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Le riforme e i poteri delle donne

Le riforme e i poteri delle donne

Editoriale della Direttora - La riforma del diritto di famiglia (legge 151) e la legge 405 sui consultori familiari sono state due norme fondamentali nel nostro ordinamento...

Bartolini Tiziana Lunedi, 31/08/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2015

 La riforma del diritto di famiglia (legge 151) e la legge 405 sui consultori familiari sono state due norme fondamentali nel nostro ordinamento per il loro forte impatto innovativo e nel 1975 furono approvate da un Parlamento in cui sedevano venticinque deputate (3,9 %) e sei senatrici (1,9%). Due leggi decisamente a favore delle donne (e dei bambini) che hanno inciso profondamente nella cultura, nell’economia, nelle consuetudini e nei costumi. Infatti non sembrano necessarie revisioni dei loro principi ispiratori, che rimangono di assoluta attualità; mentre occorrono senza dubbio ampliamenti ed estensioni che includano nuovi soggetti e accolgano nuovi diritti. Ed è qui che oggi suonano le dolenti note in un Parlamento che non è ancora ‘pronto’ a legiferare sulle unioni diverse dal matrimonio naturale. Le convivenze omosessuali e le coppie di fatto possono attendere, con buona pace della sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia per la violazione dei diritti di tre coppie omosessuali.



Quaranta anni fa furono soprattutto Nilde Iotti, Giglia Tedesco, Franca Falcucci e Maria Eletta Martini - due comuniste e due cattoliche - a volere la riforma del diritto di famiglia, un poderoso articolato di duecentoquaranta articoli che hanno radicalmente modificato la posizione della donna rispetto all’uomo cambiando il Codice civile e dando attuazione ad alcuni articoli della Costituzione.

I movimenti e la determinazione delle donne sostennero le poche ma autorevoli elette, alleanza che ha travolto le resistenze di un Parlamento quasi esclusivamente maschile costretto ad approvare un provvedimento che toglieva grande potere agli uomini. Sfogliando NOIDONNE di quegli anni si può rivivere il clima in cui quella riforma maturò.



La partecipazione alla vita politica era diffusa e il dibattito, come le polemiche aspre, si nutrivano del rispetto e del riconoscimento reciproco tra i decisori politici e gli attivisti dei partiti e della società civile. Era una sintonia che abbiamo smarrito e che sarebbe utile ricordare. Le grandi riforme non furono determinate dai sondaggi settimanali o dagli umori temporanei, ma dalla lungimiranza e dalla capacità di giocare un ruolo consapevolmente dirigente. E ciascun attore sociale si sentiva chiamato a fare la sua parte. Le parlamentari erano interlocutrici di altre donne che portavano istanze concrete destinate ad incidere nella vita di milioni di persone. Era un paese vivo e organizzato quello che premeva, proponeva e otteneva ascolto.

I quaranta anni di una legge importante come la riforma del diritto di famiglia possono essere occasione per ricordare (insieme a chi c’era) e per spiegare (a chi non c’era) i tanti aspetti del come eravamo. Abbiamo preso spunto da un incontro lodevolmente organizzato sul tema a Roma dall’Udi Monteverde, per avviare questa riflessione nel focus del mese. Dai contributi raccolti arriva la conferma che la possibilità di riprendere il filo di un discorso politico condiviso è affidata al buon senso delle donne. E, particolare non trascurabile, ai tanti poteri che in questi decenni le donne hanno conquistato.

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