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Meglio autorevoli che 'piacione'

Meglio autorevoli che 'piacione'

Versione Santippe - ...Vogliamo mettere l'orgoglio di non piacere a tutti - come a noi del resto non tutti piacciono ....

Camilla Ghedini Sabato, 27/02/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2016

Con molta soddisfazione comunico che il mio precedente pezzo su 'Le mogli di...', ha fatto stizzire alcune, guarda caso consorti, che mi hanno tolto il saluto. Come si usa dire, colpite e affondate, almeno si apre un distinguo tra chi predica e chi razzola sull'indipendenza e l'emancipazione femminile. Quella autentica. D'altra parte, a me piacere a tutti non è mai interessato, anzi. Ho sempre dichiarato che preferisco passare per stronza e spigolosa, ma mai per una che sa muoversi bene in tutti gli ambienti. Se così fosse, mi spaventerei da sola, perché significherebbe che non ho identità, che non trasmetto nulla tranne 'gentilezza' ed 'educazione', che per me si traducono esclusivamente in mancanza di maleducazione. E in un tentativo - spesso maldestro, ad onor del vero - , di evitare di contrarre il volto in smorfie che possano palesare il fastidio che provo. O ancora, significherebbe che sono una stratega perfetta, che mi adeguo alle esigenze di ogni interlocutore, per essere nelle sue grazie. Ovvio che pago sulla mia pelle questo 'snobismo' al contrario. In effetti io mi ritengo snob nel senso etimologico del termine di 'sine nobilitate', non in quello da 'vulgata' che vorrebbe lo snob superiore ad altri per motivi di rango e censo. E invece, troppo spesso, vedi i politici, vogliono essere amati a tutti i costi. Certo, si può obiettare che per loro è una questione di consensi, che diventano voti. Succede però che alla 'resa dei conti' non si siano all'altezza della parola data, perché se ne sono 'date' troppe e in conflitto tra loro. La prigione dell'apprezzamento è terribile. Anche molti miei colleghi si fanno vanto di piacere a tutti, che nel caso di questa professione, secondo me, è indicativo della volontà di non pestare mai i piedi a nessuno, ma di sapere fare i compitini, eseguire resoconti - invece che approfondimenti - senza infamia e senza lode. Non colpiscono, non danneggiano, non creano dibattito, non servono. Io credo - pur senza voler generalizzare - che siamo di fronte alla caduta dei concetti di autorevolezza, rispetto, che prescindono dal 'likare' o 'lovvare'. E in effetti sono soprattutto le persone scomode a diventare invise, a rischiare l'isolamento. Un 'rischio' che molti non vogliono correre, pena l'essere fuori dai giochi - ma di cosa parliamo? - e la perdita della inutile lusinga del momento. E questo è un fronte su cui noi donne siamo ancora fragili. Mi trovavo a riflettere nei giorni scorsi, mentre scrivevo alcuni pensieri sulla rubrica Chi dice donne dice danno, sul blog Libroguerriero della scrittrice Marilù Oliva, che uno dei complimenti più graditi dal gentil sesso è 'Tu sì che hai le palle'. Un'immagine pessima, anche al maschile, in cui si vede un riconoscimento di 'valore'. Ma, generi a parte, ne siamo sicuri? Vogliamo mettere l'orgoglio di non piacere a tutti - come a noi del resto non tutti piacciono - ed essere tuttavia ritenuti interlocutori credibili anche da chi non ci condivide sempre? Perché almeno c'è una reciprocità. Quella che non ho, è palese, con le mogli di...che non sono state così scaltre da 'incassare' senza fare una piega. Perché la ferita inferta è superiore. Me ne farò una ragione. C'est la vie.

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