si vede nella seconda sezione della mostra, in dipinti quali "Lavaggio della biancheria" (1910) o "Contadini che raccolgono le mele" (1911).
Nata nel governatorato di Tula, nella Russia centrale, in una famiglia della piccola nobiltà rurale (una sua prozia, omonima, era la moglie del poeta Alexander Pushkin), Goncharova vive in campagna fino all’adolescenza, per trasferirsi poi con la famiglia a Mosca, dove studia arte. Ma il folclore e l’artigianato russo, soprattutto i tessuti, e gli antichi, misteriosi idoli di pietra (kamenaia baba) delle steppe della Russia del Sud resteranno per lei un’inesauribile fonte d’ispirazione.
La terza sala raccoglie alcuni dipinti esposti nella celebre mostra del 1913 e in altre esposizioni.
Prima donna a esporre nudi femminili, a partire dal 1910 Goncharova fu accusata varie volte, e processata, per offesa alla pubblica morale e pornografia, ma venne sempre assolta. In mostra è esposto un suo potente nudo di donna, "Modella su sfondo blu" (1909-10), che, censurato all’epoca è stato censurato di nuovo da Instagram, quando è apparso nel trailer di promozione della mostra.
La quarta sala è dedicata ai temi sacri, molto frequentati dalla pittrice soprattutto tra il 1909 e il 1916. Bisogna ricordare che nella tradizione ortodossa solo gli uomini possono dipingere icone, perciò le sue opere di soggetto religioso, sia perché dipinte da una donna, sia perché mescolavano iconografie della tradizione con lo stile profano della modernità, le procurano spesso scontri con la Chiesa.
La sezione successiva racconta attraverso costumi, filmati e disegni per scenografie e figurini, il ricco lavoro svolto per i Balletts Russes di Diaghilev, avviato nel 1914 con le scene e i costumi per "Le Coq d’or". Nel 1915 con Larionov lascia Mosca per seguire Diaghilev in Europa, ma in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre la coppia si stabilisce a Parigi e non farà più ritorno in Russia. La settima sezione, dedicata al Modernismo, pone a confronto alcuni dipinti astratti di Larionov, che nel 1913 lancia il Manifesto del Raggismo (una sintesi di cubismo, futurismo e orfismo) con opere astratte della Goncharova. Segue quindi un’importante approfondimento sui rapporti dell’artista con l’Italia e con la sua cultura figurativa, in particolare con i Futuristi, dei quali la mostra presenta una scelta di opere di Boccioni, Balla e Depero. Ardengo Soffici, che conosce Goncharova a Parigi, la descrive così: "Giovane donna di grande ingegno, non bella, gradevolissima, alta, vestita alla diavola, indolente, silenziosa, misteriosa, russa in toto".
Conclude l’esposizione una sezione risolta in modo forse un po’ troppo sintetico, intitolata "Dopo la Russia", che presenta alcune opere della fine degli anni Venti, ma la produzione successiva resta nell’ombra.
Dopo la morte di Diaghilev, infatti, avvenuta nel 1929, Goncharova continua a lavorare per il teatro, insegna pittura e collabora con case di moda, editori e riviste, tuttavia la sua fama è ormai in declino. Dopo aver convissuto per cinquant’anni, come una coppia aperta, Larionov e Goncharova si sposano nel 1955 per garantire a chi dei due fosse sopravvissuto il lascito artistico dell’altro. Goncharova muore nel 1962 a Parigi, Larionov nel 1964, dopo aver sposato in seconde nozze Alexandra Tomilina, la quale nel 1989 riuscirà a realizzare il sogno dei due artisti: riportare a casa, nei musei russi, le loro opere.
Per informazioni: www.palazzostrozzi.org
Immagini:
1. Natalia Goncharova, 1913
2. Autoritratto con gigli gialli, 1907-1908
Mosca, Galleria Statale Tretyakov
© Natalia Goncharova, by SIAE 2019
3. Contadini che raccolgono le mele, 1911
Mosca, Galleria Statale Tretyakov
© Natalia Goncharova, by SIAE 2019
4. Modella (su sfondo blu), 1909-1910
Mosca, Galleria Statale Tretyakov
© Natalia Goncharova, by SIAE 2019

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®