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Marc CHAGALL, in mostra a Rovigo

Marc CHAGALL, in mostra a Rovigo

Marc CHAGALL - Anche la mia Russia mi amerà, una mostra da...amare

Sabato, 19/09/2020 - A Rovigo, nella eccellente cornice di Palazzo Roverella è appena stata aperta una splendida, importante esposizione monografica su Marc Chagall, davvero unica (galleria fotografica).
Comprende, infatti, una selezione notevole di oltre cento opere, suddivise in 13 stanze: circa 70 i dipinti su tela e su carta, oltre alle due straordinarie serie di incisioni ed acqueforti pubblicate nei primi anni di lontananza dalla Russia, “Ma Vie”, 20 tavole che illuminano la sua precoce e dolorosa autobiografia e “Le anime morte” di Gogol, lo scrittore che assieme al genio di Tolstoj e di Dostoevskij, è riuscito a mettere a nudo l’anima più profonda della letteratura e, quindi, della cultura e civiltà russe, un po’ quello che, altrettanto, in musica, ha fatto Tchaikowskij ed in senso ‘uguale seppur opposto’ il Gruppo dei Cinque, tra cui Modest Musorgskij, Nikolaj Rimskij-Korsakov, Aleksandr Borodin, Michail Glinka.
Chagall aveva precorso i tempi, forse senza volere, con l’amore, un sentimento universale che profuse nelle sue opere e nella sua vita, verso gli altri, un principio ispiratore che dovrebbe informare i...giorni nostri.
Immenso fu l’amore suo per Bella, sua compagna, sua ispiratrice fino alla morte di lei, avvenuta nel 1944, l’amore del ‘diverso’, lui ebreo chassidico, per l’altro/l’Altra da sé che informò l’intera sua vita, da Lëzna, presso Vitebsk, un grande villaggio Shtetl in cui era nato, alla Francia, a Parigi, alla Spagna, al Portogallo, agli Stati Uniti ed, ellitticamente, seppur simbolicamente, come è a volte il corso della vita, ancora nella sua Russia, oggi Bielorussia.
Io vivo dappertutto – disse una volta in una intervista alla soglia degli 80 anni – in tutto il mondo, ma, soprattutto, a Vitebsk e a Parigi.
E la Francia fu la sua ultima destinazione: morì a 97 anni, in Provenza, a S. Paul de Vence dove tutto parla ancora di lui, dalle continue mostre estemporanee al Museo de la Cité al piccolo delizioso Duomo, dove c’è un mosaico sacro a tutta parete dai colori pastellati e vivaci, ad un tempo, un gioiello sulla voglia di vivere, un inno alla luce e non solo del Midi du France.
La mostra, che si avvale della collaborazione della Fondazione Culture Musei e del Museo delle Culture di Lugano, che ha concesso opere dell’Artista mai esposte prima, è accompagnata da un ricco catalogo – a cura di Claudia Zevi – pubblicato da Silvana Editoriale, con saggi di Maria Chiara Pesenti, Giulio Busi, Michel Draguet e della stessa Curatrice, Claudia Zevi.
Questa mostra intende porre in discussione anche il tema della posizione singolare che Chagall occupa nella storia dell’arte del XX secolo.
Senza mai confondersi con il dibattito delle Avanguardie, la sua pittura tuttavia rimane sempre aperta alle esigenze del modernismo, ma senza necessitare di alcuna rottura con il mondo della memoria e delle forme tradizionali. Nella sua opera straordinaria e originalissima non viene mai a mancare l’esigenza utopica propria dell’avanguardia, senza mai interferire con il mondo delle emozioni e dell’affettività, che divengono, nella sua opera, un elemento di arricchimento e di originalissima definizione formale.
E, comunque, la sua personale cifra stilistica ed i suoi contenuti, non si adatteranno mai, se non per qualche ‘particolare’ alle Avanguardie, si manterranno sempre originali e propri, non venendo mai meno a se stessi.
E così, pur scegliendo di vivere, come lui stesso dice ‘voltando le spalle al futuro’ - il senso del paradosso, sempre tipicamente ebraico - Chagall si trova ad avere codificato un linguaggio ed una sintassi espressiva che sopravvivranno, ben più delle avanguardie tradizionali del ’900, al trascorrere del tempo e al modificarsi delle situazioni politiche e sociali del XX secolo.
Ecco perché, ancor oggi, lo si può ancora considerare un ‘moderno’ – ma forse, sarebbe meglio dire, ormai, un classico.
Anche la mia Russia mi amerà – il titolo della mostra - sono le parole con cui conclude “Ma Vie”, l’autobiografia illustrata da lui pubblicata, ad appena 34 anni, a Berlino all’inizio dell’esilio, consapevole che questa volta la separazione dalla Grande Madre Russia sarebbe stata definitiva.


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