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L'UDI verso il congresso

L'UDI verso il congresso

- Mercoledì 16 settembre inaugurazione nuova sede nazionale UDI. Intervista a Vittoria Tola, responsabile nazionale UDI sui prossimi importanti appuntamenti

Bartolini Tiziana Domenica, 06/09/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2015

Il 2015 é un anno particolarmente impegnativo per l'UDI tra settantesimo anniversario dell'associazione, cambio della sede nazionale e riorganizzazione dell'archivio a Roma e, non ultimo, la preparazione del congresso. Abbiamo chiesto a Vittoria Tola (videointervista), responsabile nazionale Udi, qual è filo conduttore di questi importanti passaggi. “Si tratta di un anno indubbiamente molto impegnativo perché le scadenze che richiamavi si sono aggiunte a tutte le questioni strutturali della politica che le donne dell’Udi seguono con grande determinazione come la violenza maschile o l’autodeterminazione delle donne sui temi della procreazione e della salute riproduttiva in un quadro nazionale e locale sempre più difficile. Al seminario nazionale di Napoli sul femminicidio ha fatto seguito il seminario per arrivare a una contrattazione di genere sul lavoro e precariato e su che cosa significa, oggi, guardare al lavoro con un corpo di donna in una realtà che pone ipoteche terribili soprattutto alle giovani donne (articolo pubblicato in NOIDONNE luglio/agosto 2015, ndr). Sulla violenza maschile vediamo che, al di là di tante parole di condivisione politica, questa continua a non trovare (forse non a caso?) risposte politiche adeguate mentre si è aperto un nuovo fronte con le proposte di riapertura delle ‘case chiuse’ - vedi l’ignobile referendum della Lega - o della legalizzazione della prostituzione come dimostrano diversi progetti di legge in Parlamento. Si tratta di falsificazioni storiche e politiche della legge Merlin, di strade fallimentari, confuse e di lenocinio imprenditoriale e fiscale di Stato, mentre non ci sono politiche adeguate sia sulla tratta sia sull’educazione di genere alla sessualità consapevole né nella scuola (un’altra pessima caratteristica della “buona scuola”) né tanto meno nei mass media, dove continuiamo a vedere pubblicità sessiste degradanti. In questo quadro il settantesimo della Liberazione, del ruolo che vi hanno svolto le donne e la nascita dell’Udi si legano perché sono alla base del diritto di cittadinanza delle donne italiane che se lo sono conquistato con grande forza e determinazione 70 anni fa. Questa conquista è spesso misconosciuta e messa in discussione anche da parte di tanti/e che sono convinti/e che tutto nasca negli ultimi 40 anni.

La soggettività politica delle donne dell’Udi ha segnato le iniziative del settantesimo, dove finalmente le donne sono presenti; e si è trattato di un impegno poderoso non solo in centro, ma anche in tante realtà locali che, da oltre un anno, hanno organizzato mostre, dibattiti, spettacoli, costruzione di materiale didattico per i/ le più giovani nelle scuole. Ci sono state anche le ricostruzioni dell’identità delle donne che hanno partecipato ai Gruppi di Difesa delle Donne (GDD), come ha fatto Ravenna. Le biciclettate, come hanno fatto in tante soprattutto il 25 aprile, ma anche documentari, interviste alle protagoniste di allora e di oggi. Uno sforzo storico e documentario molto particolare e fuori da ogni celebrazione, per questo l’impegno per avere una nuova sede e un luogo più adeguato per l’Archivio centrale è fondamentale. Questo conta, come abbiamo visto, con la ricerca sulla Resistenza e sugli stupri di guerra con le “marocchinate” o con quelle che già si annunciano con l’anniversario del diritto di voto alle donne in Italia da cui, non a caso, parte il calendario UDI 2016. Sempre più l’Archivio centrale e gli Archivi dell’Udi sono indispensabili per ricostruire momenti fondanti della storia delle donne in Italia come per la maternità e la sessualità, l’IVG o la violenza e il femminicidio, il lavoro delle donne o del loro ruolo nello stato sociale.

Potremmo dire, se dobbiamo sintetizzare, che ciò che unisce tutto questo è il desiderio e la necessità di fare politica e storia delle donne che accompagna, ininterrottamente, l’Udi da 70 anni e il dovere di custodire una memoria collettiva per costruire futuro”.



Quali sono, anche alla luce della tua lunga esperienza politica, le strategie e le priorità che l'Udi affronta in occasione del congresso?



Strategia è una parola grossa e nasce da analisi vere, reali e condivise e da queste nascono le priorità. Credo che ognuna di noi, andando a congresso, abbia in testa alcuni particolari problemi anche sulla base dell’esperienza fatta e da qui nasce la necessità di discutere approfonditamente con tante altre donne. A me piacerebbe discutere dell’attualità politica del femminismo in un mondo in profonda e radicale trasformazione economica, tecnologica, di potere e della potenza colonizzatrice delle menti e dei desideri che porta con sé. Ma anche del perché ci sia tanta energia femminile e tanta frammentazione in Italia. Il congresso è già una priorità tanto più che vogliamo un congresso aperto a tutte coloro che sono interessate. Non so se ci sono ancora, oltre l’Udi, associazioni di donne che fanno congressi nazionali. È sicuramente un momento e una modalità particolare del confronto politico. Dopo quattro anni dal quindicesimo sono tanti gli ambiti politici in cui il pensiero dell’Udi si è dimostrato forte e manterremo questa centralità anche nel dibattito congressuale a gennaio, passaggi in cui non possiamo non guardare a quanto succede dentro di noi e intorno a noi con la capacità di arrivare a dire parole condivise anche con tante altre femministe con cui abbiamo lotte comuni e confronti aperti e che sono consapevoli del rischio dell’inessenzialità del pensiero delle donne nel quadro politico attuale. Siamo di fronte a grandi contraddizioni, come dimostra la resistenza delle donne del Kurdistan o dei paesi arabi, le migranti che sono tra le vittime maggiori di guerre, fondamentalismi e povertà che non si arrendono e la forza delle donne occidentali che però fanno fatica a emergere con posizioni non subalterne alle loro classi dirigenti. Noi dobbiamo riflettere sui modi in cui neoliberismo e tutto quello che ne consegue punta ad assimilare ancora una volta molte esigenze e idee delle donne e non trova risposte neanche nella presenza delle donne nelle istituzioni. L’Udi ha fatto del “50E50 ovunque si decide” una bandiera, ma oggi molte si interrogano sulle nuove forme del protagonismo delle donne in politica senza alcuna soggettività differente ed efficace nel dare risposte alla condizione attuale delle e degli altri. Ma anche di quali sono davvero i luoghi dove si decide. Ci sono analisi e ricerche molto interessanti come per esempio la bioeconomia, che è anche biopolitica, ma il pensiero unico non sembra lasciare molti margini e le posizioni politiche delle donne appaiono prese nella morsa o dell’omologazione individuale o della protesta inefficace.


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