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Maddalena Crippa. L'arte e il teatro potrebbero salvarci

Maddalena Crippa. L'arte e il teatro potrebbero salvarci

Teatro - Maddalena Crippa, “animale da palcoscenico”, denuncia le discriminazioni nel mondo dello spettacolo

Alma Daddario Giovedi, 07/01/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2016

 Maddalena Crippa è una delle attrici italiane più eclettiche e interessanti. Per quello che riguarda la scena teatrale è tra le più note a livello europeo, interprete di testi importanti e impegnativi, come l’ultimo ,“Der Park” di Boto Strauss per la regia di Peter Stein, ispirato a “Sogno di una notte di mezza estate” in chiave contemporanea, ricco di riferimenti all’attualità, presentato al Teatro Argentina di Roma e al Piccolo di Milano. Cinema, tv, concerti nel percorso artistico dell’attrice, formatasi alla scuola di Giorgio Strehler, con il quale ha debuttato recitando nel “Campiello” a soli 17 anni, affiancando grandi nomi come Didi Perego, Achille Millo, Pamela Villoresi, Ferruccio Soleri, Edda Valente. La incontriamo durane la tournèe di “Der Park”.



Quando hai capito che avresti voluto fare l’attrice?

Se sono attrice lo devo a mio padre: lui amava il teatro, avrebbe voluto recitare, ma nella vita ha fatto il commerciante per mantenere cinque figli. Ho avuto una specie di “folgorazione sulla via di Damasco” a dodici anni. Eravamo in oratorio, c’era anche mio fratello Giovanni. Mio padre come regista aveva organizzato uno spettacolo molto semplice: delle poesie che dovevamo recitare. Ero emozionatissima, ricordo che presi una “papera”, ma capii che recitare era quello che avrei voluto fare nella vita. Il teatro mi era sembrato un luogo magico, dell’emozione e della libertà. Ancora oggi per me il teatro è l’unica dimensione in cui l’uomo è veramente libero e può permettersi di mantenere intatta la propria umanità. E’ il luogo dell’emozione perché è fatto da gente viva, per i vivi. È il luogo della comunicazione e condivisione per eccellenza, sviluppa il pensiero critico, e la salvezza dell’uomo passa attraverso il confronto e il ragionamento.



Pur avendo interpretato film e fiction di successo, a teatro ti senti più realizzata come artista?

Io sono un animale da palcoscenico. Il teatro è quello che dà più soddisfazione in tal senso. Al cinema non mi hanno mai offerto ruoli interessanti, forse perché non ho le fisique, non buco lo schermo, ma questo accade soprattutto in Italia.



Rispetto all’Europa e agli Usa, trovi che le donne siano più penalizzate in Italia, sia in termini di ruoli offerti, sia in riferimento all’età che all’avvenenza?

Al cinema più che a teatro c’è questa discriminazione, il teatro è un luogo diverso, dove contano doti che superano l’apparenza, per fortuna. Certo la presenza delle donne anche qui però fa la differenza. In Italia ci sono poche drammaturghe, poche registe e ancor meno donne direttore artistico. Anche in questo settore le donne non hanno un gran potere decisionale; anche qui, come nelle istituzioni e nelle grandi aziende, c’è il famoso “soffitto di cristallo” che non si riesce a superare.



 All’estero gli spettacoli rimangono in cartellone più a lungo rispetto a noi. Cosa ne pensi?

Il teatro dovrebbe essere abitato dagli attori, non dagli impiegati. Qui il teatro ha la funzione di un’affittacamere. All’estero ci sono compagnie stabili che contano anche più di cento elementi, come nella Comédie Française. In Italia grasso che cola se ti danno una o due settimane per fare uno spettacolo, anche se si tratta di qualcosa di importante che ha comportato tanto lavoro. In una grande città come Roma o Milano, dove funziona perlopiù il passaparola, è impensabile tenere uno spettacolo in cartellone per così poco tempo. Ci sarebbe molto da dire su questo. Il guaio è che la politica ha rovinato tutto. Le istituzioni e i dirigenti politici sono praticamente assenti, non vengono a teatro, non danno il buon esempio, ci costringono a lavorare controcorrente, azzerano i contributi utili a chi fa cultura, non incentivano chi merita, perpetrando una mentalità “mafiosa”, più che sostenere la qualità dei prodotti artistici. C’è troppa distanza tra arte e istituzioni: c’è mancanza di responsabilità, corruzione, clientelismi, e tanta superficialità.



Che utilità può avere il teatro in tempi difficili come questi?


In questo momento storico più che mai l’arte e il teatro potrebbero salvarci. La gente ha bisogno di incontrarsi, di stare insieme per condividere speranza, sogni, voglia di libertà e di andare avanti, cose che solo l’arte può dare.



Spesso incontri i giovani, nell’ambito di seminari e masterclass organizzati da te e Peter Stein, cosa si aspettano dal teatro?

Per fortuna ci sono giovani di gran talento che si appassionano e credono in quello che fanno. Sono anche consapevoli che questa scelta comporta molto sacrificio e uno studio che dura tutta la vita. Recentemente ho conosciuto un giovanissimo regista, Fabio Condemi, allievo dell’Accademia Silvio D’Amico, che ha avuto il coraggio di mettere in scena “Bestia da Stile” di Pasolini, un testo impegnativo e difficile, con grande sensibilità e talento. Non mi dispiacerebbe essere diretta da lui.



Progetti futuri?

Nei progetti futuri c’è un “Riccardo II” per la regia di Peter Stein, dove reciterei nel ruolo del re. Un po’ come faceva Sarah Bernard. In fondo perché no: al tempo di Shakespeare era interdetto alle donne calcare il palcoscenico, è come prendersi una rivincita. Ci sarà poi un esperimento musicale, tratto dalla Vedova Allegra, dove canterò in tutti i ruoli, in quello della protagonista ma anche in quello di Danilo. Poi l’evento “Lampedusa way”, con un testo scritto dalla poetessa siciliana Lina Prosa. Mi piacerebbe anche che venisse ripreso lo spettacolo multimediale “La nave Argo” di Giorgio Barberio Corsetti, dove interpretavo la mitica Europa, nella magnifica sala Ottagona, l’ex osservatorio astronomico di Roma, in collegamento con la Cripta Balbi e il Colosseo. Un bell’esempio di come il teatro possa declinarsi in linguaggi diversi, sfruttando al contempo tecnologia e archeologia, per valorizzare la ricchezza artistica del nostro Paese.



È superfluo chiederti se riesci ad avere del tempo libero?

Il tempo libero cerco di ritagliarmelo come posso. Ho una casa in Umbria, in un piccolo borgo verde e suggestivo, dove trovo la pace dell’anima e mi rigenero a contatto con la natura. Lì coltivo le rose, invito gli amici, condivido le giornate con gli affetti, medito e respiro aria buona. Tutte cose utili per ricaricarsi, per ricominciare più propositiva che mai, malgrado questi tempi da medioevo!



Foto: Der Park, foto di Serafino Amato

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